Margherita ha quasi cinque anni,
un caschetto di capelli castano chiaro le incornicia un faccino tondo di pelle rosata e guance mezzo tono sopra mentre una pariglia d’occhi che sembrano mandorle d’ambra sono incastonate sopra una miniatura di naso le cui nari soffiano su uno scivolo concavo, cappello di una bocca fanciulla sporca di cioccolata.

Poco fa mi sono affacciata al davanzale di camera mia e l’ho vista in giardino che cercava la sua tartaruga.
Di solito mi chiama e quando lo fa la trovo sul muretto della ringhiera che divide il suo retrocasa dal mio.
Aspetto di sentire la sua vocina da un momento all’altro e intanto rifaccio il letto.
Eccola che arriva con la delicatezza di un pizzico sulle corde di violino:
“Silvia… Silvia…”
Attratta da quel suono come l’archetto dello stesso violino mi avvicino alla finestra e mi riaffaccio guardando dabbasso.
“Ciao Margherita, aspetta che vengo giú!”
Finalmente una di fronte all’altra ci salutiamo con un bacio affettuoso
e sento ancora la sua scia sulla guancia quando mi chiede se può venire da me.
Anche se ho poco tempo prima di uscire le dico di sí e la vado a prendere al cancello sul davanti.
Arriva tutta sorridente saltellando
e punta dritto verso la resede dove ha visto la Lilly che comincia a scodinzolarle e a girarle intorno.
Ha inizio un gioco spensierato dove l’una vuole gratificare l’altra e corrono entrambe a lanciare e riportare la pallina bianca e blu fino a quando, con la lingua penzoloni, chiedono una tregua e si abbeverano.
Esausta, la bionda quadrupede si sdraia al sole e chiude gli occhi, mentre la bambina mi si accomoda sulle gambe e comincia a cantarmi una filastrocca in cinque lingue che le hanno insegnato all’asilo e più precisamente – mi dice – in italiano, in inglese, in rumeno, in spagnolo e in cinese.
Mi sembra d’ascoltare il canto di una giovane allodola e alla fine dell’esibizione le batto forte le mani poi le chiedo, incuriosita dalla sua risposta:
“Come mai te l’hanno fatta imparare in cinque lingue?”
Lei di rimando:
“Perché nella mia classe siamo quasi tutti italiani. Quasi. Poi c’é un bambino inglese, uno rumeno, una bambina spagnola e un…” si corregge “…e tanti bambini cinesi!”
Riprendo la parola e le chiedo se le piace stare in modo particolare con qualcuno di loro.
Segue un attimo di silenzio nel quale il suo corpo cambia vestito e linguaggio, m’incolla gli occhi addosso che quasi m’ipnotizzano per la languidezza e mi racconta quella che pare sia un’informazione riservata a pochi.
Comincia e continua un botta e risposta:
“Sí, con Ermes.”
“E perché mai proprio con lui?”
“Perché lui mi cerca sempre e un giorno mi ha fermata e mi ha dato un bacio sulla bocca…”
“Un bacio sulla bocca?”
“Sí, un bacio sulla bocca!”
“E ti é piaciuto questo bacio?”
Mi risponde muovendo su e giù la testa e aggiunge:
“Lo sai perché mi é piaciuto tanto?”
“Dimmelo tu!”
“Perché ho visto l’arcobaleno negli occhi, ma proprio tutti i colori, eh?”
M’intenerisco e le sorrido:
“Allora siete entrambi contentissimi.”
Lei ricambia il sorriso a labbra chiuse, inclina un po’ il capo e a bassa voce mi svela che si sono innamorati.
“Ma é una cosa bellissima…” dico io “Alla mamma lo hai confidato?”
“Sí, la mamma lo sa.”
“E il babbo?”
“No, il babbo no!”

Non ho potuto trattenermi dal ridere pensando che noi donne, piccole o grandi che siamo, sappiamo bene come confrontarci con l’essere maschile.

(Foto dal web)