«Vedi, tutto questo un giorno sarà tuo».
Il giovane dio guardò di traverso il dio più anziano.
«Perché mi hai portato qui?».
«Non vuoi vedere quale sarà il tuo regno?».
«Io stavo benissimo dove ero prima».
«Tuttavia è ora che tu ti prenda le tue responsabilità» disse il vecchio dio, «l’Universo si espande e sempre nuovi mondi devono essere popolati».
«Questa non l’ho mai capita».
«Un poeta del tuo mondo – sì, proprio di questo che stai guardando – una volta disse: “Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, di quante ne sogni la tua filosofia”».
«MI sembra banale: chi sarebbe questo Orazio?».
«Il personaggio di un dramma».
«E cosa è la filosofia?».
«La filosofia…» il vecchio dio rimase un istante perplesso, come se rinvangasse nella sua memoria «la filosofia è… gli esseri umani amano occuparsi di problemi senza soluzione: chiamano questa cosa filosofia».
Il giovane dio alzò le spalle: «Contenti loro…».

I due dei continuarono a sorvolare la Terra in silenzio, finché giunsero in vista di un agglomerato industriale che inondava il cielo di dense nuvole di fumo grigio.
«E questo cosa sarebbe?» chiese il giovane dio.
«Questa è una zona industriale. Quelle sono fabbriche che producono cose».
«Cose? Che genere di cose?».
«Be’, un po’ di tutto».
«Cioé? Quello che serve agli uomini per vivere? Cibo?».
«Mhm… in genere no: producono oggetti».
«Ma quali oggetti?».
«Tanti tipi di oggetti!» sbottò il vecchio dio, «automobili, bottiglie, acciaio, armi…».
«Inutile, tanto non ci capisco niente!».
«Non c’è da capire: le fanno e basta: a loro piace così».
«Ma perché?» si intestardì il giovane dio «non sono oggetti indispensabili, quindi… ah, aspetta, credo di avere capito: li producono per creare quel fumo che a loro piace tanto!».
«No, in effetti quel fumo è velenoso per loro: li uccide».
«E allora perché lo fanno?».
“Perché produrre senza fare fumo costerebbe di più».
«Ma se dici che li uccide… cosa se ne fanno dei soldi?».
«Non uccide chi guadagna quei soldi: uccide chi ci lavora dentro e chi ci abita vicino».
“Continuo a non capire: perché ci lavorano e perché abitano vicino a quelle… cose?».
«Fabbriche, si chiamano fabbriche. Lo fanno perché ci sono costretti».
«Non avevi detto che la schiavitù non esiste più?».
«Ha solo cambiato nome» disse il vecchio dio, alzando le spalle.
«Ma sei stato tu a mettergli della segatura nella testa?».
Il vecchio alzò le mani al cielo, offeso: «Io? Ma cosa vai dicendo? Hanno fatto tutto da soli: erano felici e contenti, poi hanno inventato i miti, la religione, la storia, l’agricoltura e non hanno smesso più».

«E quello cosa è?».
Proseguendo al loro conversazione i due dei erano andati avanti e adesso stavano sorvolando un prato punteggiato da decine di migliaia di croci bianche, tutte uguali.
«È un cimitero militare…» disse il vecchio dio, preparandosi ad una serie di spiegazioni.
Ma il giovane dio non parlava, era intento a guardare una figura che era in piedi davanti ad una di quelle croci.
«Quella è una donna» spiegò l’altro «starà piangendo sulla tomba di un suo parente, forse suo marito, o suo figlio, o suo padre».
«E perché piange?».
«Quando un umano muore, quelli che sono vicini a lui sono tristi, e spesso piangono».
«Ma tutti gli umani muoiono!».
«Sì, ma sono tristi lo stesso. E poi quelli seppelliti qui sono morti di morte violenta, prima della loro ora.
«Morte violenta?».
«Uccisi. Uccisi da altri uomini».
«E perché?».
«Per obbedire ad uno dei miti che loro stessi hanno creato: la religione, la patria…».
«Assurdo!».
«Non ho mai detto che il tuo mondo sarebbe stato razionale» si giustificò il vecchio.
«Ma questo è un disastro!».
«Si chiama libero arbitrio».
«L’hai inventato tu?» chiese il giovane dio «perché?».
«Be’, se gli uomini non fossero stati liberi dove sarebbe stato il divertimento? Comunque quando sarà tuo potrai farne quello che vorrai».

Il giovane non rispose, ma accelerò ancora, curioso di vedere gli altri aspetti di quello che a quanto pareva avrebbe dovuto essere il suo lavoro fino a… non sapeva quando, probabilmente quando sarebbe riuscito ad affibbiarlo a qualcun altro, oppure quando il pianeta sarebbe diventato polvere nello spazio…
«No, no e poi no!» lo redarguì il vecchio «non pensarci neanche!:
«Va bene, va bene, niente cataclismi cosmici, ho capito!».

Quel mondo sembrava irrecuperabile: dappertutto la mano dell’uomo l’aveva devastato, gli animali erano ridotti in condizioni miserevoli, la maggior parte torturati dalla nascita negli allevamenti al solo fine di procurare carne a basso prezzo, la natura trasformata in un immondezzaio. Ma gli uomini non avevano rispetto neanche per loro stessi: dovunque cimiteri e fosse comuni testimoniavano di massacri compiuti in nome di qualcosa che loro stessi si erano inventati.
Il vecchio dio interruppe il flusso dei suoi pensieri: «Allora, hai visto abbastanza?».
«Anche troppo!».
«Non prendertela a male…».
Il giovane scattò: «Come sarebbe a dire di non prendermela a male? Mi hai lasciato un vero disastro!».
«Be’, puoi sempre dimostrare di essere in grado di porci rimedio di migliorarlo».
«E come?Facendo sparire l’umanità dalla faccia della Terra?».
Il vecchio dio sollevò le sopracciglia in un mezzo sorriso e schiacciò l’occhio: «Per esempio…».