Hans Hartmann aprì il basso cancello di legno bianco che divideva il viale d’ingresso della sua villetta dalla strada dove aveva parcheggiato l’automobile. Un’ampia siepe di bosso nascondeva la casa e le dava una vaga aria signorile, in contrasto con le altre ville disseminate lungo la via, perlopiù bisognose di manutenzione.

Merito del mio ultimo romanzo’, pensò, chiudendo accuratamente il cancello per evitare che si introducessero cani a sporcare, ‘almeno sono riuscito a rimettere a posto la casa’.

Il giardino però era piccolo e tale era rimasto, poco più che un fazzoletto d’erba antistante la casa, e non c’era neanche spazio per costruire un box per la macchina. Sempre meglio di un condominio, certo, ma ben lontana da una villa vera e propria.
Come d’abitudine aprì la cassetta della posta nonostante la levetta abbassata indicasse che non c’era niente di nuovo in arrivo, ma una volta era successo che una lettera finisse nella fessura dello sportello, e lui non l’aveva vista finché non ne era arrivata un’altra la settimana dopo, così aveva preso quell’abitudine.
Hans riceveva pochissime lettere, ma ogni sera prima di entrare in casa controllava se ce ne fossero.
Accertatosi che la cassetta fosse vuota, la richiuse con delicatezza e percorse il breve viale cosparso di pietroline bianche. Le pietre di Pollicino, le aveva chiamate la sua nipotina, la figlia della sorella di sua moglie, ma da quando si era separato non aveva più visto la bambina.
Saliti i tre gradini di legno cercò in tasca il mazzo di chiavi e si ingegnò di infilare quella giusta nel buco della serratura. Cominciava a piovere.

‘Devo far mettere un rilevatore di prossimità o un’altra di quelle diavolerie elettroniche’ si disse ‘sono stufo di diventare scemo tutte le volte che devo rientrare con il buio!’

Finalmente la chiave scivolò nella toppa e Hans la girò.
La serratura scattò e la porta si aprì.

‘Strano’ pensò ‘ devo aver dimenticato di dare i giri…’

Con la mano destra cercò distrattamente l’interruttore della luce. La stanza si illuminò e vide l’uomo seduto sulla poltrona che stava accarezzando il gatto.

«Buongiorno Herr Hartmann».
Nella destra teneva con noncuranza una grossa pistola argentata.
Hans si bloccò sulla soglia.
«Venga avanti, la prego» disse lo sconosciuto facendo un gesto con l’arma.
«Chi è lei? Cosa ci fa in casa mia? Come si permette di…»
Superato l’istante di stupore, le parole gli uscivano di bocca come un fiume in piena.
«Si calmi per favore». L’uomo estrasse con la sinistra un tesserino.
«Herbert Schmidt, SPPS».
Hans esaminò il documento.
«SSPS? Cosa significa?».
«Servizio di Pulizia e Prelievo di Stato».
«Mai sentito. Cosa vuole da me?».
L’intruso esalò un sospiro, fece scendere il gatto dalle ginocchia e sembrò cercare le parole.
«Signor Hartmann, lei certamente è al corrente delle misure disposte dal Governo per contrastare l’aumento incontrollato della spesa sociale…».
«Io… un attimo: lei sta scherzando!».
«Le assicuro che non scherzo affatto».
«Ma questa è la trama di uno dei romanzi che ho scritto!».

Schmidt fece una smorfia.
«Mi dispiace, non l’ho letto».
Adesso fu la volta di Hans di avere un gesto di disappunto.
«Ma è colpa mia» si giustificò il funzionario, che aveva male interpretato «non ho tempo di leggere molto…».
«Lasci perdere. Vuol dire che il Governo si è ispirato al mio romanzo per queste….».

Si interruppe bruscamente.

