Patty Mandy era arrivata nell’ufficio di “the boss” sfoggiando una nuova pettinatura, un sorriso smagliante, e tra le mani una pregiatissima bottiglia di “Moet & Chandon Dom Perignon White Gold”, per festeggiare la sua candidatura all’Oscar ai migliori costumi, per il film di fantascienza “Il futuro è già qui”.

– Una nomination non è ancora un Oscar, ragazze, ma solo la sua possibilità. Restiamo, per favore, coi piedi per terra! –
Questa era stata la reazione controllata di Patty in contrapposizione alla nostra di sfrenata euforia, incontrollabile poi su quel “restiamo coi piedi per terra” che, detto da lei che da sempre calza tacchi vertiginosi, non aveva senso neppure come metafora.

Ma Patty è così, ostinatamente normale pure quando è a un passo dal ricevere il più prestigioso dei premi, anche se io e “the boss” perfettamente sappiamo che dentro di lei è tutto un tremolio di emozioni che accarezza, quando è sola, come fossero stoffe pregiate da non gualcire.

– E, allora, se è tutto così normale sarebbe stato sufficiente per festeggiare un più modesto spumante o, meglio ancora, del vino bianco –
Hillary la stava pungendo di proposito, ma con affetto, e l’aveva abbracciata con irruenza, estendendo l’abbraccio anche me.
– Ne abbiamo fatta di strada ragazze! –

Il tempo di  prepararsi a stappare la bottiglia, e sul tavolo si erano già materializzati tre calici Zalto e…un ologramma furtivo ed  ondeggiante che, cercando un punto stabile dove arrestarsi, si andava esibendo in uno slalom tra i bicchieri.

– Hillary…ma sei tu! Come è possibile la proiezione del tuo ologramma se sei qui in carne ed ossa! Una trovata di Lawrence Center? Quel ragazzo non finirà mai di stupirmi! Ecco uno che meriterebbe l’Oscar ai migliori effetti speciali! –
Aveva esclamato divertita Patty  mentre la figurina dell’ologramma circumnavigava tra i calici alla ricerca di un punto d’equilibrio,  a “the boss” cadeva di mano la costosissima bottiglia che stava apprestandosi a stappare.
Una pioggia sottile di vetri e di bollicine per un momento aveva cancellato alla loro vista la figurina danzante dell’ologramma, per apparire poi nitida, nella sua identità, ai loro sguardi esterrefatti

– Mallory! –
Miggy aveva esclamato con  sorpresa e disappunto

– Mallory? Ma che dici Miggy, quella è Hillary in una versione naif e non indossa neppure un mio modello!
– Giuda! –
Offesa, aveva poi così apostrofato Hillary

–  …e non  indossa neppure un mio modello! –
Mallory, acida, andava rifacendo il verso a Patty e poi, puntando il dito contro Hillary: siamo alla resa dei conti, sorellina. Presto tutti sapranno dei tuoi imbrogli, a meno che…a meno che non scendi a patti con me, accettando tutte le mie condizioni. Voglio la tua resa incondizionata. –

– Miggy, ma di cosa diavolo sta parlando quella? Imbrogli…quali imbrogli? Hillary è la persona più corretta e leale che io conosca –
Patty era intervenuta prendendo le difese di “the boss”

– E’ una storia lunga e complicata. Ti racconterò tutto appena questa intrusa avrà tolto il disturbo. –
Il tono di Miggy era calmo, rassicurante, ma Mallory, beffarda, palesemente si divertiva a gettare benzina sul fuoco.

– E’ una storia semplicissima, invece, che si definisce con una sola parola: truffa. La tua corretta e leale amica, un bel pò di tempo fa, quando la WM EDITIONS era solo una minuscola casa editrice, una indy, traballante e in perenne crisi,  è riuscita, grazie all’aiuto provvidenziale di quel geniaccio di Lawrence Center, ad organizzare un black out a lento rilascio ed oscurare per circa un anno tutti i media e i social operanti in rete, così da convogliare nuovamente l’interesse dei consumatori sull’editoria, in crisi insanabile dopo l’avvento d’internet. Ovviamente di filantropico ed illuministico in questa operazione non c’era nulla, tutto esclusivamente mirato al guadagno e al monopolio. E all’affermazione personale –
Mallory, trionfante,  aveva concluso la sua arringa beandosi avida dello stupore doloroso con cui Patty ora fissava Hillary.

– E’ vero, Hillary? E’ così che sono andate le cose? –
C’era tristezza nel tono della voce di Patty

Hillary l’aveva guardata smarrita, con l’aria confusa di una bambina colta in flagrante con le mani nel barattolo della marmellata, e che  pure avrebbe voluto negare l’evidenza magari con una bugia roboante, immaginifica. O eclissarsi dalla scena. Scomparire. Ma, inchiodata dall’evidenza dei fatti, sperando nel perdono,  si accingeva a confessare la propria colpa.
Miggy, capite le sue intenzioni, prontamente l’aveva preceduta rispondendo in sua vece.

– Questa è la sua versione della storia, Patty. La trasposizione di una sorella invidiosa, rancorosa, ma anche da compatire per la sua infelice infanzia, di cui Hillary però non ha assolutamente  nessuna colpa, così…-

L’appassionata difesa di Miggy era stata interrotta da Mallory che aveva replicato annoiata:
– Ok, Patty, credi pure a chi ti pare, affari tuoi, non cambia nulla per me, io sono qui a reclamare quello che mi spetta di diritto: la mia parte di ricchezza. –
E mentre  il suo ologramma andava dissolvendosi, aveva intimato ad Hillary
– Non disturbarti a contattarmi, sorellina, mi rifarò viva io al momento opportuno –