IL COMMISSARIO (riveduto e corretto)
Il telefono squillò proprio mentre si apprestava a gustare la cena. La moglie lo guardò contrariata:
“Insomma! Non ti lasciano neanche mangiare in pace, non rispondere”.
“Non posso tesoro, può essere importante, stiamo seguendo il caso di una ragazzina scomparsa”.
Lei non disse nulla, cominciò a mangiare lo stufato, sapendo già come sarebbe finita.
Infatti, dopo un veloce scambio di battute con l’interlocutore, lui disse la solita frase:
“Mi dispiace cara, cercherò di non fare troppo tardi”.
“Già, come al solito, poi non ti fai più vedere fino al mattino”.
“E’ un mestieraccio lo so, ma qualcuno deve pur farlo”.
Infilò il soprabito, uscì di casa e salì in macchina. Era una serata autunnale, umida e fredda,
mentre guidava verso il luogo stabilito, Barti rifletteva sul caso che stava seguendo, doveva darsi una mossa, era lui il Commissario di Polizia, spettava a lui organizzare le ricerche.
Fino a quel momento non c’era nulla a cui appigliarsi. I genitori della ragazza avevano telefonato alla Centrale il giorno prima, agitatissimi, la figlia non era tornata a casa quella notte, non lo aveva mai fatto prima. Era uscita prima di cena per andare dalla sua amica che abitava a poche centinaia di metri di distanza, l’aveva invitata a cena a casa sua e avrebbe anche dormito da lei, ma non vi era mai arrivata.
DOVEVA trovare un colpevole! Il Commissario Capo gliel’aveva detto chiaramente: se avesse fallito ancora una volta gli avrebbe tolto il caso. Barti sentì ribollire il sangue dalla rabbia
– Bastardo! Che vuole sapere lui, col culo sempre appoggiato alla sedia della scrivania? Quando le cose vanno bene, si prende tutti i meriti senza fare niente! Che faccia ciò che vuole!
Negli ultimi due anni c’erano stati casi analoghi a questo, ragazzine scomparse e ritrovate morte, senza mai riuscire a catturare il criminale autore dei delitti. Mai un’impronta, un indizio valido per le indagini. Ripensava al pianto straziante dei genitori delle vittime quando comunicava loro la notizia del ritrovamento del corpo delle figlie. La prima volta era stato devastante per lui, poi si sa, a tutto ci si abitua, ormai quei lamenti quasi lo infastidivano.
Arrivò al punto stabilito, il Parco del Leone, chiamato così perché molti anni prima un leone, fuggito da un circo allestito nelle vicinanze, fece la sua apparizione terrorizzando i cittadini.
C’era già una pattuglia sul posto. Un agente lo vide e gli andò incontro:
“Commissario Barti abbiamo trovato qualcosa, scusi se l’abbiamo chiamata a casa, il suo cellulare era spento.”
Barti bofonchiò un “Va bene va bene, non importa”.
“Abbiamo transennato la zona Signore”.
“Sì, ottimo”.
Si avvicinarono alla zona illuminata; una giacca bianca con il cappuccio, pur se inzaccherata, corrispondeva alla descrizione dei genitori della ragazza.
“Potrebbe essere della povera ragazza, vero Commissario?”
“Sì, potrebbe”.
“Crede sia stata uccisa?”
“Non lo so, ma è meglio prepararsi al peggio, andate a prendere i genitori e portateli qui per la conferma.”
La madre scoppiò in lacrime:
“Oh mio Dio! Sì, la giacca è della mia Federica, ma lei dov’è? Dov’è la mia bambina?”
Il padre si rivolse al Commissario Barti con occhi infuocati di rabbia:“Dovete trovarla, capito? Dovete trovarla!”
Non riuscì a continuare, strinse a sé la moglie e piansero insieme desolati.
Barti biascicò un “Faremo tutto il possibile”.
“Riportateli a casa” – ordinò agli agenti – per stasera non possiamo fare altro”.