«Cioè, lei sarebbe venuto qui per uccidermi?».
«Mhm… non è il termine corretto…».
«Ma lo è nella sostanza, no?».
«Dal suo punto di vista probabilmente sì» ammise Schmidt.
Hartmann si batté violentemente le mani sulle gambe.
«Ma è incredibile! Un racconto di fantasia che diventa realtà!».
«A volte la fantasia crea la realtà».
«Non faccia giochi di parole con me!» sbottò.
Il funzionario alzò le mani come per proteggersi.
«Mi scusi» disse. La mano destra continuava ad impugnare la pistola.
«Senta, ora lei se ne va e io non la denuncerò…».
«Mi dispiace ma non è possibile, devo fare il mio lavoro».
«Adesso chiamo la polizia!».
Schmidt indicò il telefono.
«Prego, faccia pure».

Hartmann lo guardò un istante, come per capire se stava dicendo sul serio.
Compose il numero.
Dall’altra parte rispose quasi subito il centralino.

«Hamburg Polizei» disse la voce.
«Sono Hans Hartmann. Un uomo è entrato nella mia casa e minaccia di uccidermi».
«Sì signore, è riuscito a barricarsi da qualche parte? È ferito?».
«No, io… È qui di fronte a me e mi punta addosso una pistola».

Il poliziotto sembrava confuso.

«E le permette di telefonare alla Polizia?».
«Sì, lo so che sembra assurdo, ma è tutta assurda questa situazione!».
«Mi scusi, ma le ha detto perché vuole ucciderla?».
«No, cioé sì: mi ha detto di essere della… aspetti, SSPS e…».
«Ah!» lo interruppe l’agente « adesso capisco! Aspetti che controllo!».
E lo mise in attesa.

Hans guardò incredulo la cornetta, poi Schmidt, che aveva inarcato le sopracciglia, come a dire ‘te l’avevo detto!’.

Dopo qualche istante la musichetta cessò.
«Herr Hartmann?» chiese la voce.
«Sì…».
«E’ tutto regolare. La comunicazione di prelievo è stata regolarmente depositata per questa sera».
«Ma io… Non è possibile!».
«Le sono stati fatti danni alla proprietà?».
«No, ma…».
«Allora è tutto regolare, mi dispiace».

E la comunicazione venne interrotta.

Hans posò lentamente la cornetta e si voltò verso il suo interlocutore che aspettava pazientemente.
«Intende farlo con quella?» chiese, un po’ incerto, indicando la pistola.
Schmidt parve ricordarsi solo in quel momento dell’arma.
«Ah, no, no! Non siamo barbari! E poi questa non è una vera pistola, ne ha solo l’aspetto. È un taser».
«E allora come…?».

Mostrò la valigetta nera posata a fianco della poltrona.

«La procedura prevede la somministrazione di una prima dose di eroina, che la farà addormentare dolcemente, e successivamente una dose massiccia che…».
«E se mi rifiutassi?» lo interruppe «se cercassi di fuggire? Se la uccidessi io?».

Schmidt allargò le braccia.

«Non andrebbe lontano, è tutto registrato» e mostrò una minuscola telecamera che aveva applicato in un angolo del soffitto «verrebbe braccato e catturato questa sera stessa. E sarebbe… doloroso».
Dopo i primi minuti di sbigottimento, Hartmann cominciava a realizzare quale fosse la sua situazione e si muoveva nervosamente per il salottino.
«Ma non è possibile!» continuava a ripetere. Poi, come preso da una illuminazione improvvisa:
«Lei ha fretta?».
«No» lo rassicurò il funzionario, alzando le spalle. «Naturalmente preferirei terminare il prima possibile e tornarmene a casa, ma capisco la situazione. Devo solo chiudere entro domani mattina».
«Mi vuole spiegare come funziona la selezione, almeno? Nel mio romanzo ipotizzavo che le persone venissero scelte a caso nell’ambito di fasce sociali…».
«È così che avviene, infatti» confermò l’altro.
«Ma è assurdo, era solo una provocazione, non ho mai sentito niente del genere! E poi, perché proprio io?».
«Lei capisce che una misura di questo tipo non può essere pubblicizzata, ma se si prendesse la briga di andare a vedere la legge potrebbe rendersi conto che è tutto regolare, come del resto le ha confermato la polizia quando le ha telefonato».
«Ma perché io?».
«Perché no? Beh, vista la situazione posso spiegarle meglio come funziona, anche se…».
«Anche se?».
«Se è vero che lei ha scritto il libro…».
«Lasci perdere il libro: continui».

