Gianluca aveva trent’anni e sognava la luna. Per questo come immagine del profilo su Tinder aveva scelto quella foto di lui che guarda con occhi sognanti fuori la finestra. Solo che dalla foto la luna non si vedeva e così quella sua faccia risultava a dir poco patetica. Anche Gina aveva trent’anni, ma lei la luna non la vedeva da mesi. Appena saliva la sera infatti, si infilava nel plaid per restare immobile sul divano a fissare la televisione spenta. Da quando il suo ragazzo l’aveva lasciata, quel plaid era diventato come una seconda pelle. Era successo il giorno di Natale dell’anno prima. La mattina si era svegliata da sola nel letto, sul tavolo un biglietto rosso. Diceva che era stato bene, erano stati quelli anni indimenticabili, ma adesso era arrivato il momento di provare qualcosa di diverso. Gina aveva lasciato quel biglietto esattamente dove l’aveva preso. Poi aveva acceso la televisione e, dopo aver spento la televisione, aveva acceso il computer e si era iscritta a Tinder. Ora quel biglietto non era più sul tavolo, Gina lo aveva riposto nella scatola dei ricordi insieme a una vecchia giarrettiera, la foto del suo cane morto diversi anni prima e quel nastrino rosa pallido col quale annodava i capelli della sua bambola preferita. Quella sua bambola si chiamava Gina. Ma come nickname suonava ancora meglio.

Gina e Gianluca si incontrano per la prima volta durante un giorno di sole in pieno inverno. Si danno appuntamento in un posto affollato di gente. Gianluca arriva con un po’ di ritardo. Era stata Gina a decidere di incontrarsi in quel posto, pieno di gente e musica e casino. C’era il rischio di non aver più molto da dirsi, dopo tutte quelle nottate trascorse in chat, tra chiacchiere e biscotti al cioccolato per coprire il sapore amaro di tutte quelle menzogne. E adesso che finalmente si sono incontrati, scoprono che dal vivo mentirsi è ancora più eccitante. Gianluca le aveva già detto di lavorare per una banca, mentre il suo vero sogno era la radio, a manovrare i tasti del mixer come lego sensibili all’elettricità. “Amo quei cosi”, le confida quel giorno, mentre Gina gli racconta del suo lavoro in profumeria. Chiaro che non è vero, come tutti quei racconti sulle giornate in palestra, le colleghe invidiose e il vicino di casa che la tartassa di occhiolini. Col tempo Gina aveva inventato un personaggio, un personaggio più o meno credibile che le faceva compagnia insieme al rumore dei messaggi sul telefono. “La città è troppo grande per trovarsi”, le aveva detto una volta Gianluca, quando lei gli aveva chiesto perché aveva scelto di iscriversi a Tinder. Eppure lui ignorava, nè poteva sapere, che senza quei suoi messaggi lei avrebbe rischiato di perdersi persino dentro l’ascensore del suo palazzo.

“Hai sentito di quella ragazza?” sta per chiedergli Gina a un certo punto, mentre lui riempie quei silenzi di battute che non farebbero ridere nemmeno da ubriachi. Gina ha letto quella notizia proprio il giorno prima. Sydney Loofe, 24 anni, giovane cittadina del Nebraska, è stata trovata morta dopo essere uscita per un appuntamento con una tizia conosciuta su Tinder. Gina, mentre leggeva il giornale, ripensava a se stessa a quell’età, quando lei era già fidanzata, si parlava addirittura di matrimonio, e dei figli che avrebbero avuto un giorno. Oggi di quei progetti era rimasto un foglietto ripiegato con cura dentro la scatola dei ricordi. Ma si impone di non pensarci, mentre prova a concentrarsi sulle battute di Gianluca e, quando la noia l’assale come un nodo alla gola, lo invita ad andare a casa sua. Sulla strada, lei gli cammina un po’ dietro, vuole farlo sentire importante. Una volta arrivati a casa sua, restano immobili, l’uno di fronte all’altra, mentre evitano di guardarsi. Oramai, non sanno proprio più che raccontarsi.

“Sai immaginavo tu fossi diversa”, le dice infine Gianluca. “Mi immaginavo che tu… che tu fossi più alta ad esempio… E poi… Non so, in chat avevi sempre tante cose da dire, sembravi simpatica. E invece…” E invece in quel momento stranamente Gina ha come l’impressione, malgrado tutto confortante, di non essere più una ragazza. Anche lei lo immaginava diverso, ma non glielo dice. Non gli dice che, semplicemente, lei lo immaginava più tenero. Quando arriva sera, e lui è andato via da almeno un paio d’ore, Gina si siede sul divano e al posto di accendere il computer, finalmente prende sonno. Un sonno breve, eppure così profondo, come non succedeva da mesi. Ma un rumore inusuale la sveglia, come il ticchettio di un orologio sulla finestra. Immagina, o forse sogna, si tratti di qualcuno che dalla strada gli lancia dei sassi per svegliarla, come quando da ragazzina le sue amiche andavano a chiamarla sotto casa. Così apre gli occhi di soprassalto e va alla finestra. Fuori le strade sono avvolte dalla luce calda della sera. Alza gli occhi. Tra i rami di un albero lì di fronte, un pettirosso la osserva. Muove leggermente la testolina verso di lei, prima di alzarsi in volo verso chi sa dove. L’anno passato, quel pettirosso veniva a trovarla ogni sera. Intanto da qualche parte si prepara a comparire la luna. Lei però non ha più voglia di dormire.