…Dodici ore, ventisei minuti e…

Il conto alla rovescia era iniziato da mesi, ma era solo una settimana che i tre vettori a testata nucleare si stavano dirigendo verso la traiettoria di AN-174, Apocalypse Now, come era stato ribattezzato, il gigantesco asteroide di oltre tredicimila metri di diametro che si apprestava ad intersecare l’orbita terrestre ad una velocità di quasi trentamila chilometri all’ora.
Dopo che la notizia, diramata dalla NASA tre anni prima, aveva seminato il panico tra la popolazione, frotte di esperti si erano affannati a spiegare che sì, il pericolo era reale, ma che la minaccia sarebbe stata intercettata e deviata dalla sua traiettoria per fargli continuare il suo viaggio nell’immensità degli spazi siderali senza provocare danni.
«Basta una deviazione di un decimo di grado» sosteneva Jeff Brosky, direttore della commissione internazionale incaricata di fronteggiare l’emergenza «per farlo allontanare da noi in maniera significativa» e comunque «l’eventuale utilizzo delle testate nucleari lo disintegrerebbe senza problemi» anche se questa soluzione era ritenuta meno preferibile per via della probabile ricaduta di fall out radioattivo sul pianeta.
In un modo o nell’altro, comunque, secondo gli esperti non c’era da preoccuparsi, e la gente fece l’abitudine ai comunicati che periodicamente spiegavano quale era la posizione di AN-174 e il procedere delle contromisure per renderlo inoffensivo.
Passarono i mesi e gli anni, e venne il momento in cui il meteorite da minaccia esoterica divenne una presenza reale, inquadrata da tutti i telescopi nel suo minaccioso avvicinarsi alla terra.
Le major televisive, consapevoli della risonanza che avrebbe avuto l’avvenimento, forse seconda soltanto al primo sbarco sulla Luna, avrebbero fornito una copertura totale dell’avvenimento, e avevano esaurito la disponibilità di ogni spazio pubblicitario, per costoso che fosse.
Il fatto che il punto d’impatto fosse stato stabilito tra Marte e la Terra sembrava un ragionevole compromesso tra la necessità di mantenere un controllo diretto sui missili e quella di far diffondere gli eventuali micrometeoriti in un’area abbastanza vasta da non provocare seri danni nell’impatto con il nostro pianeta, anche se erano state predisposte le misure di sicurezza da attuare nel caso si fosse reso necessario ricorrere all’esplosione.
Ma tutti erano concordi nel sostenere che sarebbe bastato l’impatto cinetico ad ottenere la deviazione voluta.

Cinque ore, diciotto minuti, trenta…

L’ora X si avvicinava rapidamente, e mentre gli scienziati dai loro osservatori assistevano con il cuore in gola al procedere delle operazioni, tra la popolazione si era diffusa un’atmosfera quasi di festa, non proprio come una finale del Super Bowl ma quasi: qualcosa che avrebbe rotto la monotonia delle serate passate guardando i soliti serial alla TV. In alcune città erano stati montati grandi schermi panoramici negli stadi, dove la gente poteva assistere in diretta al fuoco d’artificio, così veniva chiamato il prossimo impatto, e i bookmakers erano attivissimi a raccogliere scommesse se sarebbe bastata l’energia cinetica a deviare l’asteroide o se gli scienziati avessero deciso per una spettacolare esplosione. Forse era per un inconscio desiderio di vedere qualcosa di veramente diverso, la seconda ipotesi aveva raccolto la maggior parte delle quote.

Un’ora, undici minuti, diciassette…

Adesso che l’evento era veramente prossimo una sottile inquietudine serpeggiava tra i telespettatori, come un piacevole brivido sottopelle, simile alle incognite di un grande evento: avrebbe vinto il big match Mohammed Alì o Foreman?
Nelle case, a seconda del fuso orario, la cena era stata anticipata o posticipata, e dove era notte erano state allestite delle veglie per assistere all’evento. Da qualche parte qualcuno pregava, altri festeggiavano sul tema dell’asteroide assassino, altri ancora manifestavano una superiore indifferenza e mostravano di non essere interessati a vedere lo spettacolo, forse per fiducia nell’operato degli scienziati, forse per affettazione.

Dieci, nove, otto...

I tre missili, giganteschi vettori che erano stati resi solidali con piccoli asteroidi, la soluzione più economica  per soddisfare l’esigenza di avere una considerevole massa, erano da giorni in viaggio verso il loro obiettivo, ma adesso le telecamere posizionate vicino alle testate nucleari sul terzo vettore inquadravano un puntino luminoso che rifletteva la luce solare e che si avvicinava in modo vertiginoso…

Tre, due, uno…

Con uno sbuffo di polvere il primo missile si schiantò sull’asteroide. Nell’assenza di ogni rumore l’impatto perse gran parte della sua spettacolarità, lasciando delusi i commentatori ma non gli scienziati che si congratularono tra loro per il successo della prima collisione. Dopo tre minuti esatti anche il secondo missile colpì l’asteroide, esattamente nello stesso punto. Il terzo era ritardato di dieci minuti per valutare l’effetto dei primi due e decidere all’ultimo momento una eventuale deflagrazione. Mentre gli spettatori cominciavano a domandarsi  se lo spettacolo fosse tutto lì, nei centri di controllo gli addetti ai lavori controllavano freneticamente le variazioni del moto di AN-174.

