Era tutta la settimana che la colonnina di mercurio della farmacia, che a quel tempo si trovava accanto al negozio del “Buchino”, si rifiutava di salire oltre lo zero e grossi candelotti di ghiaccio pendevano dai tetti delle case.
In quella domenica mattina, poi, oltre a far pizzicare i nasi e le orecchie, il freddo sembrava insinuarsi ancor più vigliaccamente dentro ai vestiti strappandoci brividi che tenevamo a bada pestando forte i piedi in terra.
Usciti dalla messa delle 9, ci incamminammo di buon passo verso il campo sportivo per assistere ad una delle partite del Campionato Giovanile nel quale la compagine fornacina dava sempre buona prova di sè.
Sotto lo sguardo bonario del Cecchini, storico e sempre indaffarato factotum dell’U.S. Fornaci, prendemmo posto sul poggio immediatamente raggiungibile entrando da Via dell’Asilo e iniziammo a guardarci intorno.
A parte poche chiazze di un verde rinsecchito, il “Luigi Orlando” si presentava in condizioni perfette; nel senso che non c’era alcun filo d’erba che turbasse il marrone uniforme del fango ghiacciato…
Oltre al bel gioco espresso, il fatto che tutti ragazzi che militavano nella squadra fossero del paese era una grande attrattiva e il “campo” si presentava sempre gremito di amici, parenti e semplici tifosi. Anche quella mattina non faceva eccezione, tanto che potevo scorgere decine e decine di nuvolette formatesi dal fiato della gente che si condensavano nell’aria gelida.
Nessuno di noi poteva immaginare che da lì a poco saremmo stati spettatori di un evento eccezionale.
La partita ebbe inizio e tra le fila del Fornaci, che sfoggiava la caratteristica maglia celeste con colletto bianco, si potevano riconoscere l’Egidio Gaddini e il Claudio Pedrini che giostravano a centrocampo, mentre l’attacco si reggeva sulle spalle del centravanti Sergio Puccetti, affiancato dal Divo Bertoncini, agilissima ala sinistra. In difesa svettava il Sandro Chiezzi, magnifico colpitore di testa, che faceva coppia con l’indomito Luigi Bernardi, da tutti conosciuto come “il Gibaud(*)”. I pali erano difesi dal Paolo Biagioni, il cui soprannome, “Padella”, la diceva lunga sul suo grado di affidabilità come estremo difensore.
Grazie a un goal alquanto fortunoso, nel quale il Padella mise del suo… gli ospiti chiusero il primo tempo in vantaggio, ma la ripresa fu un assedio.
Il Puccetti pareggiò quasi subito ma, a dispetto di una schiacciante superiorità territoriale, il Fornaci stentava a fare sua la partita. Il numero dei calci d’angolo cresceva in modo vertiginoso e le mischie che ne conseguivano, avevano ormai raggiunto livelli epici. I minuti passavano inesorabili e molte volte la porta avversaria fu sul punto di capitolare, ma una buona dose di sfortuna, un paio di sacrosanti rigori “non visti” e la giornata di grazia del portiere ospite continuavano a negare il meritato successo.
Ormai mancava poco alla fine e un senso di rassegnazione iniziava a serpeggiare tra i giocatori e tra il pubblico quando, sull’ennesima respinta della difesa avversaria, il pallone giunse a metà campo, dove l’indomito Gibaud presidiava la zona.
Da dove viene quel coraggio misto a disperata incoscienza che fa tentare le cose più assurde? E cos’è quell’improvviso lampo di genio che si traduce in coordinazione e potenza irripetibili? Nessuno lo sa… ma qualunque cosa sia, il Gibaud ne fu folgorato in pieno!
Avrebbe potuto fare un passaggio per riavviare l’ennesima azione, invece, non appena la palla entrò nel cerchio di centrocampo, chi era alla partita lo vide andarle incontro, ingobbirsi, caricare il destro ed esplodere una botta omicida! Come un tracciante velenoso, la palla, tenuta bassa e tesa, sibilò verso la porta avversaria e, passando in mezzo ad una selva di gambe, toccò terra schizzando in rete nel boato di meraviglia di pubblico e giocatori.
Mentre il portiere ancora non riusciva a capacitarsi, il Gibaud, sulle ali di una gioia irrefrenabile, iniziò a correre a perdifiato e per lunghi minuti ogni tentativo di agguantarlo per congratularsi o anche solo per permettere all’arbitro di riprendere il gioco risultò vano…
Ricordo che uno dei primi commenti del pubblico fu: “Ora che il su’ figliolo ha fatto goal da 50 metri, chi la sopporta la Doriana???!!!…”
Finalmente placcato il Gibaud, la partita ebbe modo di ricominciare e, come Dio volle, il triplice fischio sancì la vittoria del Fornaci. Per una settimana non si parlò d’altro e la popolarità dell’autore della prodezza raggiunse livelli assoluti anche nei paesi vicini.
Ai giorni nostri un’impresa del genere sarebbe finita su Youtube e ammirata in tutto il mondo, invece, in quella gelida mattina d’inizio anni ’70 potè solo scolpirsi, indelebile, nella mente di coloro che, come me, ancora ne custodiscono gelosamente il ricordo.

(*) Per i più giovani: il soprannome Gibaud (leggi Gibò) derivava dall’omonima cintura elastica che, alla TV del tempo, veniva pubblicizzata da un manichino abbondantemente fasciato e incerottato.