M’ hai aspettata per anni in silenzio perchè
sapevi sarei stata io a trovarti.
Quando sono finalmente giunta alla tua porta mi hai guardata dapprincipio guardingo con grandi occhi interrogativi.
E poi da vicino. Molto vicino.
E quando anche io sono inciampata nelle tue pupille, credimi, lì ho pensato che quella fosse l’ultima volta in cui la mia vista avrebbe avuto un senso.
M’ hai parlato e la tua voce non era voce ma musica ambigua eppur lieve, note miste frastagliate, sinfonie dai colori pastello e subito dopo accesi e sanguigni,
un vento lieve ma freschissimo, quando non te lo aspetti, il 17 di Agosto, o forse il 19 o il 21.
E ancora m’hai abbracciata e non sentivo più nulla attorno, neanche il tempo di un 3, 2, 1 e già mi avevi anestetizzata in ogni parte del corpo.
Poi m’hai presa per un braccio ed è stato un girare perpetuo di danza dimenticata.
Passi falsi ma perfetti in un volteggiare sconvolto da passione antica.
Non sentivo più le vertigini dell’immobilità.
M’hai baciata e quel sapore m’ha detto ogni cosa di me.
Anche ciò che non avrei voluto sapere o rievocare.
Mi hai costretta a quelle labbra, felice fossi finalmente inerme.
Non chiedetemi cosa ho, non domandatemi di quale droga m’abbia sfamata.
Ho un gran mal di mondo dentro,ora.
Non riesco a prender sonno.
Allora, ascoltate: facciamo che mi cambio, indosso quelle scarpe rotte e mi faccio almeno 7 chilometri di corsa ora, di notte, col gelo che taglia i capelli.
Avrò forse le idee molto meno screpolate e saprò spiegarvi cosa è accaduto.
Sospendete il giudizio per un secondo.
Un altro ballo turbinoso.
Disarmata, ancora una volta,
è così che voglio sentirmi, vi prego.
Di spalle al dirupo non ho più paura di cadere all’indietro.
Rincorretemi pure, se mi credete folle.
Quel sapore mi ha narrato la Libertà.
-dedicata ad un luogo conosciuto per caso-