«Tutto procede come previsto!» esclamò raggiante Jeff Brosky «potremmo quasi risparmiarci il terzo missile per la prossima volta!».
Tutti risero alla battuta, tutti meno un tecnico che stava osservando qualcosa sul suo monitor in una consolle a lato della stanza. Questi prese per il gomito il suo vicino e lo invitò ad esaminare quello che aveva notato. L’altro guardò per alcuni secondi, poi spalancò gli occhi ed emise un gemito soffocato. Nella sala qualcuno aveva notato l’atteggiamento strano dei due e intorno a loro si formò un capannello. Anche Brosky se ne accorse.
«Cosa sta succedendo qui?» chiese, contrariato.
«Signore» rispose il primo ricercatore «abbiamo riscontrato un’anomalia…».
«Un’anomalia? Dove?».
«Nel moto dell’asteroide».
«Fammi vedere!»,
Bronsky spinse da parte in malo modo il tecnico e osservò la simulazione che aveva messo in opera. In un istante il suo atteggiamento sprezzante fu spazzato via da una maschera di gelo che gli scese sul volto.
«Non è possibile…» farfugliò.
«Temo di sì, signore: il modello mostra chiaramente che l’asteroide ha assunto un momento angolare».

Mentre commentatori e spettatori si chiedevano perché il terzo missile non fosse ancora giunto a bersaglio e se si sarebbe verificata l’esplosione che tutti aspettavano, una frettolosa riunione nel centro di controllo cercava di fare luce sull’accaduto.
«È evidente che qualcosa non è andato come avevamo previsto» disse Bronsky, quasi incapace di formulare un ragionamento razionale.
«Il problema deve essere nella struttura dell’asteroide: evidentemente non era omogenea, ma la massa era fortemente concentrata in un punto, e questo ha provocato un effetto leva che ha innescato una lenta rotazione, da cui il momento angolare».
«…che ha portato AN-174 fuori traiettoria» concluse un altro.
Ci fu un lungo momento di silenzio, durante il quale Bronsky recuperò parte della sua lucidità.
«Be’ signori» disse, raddrizzandosi «abbiamo comunque deviato l’asteroide dalla rotta di collisione con la Terra…».
Un silenzio di tomba accompagnò la sua dichiarazione. Bronsky si guardò intorno smarrito:
«Cosa c’è di altro?» chiese.
«Signore, AN-174 è diretto verso la Luna, ed è ormai fuori portata dal nostro terzo vettore».
«Lanciamo altri missili!» propose un militare che era stato in silenzio fino a quel punto.
«Non è più possibile, purtroppo, non c’è il tempo fisico» rispose Bronsky, che era diventato cinereo in volto.
«Signore» disse un tecnico che era arrivato con un foglio in mano «calcolando lo spostamento derivato dall’impatto è stato possibile valutare con precisione la massa di AN-174».
Tutti si voltarono verso di lui, e quando disse un numero ci fu una generale costernazione.
«Cosa succede?» chiese il militare ad uno scienziato vicino a lui «cosa significa?».
«Significa che l’impatto di una massa del genere sposterà la Luna dalla sua orbita e poiché la colpirà con un angolo contrario al suo moto ne rallenterà la velocità».
«E allora? Ci saranno problemi?».
Lo scienziato lo guardò di sfuggita.
«La Luna cadrà sulla Terra: probabilmente è la fine del mondo».

Nonostante l’intenzione di mantenere la notizia segreta il più a lungo possibile, i notiziari non tardarono a scoprire cosa era successo e a sparare l’evento in tutta la sua drammaticità: da un giorno all’altro gli abitanti della Terra seppero che sarebbero tutti morti nel giro di pochi giorni.

Questo brano fa riferimento all'omonimo romanzo distopico di Anthony Burgess come situazione, anche se è differente nelle sue modalità. Ma il racconto si ferma qui, perché questo è un invito a chi volesse cimentarsi nel costruire un finale di propria fantasia, rispettando i punti fermi che sono stati posti, e cioé:

  1. L'asteroide AN-174 colpirà la Luna e la sua massa la farà deviare dalla sua orbita.
  2. Poiché l'impatto avverrà con un vettore di segno contrario a quello sel suo moto, la Luna rallenterà e la sua accelerazione centrifuga non potrà più controbilanciare la forza di gravità della Terra: sarà quindi destinata a caderci sopra in un tempo relativamente breve.
  3. Prima dell'impatto con il nostro pianeta l''attrazione gravitazionale della Luna provocherà immensi disastri sulla superficie della terra.
  4. Non ho indicato con precisione il tempo che resterà agli abitanti della Terra, quindi c'è spazio per dinamiche sociali (nel romanzo di Burgess si prova a costruire un'astronave per migrare, ma chi ci salirà sopra?).
  5. Mi rendo conto che qualcuno penserà di rispolverare Superman per salvare la Terra: vi prego, non costringetemi a dire che AN-174 è fatto di Kryptonite!!!

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