Marco e Marta.

(quarta parte)

«Bella moto. È grosso il danno?» chiese Antonio guardando nello specchietto retrovisore nell’immettersi sulla statale.

«Credo che spenderò tra i mille ed i millecinquecento euro. Mi è pianto il cuore guardando quell’uomo negli occhi e non me la son sentita di stressarlo ulteriormente con storie di assicurazione».

«Eh, fai come di dice il cuore ma quei vecchietti con gli apini non passa mese che non ne combinino una. L’importante però è che tu non abbia traumi interni oltre alle contusioni e alle abrasioni».

«Spero di no, non avverto altri dolori, mi è andata bene, grazie al cielo».

«Questa statale son trent’anni che è in attesa di essere messa in sicurezza e non si decidono mai».

«Giornata pazzesca, Antonio, l’ho cominciata incontrando una compagna di classe che non vedevo da dieci anni e la concludo incontrando un quasi compagno di classe che non vedevo da dieci anni».

«Ma davvero? Quella di stamani era quindi del Capece, la conosco sicuramente».

«La chiamavamo ‘miss istituto’, non so se te la ricordi», disse Marco.

Antonio rimase in silenzio.

«La conosci?»

Antonio rimase in silenzio per altri tre secondi e poi si decise a rispondere.

«Si può dimenticare? Marta Ursi, la baronessa».

«Quanto è piccolo il mondo», osservò Marco.

«La conosco bene», disse Antonio.

«Come mai, bene? Non era in classe con te».

Antonio rimase in silenzio.

«E, Antonio?» insisté Marco.

«Eh, non posso dirtelo, scusami».

«Marta è una mia vecchia fiamma. Sarai mica stato un suo spasimante pure tu!?» Chiese Marco.

Antonio non parlò.

«E, Antonio?»

«Ma Perché? Esiste qualcuno che la conobbe e non diventò un suo spasimante?»

«Già! Vero. L’hai più rivista dopo il liceo?»

«Scusami Marco, preferisco parlare di altro».

«Ah, non intendevo intromettermi nelle tue cose, scusami te».

Marco aprì lo smartphone, andò su Google, digitò «Antonio Vantaggiato Botrugno» e gli uscì una sfilza di risultati tra i quali spiccava «Dott. Antonio Vantaggiato, Psicologo, Psicoterapeuta».

Vide che Anna aveva risposto al suo messaggio su whatsapp ma chiuse il cellulare senza leggerla. Guardò bene sul parabrezza della macchina e vide lo stemma dell’ordine degli psicologi.

«Sei uno psicologo».

«Ecco», rispose Antonio.

«Va bene Antonio, Marta Ursi è una tua paziente, cambiamo discorso».

«Ottima idea. Stavo pensando se non sia il caso che io ti porti al pronto soccorso dell’ospedale di Tricase, sai che anche quello è qui a due passi e lì sono molto meglio attrezzati e più veloci per gli accertamenti, non vorrei che a Gagliano ti facciano fare una fila pazzesca visto che non ti metteranno certo in codice rosso».

A Marco venne in mente la fitta al cuore che aveva avuto mentre era a pranzo con la sorella ed ebbe un attimo di terrore.

«Chi hai all’ospedale di Gagliano, Antonio?»

Antonio non rispose.

«Antonio, chi hai in ospedale?»

Antonio non rispose, rallentò, accostò arrestando la macchina sulla banchina e rimase guardando avanti con lo sguardo perso nel vuoto.

«Antonio, chi hai in ospedale?» chiese ancora Marco.

«Ti prego, Marco, non so come dirtelo», disse Antonio.

«Cosa è successo a Marta?» chiese Marco con voce rotta.

«È pazzesco. Marco… della tua vecchia storia con Marta so tutto. Cosa è successo tra te e lei stamani? Non ti spaventare, Marta non è in pericolo di vita, l’hanno acchiappata in tempo…»

Marco rimase stordito e per un momento non sentì più niente di quello che Antonio gli andava dicendo.

«Perché è infelice, Antonio? Perché? Perché mi ha imbrogliato ancora una volta stamani?» Chiese Marco faticando a parlare.

«Marco, conosco bene la tua storia con Marta ma non potevo sapere che stamani l’hai incontrata. Che cosa vi siete detti? Ti ha detto che ama sua marito, vero?»

