La giovane vedova, completamente vestita di nero, guarda la bara calare lentamente nella fossa.
Un cappello con veletta le copre il viso, quasi a voler celare le lacrime. Un’amica le si avvicina:
“Oh Luisa, quanto mi dispiace, so quanto vi amavate”.
“Grazie cara”.
“Lui era pazzo di te, lo diceva sempre”.
“Lo so”.
“Non parlava che di te, dell’ottima moglie che eri”.
“Lo so”.
“Ricordo che si interessava di tutto ciò che ti riguardava, ti consigliava gli abiti da indossare, le pettinature più adatte al tuo viso, il tipo di trucco”.
“E’ vero”.
“E poi… quanti consigli ti dava, per la cucina, le pulizie, il portamento, sua madre era entusiasta di te sai? Diceva sempre che la servivi come una regina”.
“Proprio così”.
“Ah, chissà quanto ti mancherà! Se hai bisogno di qualcosa…qualsiasi cosa, chiamami, intesi?”
“Lo farò”.
Tornata a casa, Luisa chiude la porta a chiave, lancia le scarpe in mezzo al corridoio, scioglie i capelli, si spoglia completamente, fa una doccia e indossa una comoda tuta. Dal frigo estrae una vaschetta di cibo pronto e lo mette nel microonde.
“Finalmente libera! – esclama – c’è voluto del tempo ma ha funzionato”.
Prende i rimasugli di veleno e li getta nell’immondizia.