Personaggi ed Interpreti:
Mr Nativity – il più grande creativo del pianeta
Camilla – mia amica e mia biografa, da me affettuosamente soprannominata L’Imperatrice
Amaranta – la mia alter ego
Lizard, Iggy, Kilroy, BLOG – creature metafisiche che abitano l’antro

La mia consapevolezza in cambio del successo: la cancellazione del mio mondo a favore di un fuorviante fondale scenico che, seppur temporaneo, stà già sbiadendo la realtà del mio antro.
Questo il diabolico baratto che io dovrei accettare.
Ora, alla luce della verità appena emersa, la scoperta dell’amore folle di Mr Nativity per la mia biografa, la sublime Camilla, sono costretta a rivedere, e in fretta, la mia posizione e la mia disponibilità al riguardo di quest’affare.
Sulle mie spalle grava la responsabilità delle creature dell’antro da cui, esclusivamente da me, dipende la loro sorte, come ora anche quella della mia biografa che non ha visto, o sconsideratamente sottovalutato, ciò a cui mira Mr Nativity: l’accesso alla sua anima.
E’ quello il rifugio ultimo a cui lui aspira.
Null’altro gl’interessa.
Null’altro vale la pena.

Da quando è arrivato non s’è mai tolto il cappotto nè quel suo ridicolo cappello.
Non credo che sia solo per via del freddo patologico di cui soffre ma, piuttosto, per acquisire accanto alla statuaria Camilla, volume, peso ed altezza, cosicché gli strati di pesante panno servono a nascondere un corpo inconsistente e l’anacronistica tuba a ripristinare un’ equità d’altezza, che l’essenza di Mr Nativity è volatile, simile a quella di un gas la cui temperatura d’ebollizione è molto al di sotto della temperatura ambiente, e che se non fosse per l’odore acre, neppure ci si accorgerebbe della sua presenza.

Dalla mia postazione strategica, al centro della stanza, osservo Leonard e Camilla chini sul portatile di lei, le lunghe, pallide dita dell’Imperatrice e quelle inanellate d’argento di Leonard, sfiorarsi come per caso, ritrarsi e poi cercarsi di nuovo, complici sulla tastiera condivisa del computer.
E’ iniziata la caccia.

Dal dipinto del Caravaggio il colore sta diluendo in rigagnoli filamentosi e sottili che traboccano, dalla sontuosa cornice barocca, come acqua di piena da un dirupo, dove galleggiano, trasportati dai marosi, i corpi senza vita di Amaranta, la mia alter ego, e di BLOG, il mio figlio obeso e nichilista.
Di Kilroy, il freak graffiti writer, è sparita ogni traccia, inghiottito dal muro.
Lizard, la lucertolina bionda, intontita dal calore cerca ristoro nelle fiamme del camino, come fossero onde di un mare in tempesta, mentre dal sottosuolo non giunge più l’eco minacciosa dei passi di Iggy, il killer salamandra.

Come in un racconto dell’orrore, quando non c’è più scampo ed il destino è ormai segnato, la verità, nella sua interezza, s’affaccia limpida alla mia mente.
L’ultima verità del condannato a morte, quella che si vorrebbe gridare se la voce non fosse stata inghiottita della paura e allora non rimane altro che rimettersi nelle mani del boia, sperando che concluda in fretta il suo triste lavoro così da evitarci un supplemento d’agonia, e l’umiliazione di pisciarci addosso.

…Dunque tu chi sei?
Una parte di quella forza che vuole sempre il male e crea sempre il bene…Io sono una parte della Tenebra che generò la luce.
(Citazione dal “Faust” di Goethe
Incipit de “il Maestro e Margherita” di Bulgakov)

Però io ho pena per quest’uomo solitario, preda del delirio dell’amore, una febbre di cui non sa nulla ma che pur vorrebbe sperimentare nella sua interezza, lacrime comprese, seppur egli non ha pianto mai in vita sua ma piuttosto ha fatto piangere, spesso senza neppure averne consapevolezza, con la cattiveria innocente di un bambino.
Ma nonostante tutto il male che egli possa aver prodotto sarà sempre il mondo ad essere in debito con lui, il costruttore di sogni, quella parte di tenebra che genera la luce, anche se questa verità non verrà mai riconosciuta perché l’arroganza impenitente degli uomini è pari, se non superiore, a quella di quel Dio che, dopo avergli concesso il dono di una mente prodigiosa, gli ha inflitto lo sberleffo di un corpo inadeguato, condannandolo per sempre alla solitudine.
Il martirio della croce è durato una sola notte, il suo, invece, tutta la vita.
Ne avrebbe, dunque, di motivi validi per odiare Dio e la razza degli uomini, ma non odia nessuno e lo dimostra svolgendo in maniera impeccabile il suo lavoro (a differenza di Dio che troppo spesso si diletta dell’incompiuto) sfruttando al meglio il suo genio per materializzare sogni per conto terzi, un proficuo divertissement in attesa di vivere il suo proprio sogno che mai, però, vorrebbe illusorio, costruito ad arte: il prodotto di una combine.
Rifiuterebbe tutte le scorciatoie, ben disposto a pagare il suo tributo in patimenti, sconfitte e delusioni, pur di svegliarsi un mattino e non essere più lui.
Felicemente anonimo.
Felicemente non più Leonard.

