La neve e la coperta

C’era una volta, ma forse c’è ancora, un meraviglioso bosco incantato ai confini dell’arcobaleno. In questo posto magico, alberi, animali e ruscelli parlavano la stessa lingua.
Ogni giorno, da quando nel libro della natura quel luogo aveva preso vita, si ripeteva la stessa scena. Dalla sorgente in cima al monte, l’acqua correva a valle, schizzando vecchie pietre brontolone, appoggiate sugli argini da mille mila anni e ancor di più. “Pistaaa!”, urlava birichina l’acqua facendole arrabbiare.
Un giorno, Saponetta, l’orsetto lavatore, sempre in ammollo in faccende affaccendato, si rivolse alle pietre e le brontolò:
“Smettete di lamentarvi, se non ci fosse lei che vi fa lisce e lucenti sareste ruvide e avvizzite”.
“Ben detto!”, cinguettò un uccellino da sopra un faggio. Eh sì, che non molto tempo prima se l’era vista brutta! Era riuscito a schivare un colpo di fucile grazie proprio alle pietre scivolose che avevano fatto finire un cacciatore a gambe all’aria facendogli mancare il bersaglio. Bagnato fradicio l’uomo aveva provato a ritirarsi su ma Brigida, la capra di montagna,con una testata l’aveva ributtato in acqua. A quel ricordo ogni arbusto, ogni albero, tutti gli animali e persino le bacche sui rovi cominciarono a sganasciarsi dalle risate. Tutti tranne un pino.
Pino Silvestro.
Silvestro era un musone antipatico e spocchioso.
Si sentiva il più bello del bosco, ed effettivamente lo era. Alto fino a sfiorare le nuvole, il tronco dritto, i rami impreziositi da aghi a mazzetti e da pigne compatte. Era vanitoso Silvestro, scacciava ogni uccellino che si posava sui suoi rami e si era innimicato il vento, col quale non voleva confidenza per paura che lo spettinasse.
Neppure Mariacatena, l’edera nata ai suoi piedi, aveva il permesso di abbracciarlo. Ma un giorno accadde qualcosa di inaspettato. L’inverno, che per qualche magia, aveva sempre risparmiato il bosco incantato, portò con sé una nevicata che mai essere vivente aveva ricordo di aver visto. Gli alberi chiesero aiuto al vento perché ne alleggerisse i rami e non si spezzassero, ma Silvestro era troppo orgoglioso per invocare le sue raffiche. Venne la notte e nel bosco si sentì un suono sinistro. Lo scricchiolio dei rami destò ogni creatura. Era chiaro che il pino stava cedendo sotto il peso della neve e il vento era ormai lontano. Cosa fare?
Mariacatena ebbe un’idea: chiamò Nocciolino, il rappresentante più anziano degli scoiattoli che con un battito di coda chiamò al suo cospetto i suoi fratelli. L’edera si avvolse intorno al tronco ghiacciato e scivoloso di Silvestro e permise agli animaletti di arrampicarsi sui rami. Tanto saltellarono in qua e in là che la neve precipitò sul terreno con un tonfo. Ormai l’albero era fuori pericolo e Mariacatena fece per ritirarsi, ma fu allora che si accorse di qualcosa di vischioso e umido sotto le foglie: lacrime di resina e di ringraziamento.
“Rimani”, disse la voce commossa del pino, “solo stanotte ho capito quanto fossi solo”.
Un pensiero felice percorse il rampicante fino alle radici: “Non c’è coperta più calda di un abbraccio per vincere la solitudine”, pensò, e lo avvolse con il suo manto morbido di foglie.