Carissima casa della mia infanzia, io non sono un tipo molto nostalgico, però quando ripenso a te un po’ di magone arriva.Eravamo in affitto al piano superiore, eri una bella villa in collina, al pianterreno vivevano i padroni di casa, contadini sempre indaffarati e stanchi, con la pelle bruciata dal sole. Quanto mi sono divertita nel tuo bellissimo giardino, ero un maschiaccio, trovavo sempre qualcosa di pericoloso da fare. Eri immersa fra campi di grano, la vigna, il pollaio, i miei amati pulcini che mi facevano tanta tenerezza, sembravano batuffoli di cotone. Potevo persino andare in bicicletta nell’aia spaziosa. E ti ricordi quando il signor Nino, il padrone di casa, con l’arrivo della primavera preparava per me e mia sorella più piccola l’altalena? Due solide funi legate a due rami degli alberi del tuo giardino, un’asse di legno come sedile, poi ci saliva lui per provare la tenuta delle corde e… Via!!! Volavo come un uccellino!  Dopo dieci anni ci siamo trasferiti altrove, ma una casa come te non l’ho più trovata. Sai, sono tornata a trovarti, con mio marito, dopo tanti anni. Eri tutta rimodernata, piastrellata, solo il giardino era uguale. Seduta sulla panchina c’era la moglie del Signor Nino con una bimba piccola, la sua nipotina. L’ho chiamata, le ho detto chi ero, chi erano i miei genitori ma non si è ricordata di me e della mia famiglia. Il caro Signor Nino era morto e lei era molto anziana, è stata tanto carina, ci ha invitati ad entrare in casa ma ho rifiutato. Ero una sconosciuta, non me la sono sentita. Ti ho guardata ancora una volta, l’ultima, cara casa, e me ne sono andata con un peso sul cuore. Ogni tanto però, col pensiero ripercorro i bei momenti passati con te e sono felice.