MEMORIE INTIME, DI GEORGES SIMENON  C’è un filo tenue, sottilissimo, che unisce Simenon a Marcel Proust. E’ nelle sue Memorie Intime. Non fosse per quest’opera, sarebbe un paragone a dir poco improponibile. Tanto uno è secco, veloce, essenziale, tutto rivolto alla trama, tanto l’altro è lento, arioso, prolisso, dedito ai personaggi e ai mille contorcimenti dell’io. Eppure Simenon non è stato solo il padre di Maigret, e dei mitici “romans-durs”. Nel suo strepitoso carnet c’è anche questo libro, che parla della sua vita. E qui non è sbagliato scomodare la Recherche.

 

Il libro è dedicato alla figlia Marie-Jo, che si è uccisa con un colpo di pistola. Così le Memorie sembrano rivolte soprattutto a lei, alla sua vita, nel tentativo di salvarne qualcosa. Poi il dono di Simenon – quello del grande narratore, vorace e insaziabile – viene fuori nella sua prepotenza. Ed ecco che siamo coinvolti da un fiume in piena, che ci trascina lontano, ma sempre ruotando intorno all’autore. Rivediamo, anzi, siamo nella sua giovinezza, dal Belgio alla Francia, e poi, in un crescendo inarrestabile, in Inghilterra, in Messico e in America. Il flusso di coscienza, alimentato dai ricordi, riprende l’esistenza nei suoi picchi altissimi, nel suo dolore e nei suoi attimi osceni. Simenon è marionetta e burattinaio al tempo stesso. Il suo personaggio è incredibile, degno di Rabelais. Sbalorditiva la quantità delle sue avventure, delle sue esperienze, del suo sapere e del suo appetito sessuale. A differenza di certe autobiografie, santini ridicoli, da consegnare ai posteri (e subito dimenticati) qui non ci viene nascosto nulla, neanche i particolari più meschini. L’uomo è nudo di fronte allo scrittore, e si eterna in questo ritratto.

 

E’ un libro dall’andamento circolare, avvolgente, che lentamente cattura il lettore. Come nella Recherche, non c’è un inizio o una fine, non esiste una chiave o un accesso privilegiato. C’è soltanto il pensiero di un uomo, la sua coscienza, e mille ricordi che lo circondano da ogni parte. Alla fine sentiamo di aver assistito a un prodigio, grande come la vita stessa. Forse non c’è altro che si possa fare. Tuffarsi nel flusso delle cose, e dopo ricordarle, fino a estrarne il succo. Ma non tutti ne sono capaci. E di sicuro non c’è mai stato, nella storia, uno scrittore che potesse essere lirico ed epico insieme. Tranne forse Simenon, in questo libro.