Sono giorni che mi frulla un pensiero nella testa:
Quando un essere umano compie un attentato uccidendo decine di persone, e viene a sua volta ucciso dalle forze dell’ordine, cosa succede “di là?” Dopo che la morte stende su di loro il suo mantello nero e li lascia al loro destino sconosciuto?
Ho immaginato queste povere anime di ogni età, parenti fra loro o perfetti sconosciuti, che si ritrovano improvvisamente sbalzati in un luogo estraneo, si guardano intorno smarriti, non riescono a capire. Improvvisamente uno squarcio in quello spazio incolore mostra loro la scena orribile che gli è capitata. Vedono i loro corpi esanimi sul selciato, immagino un’angoscia spaventosa nel comprendere di essere morti. Ed ecco che, avvolto nel mantello nero della morte indifferente a tutto, in fondo fa solo il suo lavoro, arriva lui, l’attentatore. Sarà anche lui smarrito e confuso? Era certo di trovare quel che gli avevano promesso in vita, invece si trova davanti alle sue vittime. Capirà che è stata una scelleratezza? Le vittime lo guardano, hanno capito chi è: vorrebbero vendicarsi? Ucciderlo?
Ma è già morto! Non possono fare niente, nessuno può più fare niente. Chissà se, privati dei loro corpi, senza più gli assilli terreni, sapranno perdonare.
Forse è un discorso un po’ farneticante, giudicate voi, ma mi angoscia profondamente.