«Sì, che lo ama, che era serena e che lì, in vacanza da sola, si sentiva in paradiso».

«È complicato, Marco. Stai toccando con mano che quel che sembra non è detto che sia, che a volte siamo fatti di illusioni. Tu stamani hai incontrato il suo alter ego, la sua controfigura».

«Il mio sospetto di sempre è fondato; è una vita che mi ama e che invece mi presenta la sua controfigura».

«Sì, ti ama e lo vieni a sapere nel peggiore dei modi, mi dispiace. Forse tu la ami ancora. Lei ora sta male e perciò ti dico che…» Antonio si interruppe.

«Dimmi, Antonio».

«Dovrei esser certo che tu la ami, ma non credo proprio».

«Ti assicuro che la amo».

«Ho qualche dubbio ma se tu la amassi i sogni potrebbero diventare realtà. Scegliere cosa fare nella vita non sempre è facile e si può sbagliare strada e lei ha appunto sbagliato, ha scelto la strada sbagliata. Questo è e questo succede a milioni di persone. Marta sembra forte e sicura, vero? Ora scopri quanto è fragile. Il suo è stato un matrimonio generato dalle convenzioni, dalle convenienze, dalla tendenza a conservare lo status sociale. Il marito di Marta è un possidente anche se fa l’informatico e si disinteressa delle sue terre, è un bell’uomo che però Marta non ha mai amato anche se dice di amarlo. Ma rimetteremo in sesto Marta, avremo cura di lei. Dovremo solo dedicarle il tempo, una merce rara che finora gli hanno negato tutti quelli che dicevano di amarla. Diciamoci la verità, tra quanti dicevano di amarla, compreso te, non un solo cane le ha dedicato il giusto e necessario tempo per amarla davvero. Di te so tutto, Marco. Tu hai soddisfatto il tuo orgoglio negandogli il tuo tempo e le tue attenzioni per ben dieci anni ed ora te ne cali, dici di amarla e non ti resta che piangere. Tu non la vedevi da nove o dieci anni ed ora ti presenti e dici di amarla? Volesse il cielo che fosse vero!»

«Certo che è vero! Son due giorni che non faccio altro che pensare a lei. La ferita non si è mai rimarginata, la amo e l’ho sempre amata».

«Due giorni di passione sono pochi e dieci anni di indifferenza sono troppi, Marco».

«Quale indifferenza? Non è vero! In dieci anni non è passato giorno che io non l’abbia sognata».

«Marco, guarda che so tutto. In dieci anni gli avrai mandato gli auguri di Natale o di compleanno non più di cinque volte».

«E troppe sono state; mi rifiutò più volte ed anche io ho un minimo di dignità e di orgoglio».

«Ecco! L’orgoglio, appunto. E questo è il risultato. Sempre l’orgoglio, rinunciare all’amore per orgoglio. Siamo fatti male, Marco. Possiamo essere più stupidi? Comunque tu per lei sei fondamentale e Marta è delicata, complicata, ha bisogno di cura, di estrema attenzione, di pazienza, di tempo. Io con lei ha fallito e non puoi avere idea del senso di colpa e frustrazione che ho, però, Marco, tu qui assumi adesso un ruolo determinante. Io so che lei ti ama. Tu sei l’unico uomo che lei ha amato nella sua vita».

«Come è possibile che si arrivi a farsi tanto male negandosi l’amore? Tu sei psicologo, Antonio, tu lo sai, tu lo sai. Dimmelooo!» chiese Marco con rabbia.

