IL CARDELLINO, DI DONNA TARTT Nei libri non si trova la vita vera. Per Celan l’Arte è piuttosto “un cristallo di respiro”, Atemkristall, qualcosa che un uomo manda fuori dopo aver inspirato la vita, averla conosciuta a fondo. Uno specchio riflette la nostra immagine, ma quelli non siamo noi. Così accade con i personaggi di un romanzo. Non sono nostri gemelli, ma le proiezioni di desideri – buoni e malvagi – con cui ci torturiamo ogni giorno. Quante volte siamo stati Madame Bovary? Quante volte abbiamo ceduto a uno stupido, affettato romanticismo, in parte costruito, solo per sfuggire a una realtà molto triste? Troppe forse, per poterle contare. E non c’è dubbio che riconosciamo i segni di Madame un po’ ovunque, intorno a noi. Su Instagram ne nascono a migliaia, ogni giorno, subito perse in una nuvola di pixel.

Il mondo del Cardellino è quello in cui avremmo voluto vivere. Una Manhattan romantica, un po’ decadente, in cui incontriamo le sofferenze del piccolo Theo Decker. Un ragazzino che ha perso la madre a tredici anni, in un attentato terroristico, e da quel giorno è costretto a vivere con una ricca famiglia di Park Avenue. Non gli è rimasto nulla del suo passato, tranne un quadro – il Cardellino, di Carel Fabritius – che porta ovunque con sé. E’ un romanzo classico, un’opera dickensiana, dove i colori assumono nuove sfumature. Sono i toni pastello di un Constable – mai melensi, ma nemmeno troppo crudi. La vita è un dramma che conosce redenzione. Questa patina di fiaba, che non mi ricorda soltanto Dickens, ma anche il grande Truman Capote, si posa sulle pagine grazie allo stile. La forma delle frasi è ampia, ariosa, ornata di metafore. Niente a che vedere con le altre correnti della letteratura americana.

Perché parlo di questo libro? Ne ho letti molti – soprattutto romanzi – ma mai come in questo caso ho amato lo sfondo, lo scenario che rappresenta. Un microcosmo che forse non esiste, ed è popolato da ricchi nevrotici, geniali nerd, tossici e mercanti d’Arte, ragazzi dolcissime e viziate, ma anche artisti, predatori, finanzieri, sempre all’ombra di case Anni Trenta, di grattacieli e splendidi parchi… cosa si può volere di più? Come diceva Paul Valéry – “i libri servono per non pensare”. Sono sempre qui, in provincia, ai confini dell’Impero, ma a volte mi viene voglia di viaggiare. Farlo con la mente è molto più semplice. Qualcuno ha criticato il finale, troppo lisergico… e poi quell’happy end… ma è questa la sua forza. Le vere magie dell’Arte avvengono tornando indietro, e riscoprendo quello che era sempre là, davanti a nostri occhi. Donna Tartt ci ha ridato una fiaba. Poche imprese sono all’altezza di questa.