…e così par di sentire mille sospiri sospesi nell’aria, mille bocche rosse che si schiudono, mille mani che invano cercano di afferrarlo  nel suo turbinare, e tutto diventa stupefacente e giocoso, un rutilare evanescente di gonne e di sciarpe leggere, di capelli…soprattutto di capelli che come stelle filanti si dipanano ribelli dal nodo delle trecce e degli chignon, in una pioggia festosa di forcine e fermagli e nastri colorati.
Un carnevale tardivo in questo ardente luglio, col trucco che dolcemente si disfa in strie nere di liquirizia sotto cui si rivela il nudo degli occhi, eppoi il nudo della pelle, nelle spalline scese e nelle gonne sollevate, offerta pagana di seni e di gambe per lenire l’arsura di questo sole corsaro.
Offerta spudorata, esibita con l’innocente impertinenza delle bambine, nessuna provocazione ma solo istinto del gioco, quel lasciarsi rincorrere il cui scopo finale è lasciarsi prendere, allargare le braccia ed offrire la bocca ed il petto ansante in un gesto di resa incondizionata.

Il vento sensualmente intriga, il soffio e la carezza, una lingua furtiva che netta e lubrifica con la sua bava fresca le arsure della pelle e dei sensi, in un amplesso impudico e stordente, sensualissimo.
Il suo abbraccio da tergo, inaspettato e voluttuoso, la gonna che si solleva e che la mano di malavoglia trattiene per un solo istante, perché troppo eccitante è il gioco esibito sul grande palcoscenico della strada, sotto gli occhi dei passanti, spettatori inconsapevoli del muto tripudio di quell’amplesso intimo che culmina in umido languore nella garza sottile delle mutandine.