Capitolo nono

Caterina si ritrovò a fare il trasloco senza Giuseppe; l’aiutarono Giuliana e altri amici. Per fortuna non c’erano mobili da trasportare ma solo vestiti, suppellettili, libri e dischi.
Era un po’ triste dover sistemare la casa da sola e viverci tutta la settimana; al sabato, essendo sposato, Giuseppe tornava a casa in licenza e ripartiva la domenica pomeriggio.
Dopo qualche mese fu trasferito a Genova e nonostante fosse molto impegnato, riusciva ad andare a casa ogni tanto.
Spesso era Caterina che andava a trovarlo in caserma: lì festeggiarono anche il Natale.
Un’altra gioia arrivò da Firenze: la nascita di Fabrizio il fratellino di Tiziana, un ricciolino biondo,di una dolcezza infinita.
Caterina pensava a Wendy che si perdeva questi momenti di gioia.
Finalmente finì il periodo del militare, Giuseppe trovò un posto fisso in ospedale e Caterina potè licenziarsi da quel lavoro che odiava.
Voleva fare qualcosa di utile e chiese al suo amico Franco, primario anestesista che si occupava anche di disabili, cosa poteva fare nel campo del volontariato.
Lui le spiegò che, senza esperienza, non sarebbe stata di nessuna utilità e le propose di iscriversi a una scuola che iniziava proprio allora: durava tre anni e dava il diploma di Terapista della Riabilitazione.
Ci si poteva specializzare o in fisioterapia (escluso per Caterina visto i suoi problemi di salute) o in logopedia.
E così Caterina, dopo dieci anni di lavoro, si ritrovò di nuovo a scuola. Ma questa volta studiava con entusiasmo materie come Fisiologia, Neurologia, Psichiatria che le aprivano un mondo nuovo.
E poi c’erano le lezioni di pratica con i pazienti affetti da problemi di linguaggio.
Studiava, andava ai congressi, cercava di imparare più che poteva seguendo le poche logopediste che c’erano in quegli anni.
Nel suo corso costituito da trenta persone, ventotto diventarono fisioterapiste, due logopediste: Caterina e la sua nuova amica Rossana.
Caterina fece una tesi sui sordi e decise di lavorare con i bambini perchè, pur con le difficoltà che avevano, davano gioia, gratificazioni e affetto.
Era uscito in quel periodo un piccolo libro di Don Milani, “Lettera a una professoressa” che aveva suscitato scalpore nel mondo della scuola, ribaltando il concetto che solo i bravi dovevano andare avanti.
Per Caterina diventò una specie di Vangelo e cercò di tenerlo sempre presente nel suo lavoro.

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Lui era olandese, si chiamava Jaap e conosceva bene la Liguria perché da ragazzino andava lì al mare; per Wendy fu un tuffo nel passato ormai remoto.
Era un corridore ciclista professionista, aveva un contratto con una equipe francese, la Peugeot-BP- Michelin.
Aveva da poco terminato il Tour de France, era solo un gregario ma con la soddisfazione di essere arrivato sugli “Champs Elysèes” dove Eddy Merckx aveva stravinto.
Parlava un po’ di italiano ed amava l’arte, soprattutto la pittura degli impressionisti.
A Wendy piacque subito quel ragazzone alto e biondo che, più che il fisico di ciclista aveva quello di un giocatore di rugby; infatti questo per lui costituiva un handicap, ma la bicicletta era la sua passione.
Decisero di rivedersi e gli incontri diventarono sempre più frequenti .
Anche se in quel periodo Jaap non faceva corse, doveva allenarsi ogni giorno, così, caricata la bici su un furgoncino che gli aveva fornito la squadra, andava a pedalare al Bois de Boulogne o a quello di Vincennes.
Quando Wendy era libera andava con lui e ne approfittava per fare la sua corsa.
Jaap la sorpassava in bici in continuazione e si divertivano da matti: finiti gli allenamenti si coricavano su un prato e parlavano del loro passato e dei loro progetti. Wendy non raccontò la faccenda di Caterina perché sarebbe stato troppo complicat Si innamorarono follemente e Wendy, pur conservando l’appartamentino con Jacqueline, si trasferì da lui.
Abitava nel quartiere di Les Halles che era tutto un cantiere: i francesi non hanno tanti scrupoli nel demolire il vecchio per il nuovo.
Proprio un architetto genovese aveva vinto il concorso per la messa in opera di un centro culturale che a vederlo in costruzione sembrava una fabbrica.
Comunque la casa di Jaap era una mansarda luminosissima dietro Rue De Rivoli, da dove si vedeva anche la Senna.
Passavano lì giorni e soprattutto notti felici: una vera luna di miele.

continua……