Quando gli agenti si allontanarono Barti accese la sua torcia e oltrepassò il nastro bianco e rosso che transennava la zona, cercando febbrilmente tutt’intorno, finchè lo vide: un luccichio fra l’erba, lo illuminò e un sospiro di sollievo gli uscì dalla bocca… il cellulare, il SUO cellulare!
Tornò indietro ed entrò macchina, doveva rilassarsi, chiuse gli occhi e rivide la scena, come in un film:
“La ragazzina camminava di buona lena, era già buio e voleva arrivare in fretta dalla sua amica. Vincendo la paura decise di attraversare il Parco del Leone per accorciare la strada, nonostante i genitori le avessero raccomandato di non farlo, soprattutto di sera. Non si accorse dell’auto che la seguiva fin da quando era uscita di casa. Improvvisamente qualcuno la spinse da dietro facendola cadere a terra. Soffocò un grido di spavento e cercò di rialzarsi ma due mani possenti la tennero ferma sull’erba umida. Barti rabbrividì ricordando di come tentò di abusare della ragazza, lei si difese strenuamente, riuscì a svincolarsi, tentò di fuggire, cadde e si rialzò più volte, finché lui la raggiunse e…
Un terribile ricordo riaffiorò, riportandolo indietro nel tempo, a quando suo padre, ubriaco fradicio, abusava della sua sorellina. Cosa poteva fare lui? Era poco più che un bambino all’epoca, restava lì a guardare, inorridito e al contempo affascinato da quella scena schifosa.
“Sei un maledetto mostro! – gridò a se stesso – un pervertito! Poteva essere tua figlia! Sei come tuo padre!”
Non era la prima volta che il demone della perversione si impossessava di lui. Non riusciva a resistergli, per lui era facile far sparire i corpi e sviare le indagini.
Ricordò il panico che lo prese quando si accorse di non avere più il cellulare, dopo aver gettato il corpo della ragazza in un vecchio pozzo in disuso da anni, tornò nel parco e lo cercò inutilmente. Lasciò appositamente la giacca della ragazza in bella vista, tanto le indagini le avrebbe condotte lui, le sue impronte sarebbero state ovunque e lui era insospettabile. Ora che aveva ritrovato il telefono non aveva più niente da temere. Doveva essergli scivolato mentre inseguiva la povera Federica, o forse mentre la teneva a terra, oppure…
Potenti luci si accesero improvvisamente abbagliandolo, mentre una voce al megafono pronunciava il suo nome:
“Cesare Barti, esca dall’auto con le mani alzate!”
Come un automa eseguì l’ordine; ma cosa stava succedendo? Era caduto in una stupida trappola? Possibile?
Il Commissario Capo in persona gli si parò dinanzi, dietro di lui i due agenti che lo avevano atteso nel parco.
“Commissario Barti, la teniamo d’occhio da tempo, ogni volta che una ragazza spariva era lei ad organizzare le ricerche che, puntualmente finivano in un nulla di fatto. La cosa ci ha insospettiti ma non avevamo alcuna prova contro di lei…fino a stasera. Questi due bravi agenti hanno trovato nel parco la giacca della ragazza, quindi hanno subito chiamato lei sul cellulare che ha squillato illuminandosi… proprio qui, fra l’erba. Non sapendo cosa fare mi hanno tempestivamente informato della incredibile scoperta. Ho ordinato loro di togliere la batteria al telefono rendendolo inutilizzabile e di chiamarla al telefono di casa, dicendo che il cellulare era spento. Dopo che lei Commissario ha impartito i soliti inutili ordini, li ha mandati a prendere i genitori della povera ragazza e finalmente ha potuto cercare il suo cellulare indisturbato.
A quanto pare la trappola ha funzionato, lo dico a malincuore naturalmente, questa non è certo una vittoria per il Corpo di Polizia. Portatelo via!”
Barti ascoltò in silenzio e a occhi bassi le dure parole del Commissario Capo, non disse una parola mentre lo ammanettavano e gli leggevano i suoi diritti, maledì il suo demone che assumeva le sembianze di suo padre e gli disse: “Ben ti sta!”