– Who are you?-

Chi sono io?
Una donna che si diletta della finzione, una scrittrice e di modeste pretese, ma se accettassi, in nome del successo e della popolarità, i benefici derivanti dalla messinscena, diventerei io stessa una finzione, una marionetta che per agire ha bisogno del suo burattinaio. Parlerei con la sua voce di ventriloquo e, senza la guida dei suoi fili ad organizzare i miei movimenti, come una cieca mi agrepperei all’aria.
Non avrei più nemmeno diritto alla mia quota di errori, condannata per l’eternità ad evitare quei passi falsi che svelerebbero l’imbroglio. Ma io quel mio tutto lo sto già perdendo: il mio universo metafisico popolato di creature fantastiche, paranoiche, assurde e sensuali, in cambio della mia integrazione in un mondo altrettanto fittizio, ma estraneo.
Se non accetto il baratto forse salvo, oltre me stessa, anche Leonard, offrendogli, con la sua prima sconfitta, il passaporto per quel mondo reale a cui, infondo, aspira appartenere.

– Non se ne fa più nulla –
Affermo a voce alta dal mio angolo di stanza.
– Non se ne fa più nulla –
Ribadisco.
Camilla alza la testa dal computer, mi fissa incredula.
– Non se ne fa più nulla –
Ripeto.

Lei ora mi è vicina, pallida, incapace di parlare, mi afferra per le braccia, senza un vero intento aggressivo m’inchioda alla sedia per evitare una mia uscita di scena. Ma io non ho nessuna intenzione di fuggir via, voglio spiegare le ragioni del mio rifiuto, soprattutto a lei, anche se già so che sarà impossibile l’intesa, come già altre volte è accaduto, che scontrarsi con la sua anima intransigente è finire ko prima ancora d’aver indossato i guantoni.
Ma io non voglio boxare, soprattutto non voglio che questa volta, la prima nella storia della nostra amicizia, sia lei a finire al tappeto. Un’umiliazione che non merita.

La prima sconfitta per l’Imperatrice Camilla, la mia biografa, rappresenterebbe una fine.
La prima sconfitta per Leonard Nativity, il creativo più grande del pianeta, rappresenterebbe un inizio.
Per me stessa, invece, una questione di sopravvivenza.

– Mettiamola così: non sarò il predellino che farà guadagnare al tuo amico centimetri in altezza e in stima, per elevarsi fino a te. Non gli permetterò di far nulla per me così non potrà esigere nulla da te. –
– Stai delirando, Mari. Sei la persona più instabile, e paranoica, che io conosca. Soprattutto non ti concedo lo strampalato alibi del rifiuto con intento salvifico. Conosco Leonard da moltissimi anni, abbiamo collaborato altre volte e non mi ha mai chiesto niente in cambio. E’ un abile costruttore di verità apparenti, ma tutto quello che produce ha il consenso finale di chi a lui si rivolge, certificato nero su bianco. E nessuno s’è mai lamentato –
– Ovvio, se vendi l’anima al diavolo sai già che non puoi riaverla indietro –
– Leonard, dunque, sarebbe Mefistofele? Hai letto troppi libri e passi troppo tempo da sola in questo caravanserraglio popolato di “presenze”, come tu le chiami, una più malata dell’altra. Hai sempre avuto l’attitudine di mutare in fantastico anche le cose più banali, hai trasformato perfino me in un personaggio. Ma io ti voglio bene e mi sono prestata al gioco intuendo in te potenzialità che avrebbero prodotto nel tempo qualcosa di grandioso, se solo la tua abnegazione fosse stata pari alla tua immaginazione. Non conosco nessun altro con una vita così vuota e una mente così affollata –
– Lui ha cominciato a costruire questa storia nel momento stesso in cui ti ha vista. Quelle collaborazioni, che tu vanti, e per le quali non t’ha chiesto nulla in cambio, erano già scritte nel suo copione. Ha materializzato per te questa sua realtà parallela: il ranch pieno di trappole di Furnace Creek, la sua incurabile anemia, la sua relazione con un lottatore di sumo. Non è vero niente. Non esiste niente. Lo ha realizzato perché tu lo credessi vero, stravagante ed unico, e t’innamorassi di lui, perché l’unica cosa vera di tutta questa storia, Camilla, è il suo amore per te. Io sono solo un mezzo di cui lui si sta servendo per giungere a te, e non importa se questo comporterà la distruzione del mio mondo, un cataclisma in cui io stessa, esaurita la mia funzione, sarò condannata, al pari delle mie creature, a morire. Non una morte fisica, certo, ma quella forse più crudele dell’amnesia irreversibile. Insieme a me moriresti anche tu, definitivamente cancellata dalla mia memoria e da quella del mondo, senonché, puoi scommetterci, l’attimo prima della fine si materializzerà, tra le nebbie della tua incoscienza, Mr Nativity, che cavallerescamente ti prenderà tra le sue braccia per portarti in salvo nel suo ranch –