L’INIZIO DEL VIAGGIO
Viaggiatrice entusiasta, di viaggi però brevi e circoscritti, che il mio senso d’orientamento è inesistente, cosicché, pur avvalendomi dell’ausilio della bussola, facilmente confondo i punti cardinali, che nella mia fantasia il nord si configura ialino e boreale; il sud acceso da un immenso sole mandarancio; l’ovest, crepuscolare; l’est pervaso da bagliori dorati di minareto.
E se davvero così visivamente fosse, non avrei bisogno della mia bisaccia colma di sassolini fosforescenti coi quali tracciare la strada a ritroso.
Stratagemma collaudato con successo già dai tempi di Pollicino, cosicché affrancandomi dall’angosciante assillo mnemonico del percorso, mi concedo ardite esplorazioni su sentieri secondari e spericolate escursioni nelle retrovie più recondite, a privilegio dell’avventura, intesa come scoperta, entusiasmante e sorprendente, di luoghi e di genti.
Emancipata dalla mia dislessia verso le carte geografiche, pienamente godo dei paesaggi così come degli incontri con altri viaggiatori, quando talvolta accade, per empatia ed affinità, di proseguire insieme un tratto di strada.
Compagni occasionali con i quali è naturale dividere una sigaretta, un margarita o un bicchiere d’orzata, un ombrello sotto cui riparare da un temporale improvviso, la stessa coperta a mitigare il gelo della notte
Compagni di strada coi quali ci si racconta secondo l’estro e il bisogno, senza dover esibire alcuna credenziale.
Ci si accetta sulla fiducia, consapevoli che talvolta le biografie sono menzognere ma, alla summa dei fatti, irrilevante, che altrimenti se non c’è la predisposizione all’accettazione della storia dell’altro, la scelta più opportuna è il proseguir da soli.
Lungo la strada ci si racconta, volentieri si ride, spesso s’impreca, talvolta ci s’innamora.
Mai, però, si piange.
Le lacrime son faccende private.
E’ la prima cosa che s’impara all’inizio del viaggio.
E alla fine si scopre essere un vantaggio, che è pur giusto che qualcosa rimanga di solo nostro, perché il dolore, quasi sempre, risulta essere la parte più intima e privata del luogo che abbiamo lasciato e a cui forse, un giorno, faremo ritorno.
Perché le lacrime sono paragrafi di storie più articolate che non è possibile riassumere in poche parole, rischiando con gli accenti dell’amarezza, di trasformare la complessità della storia in un racconto triste.
Meglio, quindi, saltare il capitolo e condividere con l’occasionale compagno di viaggio l’umido del cielo, il conforto del bivacco improvvisato, la tazza di caffè che sa di orzo, e quell’unica notte d’amore, perché allo spuntar del sole, al primo bivio, le strade si divideranno e ancora da soli si proseguirà il cammino.