Chi sei? Ti vedo in quello specchio rotto, ma non ti riconosco. Quel volto tumefatto. Occhi gonfi e violacei. Zigomi gonfi. Labbra spaccate. Sembri proprio una maschera di Halloween, di quelle ben riuscite.
Ho freddo.
Deve essere quasi inverno… e addosso ho una sottoveste di seta logora. Che puzza.
Capisco solo di capire. Capisco che non ricordo nulla.
Altri forse sarebbero terrorizzati da questo vuoto. Non io. Tutto quello che so, che mi è chiaro, è che avevo bisogno di questa tabula rasa…
Me lo dicono le mie mani. Sporche di sangue. Che non é il mio.
Me lo dice quest’appartamento che puzza di chiuso, piscio e zucche putride.
Ci sono zucche intarsiate di espressioni malefiche… ovunque, senza che l’artista si sia preso la briga di svuotarle.
E poi, poi me lo dicono i miei polsi, segnati profondamente. Polsi incisi da corde.
Mi fa male tutto. Tutto.
Ma alla fine devo avere avuto io la meglio. E questo, questo invece me lo dice l’espressione sadica, da zucca, di quell’uomo che giace in terra, con delle forbici conficcate in gola. Che giace su una pozza di sangue non ancora rappreso.
Deve essere successo da poco. Devo aver perso la memoria pochi istanti fa. Subito dopo avergli conficcato con una traiettoria lunga e decisa le forbici in gola.
Non provo niente. Ma lo capisco che è il prezzo da pagare per non impazzire di dolore.
Il poliziotto entra. Mi mette una coperta addosso.
Mi dice “È tutto finito, Margot, ti abbiamo trovata… sei stata in gamba Margot.”
Ripete questo nome. Un nome che dovrebbe dirmi qualcosa. Lo capisco. E invece niente. Un niente in cui sopravvivere. Un niente per non impazzire.
Forbici in gola… Mi guardo intorno… dal forno acceso viene odore di pesce in cottura.
Questo di odore sembra buono. Come la faceva mia nonn…
Non ricordare. Non ricordare. Non ricordare ti salverà.
Sul tavolo due teste d’aglio tagliate in due, prezzemolo tritato finemente, e limone spremuto in una ciotola in vetro.
E allora capisco, perché è così che avrei fatto io, perché è così che devo aver fatto…
Io, Margot, devo aver cucinato per lui. Gli ho fatto credere di essere sua. Tutta sua. Il suo personale regalino di Halloween.
“Accomodati stronzo, massacrami che mi piace.”
Devo avergli detto.
E lui non si sarà fatto pregare due volte.
Lui che è due volte me a quanto vedo. Un quintale, un vichingo biondo. Un pazzo fissato con Halloween. Un sadico. Un violento.
“Sei un pazzo, sei un sadico”… gli devo aver detto. E lui sarà impazzito di lussuria.
Sono sopravvissuta così. O sarei morta come tutte le altre… perché ci sono state altre, vero? Quante… no, non voglio saperlo.
E alla fine si è fidato di me… ed io ho potuto maneggiare coltelli… e forbici.
Gli avró proposto un buon pranzetto da leccarsi i baffi. Con la faccia insanguinata gli avró detto “Avrai fame, dopo tutto questo movimento…”
Avrei fatto così io. Ho fatto così, me lo dice la scena che è ritratta qui di fronte a me.
La scena del delitto…
“Margot, andiamo ti porto in ospedale”…
Quel poliziotto mi conosce.
“Non mi toccare.”
“Certo… piccola, non ti tocco se non vuoi.”
Ha gli occhi lucidi.
“Vedrai” mi dice “si sistemerà tutto. Torneremo presto in pattuglia insieme”.
Sono un poliziotto. L’esca.
Complimenti Margot, lo avete preso. Avete preso il pazzo di Halloween. Peccato che la tua vita, se ti azzardi a ricordare, sarà distrutta. Per sempre.
