E venne il momento di fare le valigie. Correva l’anno 1964, se non sbaglio.
Ero pronta, l’avevo già fatte tante volte in passato.
Ero stata schiava, contadina, vestita di Sari in India e di vento africano in Tanzania, sacerdotessa e strega sul rogo della Santa inquisizione, prostituta nei vicoli sporchi di Londra e partigiana.
Non era quindi una novità per me congedarmi da questo mondo, così in un battito di ciglia, ciglia finte per l’esattezza, mi trovai nell’aldilà.
La sala d’aspetto era sempre la solita. Stessa carta da parati. Stessa musica da centro commerciale, stessa tizia all’accettazione.
– E tu che ci fai di nuovo qui? Che ti è successo stavolta?- mi dice.
-No, niente, ero a ballare alla Capannina a Forte dei marmi, wow che serata, c’era un sacco di bella gente, la musica, gli amici e nulla, uscendo mi hanno rapinata, sono caduta e ho battuto la testa. Ed eccomi qui.
-Ma lo sai che quasi non ti avevo riconosciuta?- mi dice, -L’ultima volta che sei venuta non avevi un bell’aspetto.
E ora ti ritrovo con questa cofana di capelli cotonati, questo vestitino anni 60 e… lasciatelo dire, mia cara, sei proprio uno schianto!-
Non ha ancora finito di parlare che una voce dall’altoparlante la richiama all’ordine.
Arrossisce fino all’aureola, si ricompone e mi chiede i documenti di viaggio.
Li guarda e scuote il capo.
-Mi dispiace-, mi dice, -non ce l’hai fatta. Neanche stavolta. Sei stata rimandata.
Non hai capito la lezione.-
“Eh no”, penso, “un’altra volta no, e che caspita!”
Vorrei esternare il mio disappunto ma mi contengo, già che mi hanno graziato e non sono finita ai piani bassi. Non che io sia cattiva, per carità, ma ce l’hanno un po’ con me per questo mio modo di fare indolente, dissacrante, questo mio sparare a zero sui preti, e qui se ne hanno a male, in fondo sono loro dipendenti, tutelano l’azienda.
Faccio per allontanarmi ma mi sento richiamare: -Ehi, scusami, maschio o femmina? No, dico come vuoi rinascere maschio o femmina?-
-Naturalmente femmina, ma che scherziamo? Se rinasco maschio e quando la capisco la lezione! Sai quante volte mi tocca scendere giù?
Prendo il mio foglio di espulsione immediata e con i miei stivali di vernice bianca mi avvio verso il “gate reincarnazione”.
L’Angelo preposto al controllo guarda il mio biglietto: volo del 21 Gennaio 1964, ore 5:50 femmina, destinazione Calabria. Mi guarda, mi dà una pacca sulla spalla e -Auguri- , mi dice, -ne hai bisogno-.

Ed eccomi qua. Ho intenzione di starci un po’ di più questa volta.
Giuro che ce la sto mettendo tutta. Mi si riconosce subito, sono seduta all’ultimo banco. In cattedra, la vita. Ogni tanto le sorrido… così, per depistarla. Lei se ne frega. Ha avuto ordini ben precisi, così a volte mi trattiene e mi da ripetizione. Nei problemi sono brava, mi arrampico sugli specchi ma comunque riesco sempre a guadagnarmi la sufficienza. Sono certa che quando fa rapporto ai suoi superiori dice di me che sono ribelle e irriverente nei suoi confronti, che non rispetto le regole e bla, bla, bla. Comunque ho deciso di applicarmi quel tanto che basta per superare l’esame, perché, ve lo dico in confidenza, io col cavolo che ci ritorno qui!