«Calmati Marco, lei ti ama, il tuo sospetto era fondato ma… succede più spesso di quanto tu possa immaginare, se vuoi capire troviamoci per almeno tre sedute e ti dipano tutta la mastodontica matassa fatta di orgoglio, altezzosità, convenzioni, tradizioni, storia, aspettative, educazione, schiatta, pregiudizi, ambienti, convenienze e barriere sociali. Una rara bellezza in un soggetto fragilissimo che si intestardisce ad illudersi di essere potente e forte, una rara bellezza con tutte le conseguenti problematiche di relazione che tale bellezza comporta. Troviamoci e ti dipano l’ambaradan che può inondare l’abisso della natura umana. Il punto è che lei ti ama. Tu la ami? Se la ami dovrai avere delicatezza, attenzione, dedizione, cura, tempo. Solo adesso scopro che vi siete incontrati stamani e quindi capisco finalmente la causa del suo gesto. Stamani ti ha detto che ama suo marito. E certo! Riesce a mentire a sé stessa pur di essere in perfetta armonia con la società e con l’ambiente. Dicendo che ama suo marito è in armonia col mondo intero ma non con sé stessa. Ha un intelletto straordinario che usa per farsi del male e quindi sbaglia. Succede, sbagliamo un po’ tutti, siamo umani. Lei pensa di poter dominare a bacchetta i sentimenti con la ferrea forza di volontà e con la ragione ma ovviamente, Marta, come un po’ tutti noi, è fragile e quando è sola e si rilassa, quando è sola e non ha da indossare una maschera da mostrare ad altri, beh, allora quella maschera se la toglie e crolla, piange e si dispera sotto il peso della sua tremenda infelicità. Marta non sa come sfuggire all’arcigno carcere che si è costruita con le sue stesse mani col potente contributo e condizionamento del suo ambiente, della sua educazione, della sua stirpe, della sua storia. Quando ho saputo che aveva ingurgitato un flacone di sonnifero non riuscivo a capacitarmi, a capire il perché del suo gesto ma ora so che vi siete incontrati stamani e quindi ho capito. È stata fortunata che un’amica è andata a trovarla verso l’ora di pranzo. Il mio fallimento rimane ma ora so almeno il perché del suo gesto brutale. Lei ti ha nuovamente scartato convinta di essere nel giusto. Quando tu l’hai salutata e te ne sei andato…»

«Mi ha mandato via lei, Antonio», intervenne Marco.

«Ah!»

«Gli ho proposto di buttare all’aria ogni cosa e metterci insieme, a quel punto mi ha dato dello scemo, ha troncando il discorso e mi ha mandato via. Mentre andavo via ha cercato di trattenermi chiedendomi scusa; in quel momento avevo un pugnale piantato nel cuore e non l’ho ascoltata, sono andato via. Soltanto arrivato a Spongano ho realizzato di aver fatto una cazzata a non assecondare il suo tentativo di trattenermi. Ho avuto il terrore che stesse soffrendo, e son tornato indietro ma a quel punto lei mi ha detto che non voleva più vedermi per il resto della sua vita. È stato tremendo, Antonio».

«Bella frittata ha fatto il vostro orgoglio! Con te era nel giusto, era in perfetta armonia col mondo dicendoti che amava suo marito. Da sola invece doveva dar conto solo a sé stessa ed ha sentito tutta la sua insoddisfazione, solitudine ed infelicità. Si tratta del precario equilibrio tra maschera ed essenza nel quale a volte viviamo un po’ tutti. Io gliel’ho detto mille volte che ti ama, Marco. Per farglielo capire ho sudato non poco. Era stata talmente brava a mentire a sé stessa che all’inizio non ci credeva. Poi ha capito, ha capito di amarti ma ha creduto che si trattasse soltanto di una debolezza per la quale non valesse la pena di cambiare tutto quello che si era già costruita. Ora però, incontrandoti e poi rimanendo da sola, ha forse capito il suo errore, forse ha finalmente capito quanto ha sbagliato, ha pensato che non ti avrebbe più rivisto per il resto della sua vita ed ha pensato che non valesse più la pena di vivere. In quel momento non aveva nessuno di fronte al quale alzare corazze ed ha visto tutta la sua infelicità. Marco, sia come sia, abbiamo la fortuna che Marta è viva, ora possiamo e dobbiamo aiutarla. Se la ami, tu mi puoi aiutare ed insieme aiuteremo Marta a rimettersi in sesto. Io ho fallito ma col tuo aiuto posso avere una rivincita, a patto però che tu la ami davvero. Però, se tu mi dici che sei disposto ad aiutarmi, accetterò il tuo aiuto soltanto se verificherò che la ami davvero», disse Antonio.

«Antonio, tu la conosci meglio di tutti ed io la amo. Considerami un oggetto a tua completa disposizione».

RP01/10/2020

(continua)