«Come preferisce. La popolazione è divisa in fasce secondo l’età, il reddito, la posizione sociale, e in ogni fascia viene selezionata casualmente una certa percentuale di persone da prelevare».
«Ma io avevo ipotizzato che fosse fatto solo nelle fasce socialmente improduttive: vagabondi, gente che vive di assistenza pubblica…».
«E perché mai? Lo troverebbe giusto? Certo, le percentuali sono diverse, e se, tanto per fare un esempio, tra i senzatetto viene prelevato annualmente un cinque per mille, tra le persone appartenenti ad una classe agiata potrebbe essere dell’uno, o dello zero cinquanta».
«Ma non c’è motivo di…».
«Certo che c’é: l’assistenza sanitaria, i servizi sociali, l’accantonamento per la pensione…».
«Lei, per esempio» continuò Schmidt, che si stava appassionando alla spiegazione «ha sessantasette anni, riceve una pensione di… e ha una rendita dichiarata di… Inoltre la sua cartella clinica indica che ha la glicemia e il colesterolo alti, seppure non oltre i limiti, e consistenti probabilità in futuro di sviluppare…».
«Sono dati privati!» protestò Hartmann scandalizzato.
«Non per lo Stato e non quando l’interesse privato è in contrasto con quello pubblico».
«Ma è un incubo!»

Il funzionario non rispose. Prese la valigetta e se la mise sulle ginocchia, con tutta l’intenzione di aprirla.

«E i miei amici? I parenti? Cosa gli direte?» Come giustificherete questo omicidio?».
«Non è un omicidio» precisò pazientemente l’altro «diremo semplicemente che ha avuto un infarto, o una emorragia cerebrale».
«Ma il medico…»
Schmidt fece una espressione incredula:
«Suvvia…».
«E Felix, il mio gatto?».
«Ah, la nostra organizzazione è molto attenta con gli animali domestici. Se non ci sono parenti disposti ad accogliere la bestiola, come nel suo caso, la terremo in un nostro centro dove starà benissimo finché non potrà essere adottata da una famiglia adatta».
«Come siete umani!».
«Capisco l’ironia, ma è il meglio che possiamo fare».
«Lo sa che prima o poi capiterà anche a lei?».
«Chissà! Forse le leggi verranno cambiate, forse sarò più fortunato. Ma tutti dobbiamo morire, prima o poi».
Facile filosofia, quando si recita la parte del boia! pensò Hans, ma non lo disse.

Per qualche istante tra i due calò il silenzio, Fuori, nella strada, si sentiva passare ogni tanto un’automobile che rallentava all’incrocio e poi accelerava rombando. Hans pensò a quello che aveva programmato di fare, alle vacanze estive, a tutte le cose che aveva rimandato sapendo di avere tutto il tempo del mondo per farle domani o dopo. Stranamente non sentiva paura, ma una grande tristezza. Non aveva più niente da chiedere.

«Sono pronto» disse, arrotolando la manica della camicia.
«Vuole pensarci ancora un attimo? Andare in bagno, mangiare qualcosa?».
‘L’ ultimo pasto del condannato?’.
«No, va bene così».

Schmidt si alzò, posò la valigetta sul tavolo stando attento a non graffiarlo con la cerniera, ne estrasse alcune siringhe già pronte e si avvicinò ad Hans, che nel frattempo si era seduto sull’altra poltrona di fronte alla televisione e aveva reclinato la testa all’indietro, in attesa.