Mi fate ridere voi… sì voi, tutti presi dalla vostra sete di conoscenza spicciola, ricurvi davanti ad un monitor, a farvi gli affari degli altri.
Internet, così si chiama il mio più recente “collega”, ripaga il vostro innato voyeurismo, un peccatuccio, ma trai più irresistibili. Quanto vi fa star bene conoscere intrighi, sotterfugi, errori e tradimenti? Avete cercato di nobilitarla l’antica arte dell’impiccio, gli avete dato un nome, quasi fosse un genere letterario lecito da gestire, il gossip. Nel tempo si è chiamato in molti modi, assumendo connotazioni sociali varie, ma sempre di quello si è trattato… del bisogno umano di farsi i fatti del prossimo. Che gli si adduca una connotazione ricercata, alias chiacchiericcio da salotto dandy, o lo si censisca volgarmente come confidenza tra comari in finestra… Ne siete schiavi. È per voi la più potente tra le droghe.

Quanti segreti dalle gambe corte, quante malelingue ho generato, mio malgrado, non potete neanche immaginare.

Io sono qui appeso e me la rido, perché potrei rendervi un servigio assai più puntuale, se solo sapeste. Ma non sapete. E mai, mai dovrà accadere.

… Prima di internet ci sono stati i giornali scandalistici. Quanti ne ho visti di voi a sfogliarne, con finta aria distratta, prima che Sophie, la coiffeur del paesetto, mi vendesse a Francois, l’antiquario, per una somma anche piuttosto irrisoria.
Per anni, ma che dico, secoli, sono stato obbligato dalla stessa magia che mi ha forgiato e mi ha reso immortale a dire la verità, nient’altro che la verità. Nulla a che vedere con le “Bufale” odierne.
Duemila anni or sono fu dato il compito della mia realizzazione al più abile degli artigiani della Valle Incantata, che a partire dai metalli più pregiati mi ha reso il più desiderabile tra gli oggetti. Antesignano di tutti gli strumenti dedicati a rispondere alla vostra proverbiale sete di pettegolezzi. Eppure già il più perfetto, tranne che per un piccolo particolare: posseggo, io stesso, un’anima.

Lei, la mia creatrice, era una potente e giovane strega, che mi volle al mondo come dono d’amore per il suo amante, un giovane bellissimo fornaio, di cui desiderava omaggiare il meraviglioso sembiante. Il mio primo proprietario. E anche il primo a cercare in me, insieme al riflesso della sua immagine, risposte.

Fu un uomo svelto e intelligente, che seppe utilizzarmi al meglio: grazie a me divenne ricco e fece la serenità di molti.
Ma questa è sola la prima delle vite con cui mi sono confrontato… non sempre è andata così bene.

Risposte. Il mio lavoro per tanto tempo è stato cercarle e proferirle.
Ma dalla morte, per me assai liberatoria, della malefica Gertrude ho deciso di non palesare mai più il potere che in me si racchiude.
Nasconderlo, celarlo.
Ed oggi mi credete niente più che un antico specchio di fine fattura.
Nei secoli mi avete rivolto così tante domande e ho cercato un numero così alto di soluzioni ai quesiti vostri, che la mente umana credevo non avesse per me più alcun mistero.
Ma io sono solo uno specchio, e per quanto la mia sensibilità “umana” sia cresciuta nel tempo, è mio destino vivere solo di riflessi. Poter vedere solo quello che è insito in chi mi è di fronte, o quel che mi si chieda di cercare. Per anni sono stato schiavo della sete di conoscenza dei miei padroni, privato di qualsiasi forma di libero arbitrio.
Questo mi appariva davvero insopportabile …ma mi sbagliavo a credere che non ci fosse di peggio.
Il fatto è che io con il tempo, nonostante tutto, avevo imparato ad amare l’umanità… pur nelle sue contraddizioni.
Poi ci fu quella donna, che fu mia proprietaria, nella quale davvero ben poco di umano risiedeva. Ogni volta Gertrude riusciva a stupirmi, per crudeltà e per follia.
Come la mia creatrice, anche lei era appassionata di stregoneria: ma mentre Teodora, più simile ad una fata, padroneggiava soave la più pura delle magie bianche, Gertrude diventava giorno dopo giorno la più temibile delle regine oscure.
A differenza di tutti gli altri che mi avevano ricevuto in dono, o acquistato per caso da qualche rigattiere, lei sapeva. E bramava il mio possesso. Con la magia era stata in grado di individuarmi. Aveva ucciso il mio vecchio padrone dopo averlo sedotto.
Ricordo ancora il primo momento in cui la sua anima si specchiò in me. Per la prima volta, insieme alla sua risata agghiacciante e al suo sguardo cieco di rabbia, conobbi la paura. Non una reazione riflessa. Il mio autonomo terrore.
Grazie ai miei servigi riuscì ad ingannare e sposare il Re del piccolo ma ricchissimo regno della Valle Incantata.
La temibile regina Gertrude, cui nessuno osava dire di no, era bellissima. E ossessionata dalla sua bellezza.

Ogni anno all’inizio delle primavera lei mi rivolgeva la stessa domanda. Poteva sembrare innocua civetteria… ma io sapevo che no, non si esauriva in questo la sua volontà.
“Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame”…
Per molti anni Getrude, in quelle ricche e verdi terre, caratterizzate dalla piú grande concentrazione di esseri fatati, non ebbe rivali.
Ma venne l’anno in cui la mia inevitabile risposta avrebbe potuto generare la tragedia.
La principessina Biancaneve, di Gertrude la figliastra, era ormai sedicenne.
Proprio sotto al naso della strega Regina era sbocciato il più incredibile, raro e candido fiore che quelle incantate valli avessero mai conosciuto.
Bella, intelligente, altruista.
Non aveva bisogno di alcuna magia, che al suo passaggio tutti gli esseri del regno avvertivano come anche l’umanità potesse generare incantesimi.

E anche io… amavo, davvero amavo, il suo riflesso.

Gertrude non era più “la più bella”, ed io conoscevo la disperazione, quella non di riflesso, perché nulla avrei desiderato di più che il poter mentirle… ma non sarebbe servito a nulla. Avrebbe capito lo stesso ogni cosa: mi sarei frantumato in milioni di schegge.

Proprio allora promisi a me stesso che mai, mai più, avrei palesato la mia natura a chicchessia se solo ne avessi avuto l’occasione. Feci voto di silenzio, eterno.

Da quando Gertrude con mio sommo stupore, e gioia lo ammetto, è morta – sapete tutti come, che quella storia è stata tramandata nei secoli e la conoscete fin troppo bene – io non ho mai più mostrato il mio vero volto a nessuno…
Oggi sono libero. Nessuno sa. E così mi nutro parassita del vostro riflesso, dei vostri sogni, della vostra speranza… senza rendere nulla in cambio.