L’autunno è la stagione che amo, Ottobre il mio mese preferito. Lo era fin dai tempi lontanissimi della mia infanzia, quando il suo inizio coincideva con il ritorno a scuola e l’odore di matite e quaderni nuovi si mescolava a quello dell’aria più fresca che si colorava di quelle tinte uniche e sfolgoranti che solo questa stagione possiede, pronte a esplodere tra foglie croccanti sotto i piedi e profumo di castagne.
Castagne anche selvatiche, quei frutti lisci e lucenti che rotolano fuori da ricci verde chiaro e sembrano talismani da conservare in tasca, custodi di sogni segreti, perfetti nelle forme morbide. Sono state spesso le mie compagne di giochi, ho finto che fossero pietre magiche, cibo per le mie bambole, munizioni in battaglie improvvisate, soprammobili e segnaposto.
C’erano ippocastani nella Villa Floridiana, a Napoli, dove ho trascorso buona parte della mia infanzia e della mia adolescenza e io spiavo impaziente la comparsa di quei frutti che per me segnavano il passaggio della stagione, il giro di boa della mia vita scolastica, la ripresa di attività rassicuranti dopo l’anarchia estiva, il ritrovarsi.
Ho conservato l’abitudine di spiare il loro arrivo. Ora vivo altrove, ma ho trovato un gruppo di ippocastani in fondo a Viale Mazzini, quasi sul Lungotevere e oggi pomeriggio, sotto gli occhi stupiti di mio figlio, mi sono chinata a raccoglierne una manciata di quelle prime castagne selvatiche con la stessa felicità di un tempo, la stessa emozione, la sensazione di entrare ancora in una nuova stagione, la mia stagione, dove le magiche castagne mi accompagneranno.
E amo pensare che saranno il mio talismano.