Sono in ospedale nel mio letto. Sono in silenzio. Hanno smesso di farmi domande inutili. Hanno capito che devono lasciarmi stare. Mi riempiono di calmanti aspettando un mio cenno.
Il poliziotto, il mio collega, quello che non ha saputo proteggermi, entra con una donna di mezza età. Che peró ne dimostra il doppio.
“Margot, ti presento Ellen” dice un po’ timoroso, perché da due giorni ho urlato a chiunque abbia tentato di avvicinarsi “lasciatemi in pace. Non voglio, non posso ricordare!! Non vi azzardate, lasciatemi staree!!”
Ma stavolta, quel volto di donna troppo stanca… dai capelli rossi striati di banco… mi incuriosisce.
Accetto il rischio. A guidarmi è solo l’istinto. Ma accetto.
“Margot… lei è la madre di Cindy, la bambina scomparsa…”
“Sì, mia figlia Cindy, è una splendida bambina sana di dieci anni… ed è viva. Sta bene… l’hai salvata Margot. Lui non le ha torto un capello. Grazie a te… non ha fatto in tempo.”
In un attimo mi passano davanti agli occhi le 48 ore più terrificanti della mia vita.
Prima di tutto…. prima che l’incubo avesse inizio, Ricordo Mike – che ora è qui di fronte a me e che non riesce a guardarmi più in faccia – mentre cerca di convincermi a non accettare il caso, l’incarico che forse… aspettavo da una vita.
“È un suicidio Margot. Le fa fuori in 12 ore. Ricordi lo scorso anno ad Halloween…? 24 se sono particolarmente sfortunate.”
“Ha preso una bambina stavolta.”
E poi eccomi lì, al parco, di sera. Il suo luogo di caccia… conciata in modo da sembrare almeno una decina di anni più giovane… jeans, giaccone, cappellino di lana, anfibi.
Mi avvio per il viale alberato. Scuro. La ricetrasmittente, il localizzatore. Mike è sempre con me.
E invece il vichingo è arrivato come un rapace. Come un coccodrillo che all’improvviso fuoriesce dall’acqua per catturare la sua preda. Dopo averla osservata. Dopo aver aspettato pazientemente. Per essere perfetto nel momento dell’attacco.
Mi ha presa e buttata in un furgone. Spogliata.
Ha trovato la ricetrasmittente. Una risata arcigna e poi ha riso forte “Ah ah ah… Bello scherzetto volevate farmi! Dì addio a mammina… ah ah ah molto divertente, non trovi? Come è che ti chiami?”
Glie lo dico. Se mi vede come una persona e non come un oggetto, forse durerò un po’ di più, forse potrò salvare Cindy.
“… Margot…”
“Oh, io e te ci divertiremo, Margot.”
Solo il pensiero di Cindy mi ha dato la forza.
Solo per lei non ho cercato un modo per togliermi la vita…
Le donna al mio cospetto mi apre le mani.
“Tieni” mi fa, ha preso dalla borsa una piccola busta arancione, di carta filigranata e profumata.
La prendo, la odoro, piango.
Dentro c’è una foto di Cindy, che sorride vestita da streghetta – sorride ed ha degli splendidi capelli rossi -, una caramella gommosa, a forma di zucca, e un biglietto.
“Mi hai salvata. Grazie. Puoi farcela Margot.”
Puoi farcela… dice proprio così, puoi farcela Margot, e mi ringrazia, lei mi ringrazia… Ed io penso che domani, sì, ecco domani forse, domani potrei provare a sollevarmi un po’. Forse dovrei, potrei provare a credere a questa bambina dai capelli rossi, che ancora ha la forza di festeggiare Halloween. È solo una bambina, me è anche una tosta, più in gamba di me.
Sì, domani magari potrei iniziare facendomi una doccia, a far scorrere lacrime amare insieme all’acqua sulla mia pelle, fino a levigarla, a consumarla, a corroderla se necessario. Strofinerò via il terrore, via lo schifo, via… non riesco neanche ad immaginare quante docce serviranno per levarmi di dosso questo odore di zucca.