Il sedativo stava facendo effetto e mi trovavo in quel limbo tra lo stato vigile e l’incoscienza in cui mi sentivo sprofondare. I rumori arrivavano ovattati. Perchè mi trovavo lì? Aveva tutte le caratteristiche di una sala operatoria. Sentivo freddo e vedevo di spalle quelli che dovevano essere medici trafficare con i monitor mentre analizzavano i mieli livelli vitali, controllavano i fluidi che mi avevano inoculato e che mi avrebbero addormentato in pochi minuti. Ricordi. La mia mente era attraversata dai ricordi. Non so come mi chiamo ma so di saper suonare il piano, di saper dipingere, di amare i tramonti e le notti di pioggia. Chi sono? Chi ero? E poi ecco comparire lei nei miei ricordi: Eve. Bellissima, sensuale, con un corpo da danzatrice classica che sembrava uscita da un dipinto di Degas. Sorrido mentre con la mente sempre più fioca rivivo le giornate trascorse a ridere, cucinare, fare l’amore, coltivare rose, accarezzare gatti.Ecco si avvicina il medico. Parla con voce metallica. Me ne sto andando e una lacrima mi cola mentre lo sento confabulare con i suoi assistenti:

Adam è pronto, signori. Il processo di lobotomizzazione sarà completato in un paio d’ore e così l’errore sarà cancellato. “

L’ultimo mio sguardo si fissa su una targa d’ottone appesa al muro con il logo dell’istituto dove mi trovo: “NewRobotics. Più umano dell’umano”. Bello slogan, mi ricordo di averlo sentito in un film. Ma il titolo non lo ricordo più.

Le ultime parole del medico mentre i miei occhi si chiudono suonano come un epitaffio: “Pensavamo che la sua compagna Eve fosse il risultato di un bug nella progettazione, invece anche Adam ha manifestato lo stesso difetto. Questi robot hanno sviluppato un’anima, una sensibilità che non gli compete.Errori come Eve e Adam non devono ripetersi più. Cominciamo.”