Fortezza di Civitella Del Tronto, sono le ore 21 del 19 marzo 1861.

Il fante Rivello Concetto, comandato a fare la guardia sulle mura ad ovest, è solo e va pensando:

A quest’ora di solito smettono di bombardare. E meno male! Dopo una giornata di bombardamenti ininterrotti, una breve tregua permette a noi e a loro, i Sabaudi, di riposare per un po’ e tirare il fiato.

Ma occorre stare all’erta, sempre, perché potrebbero volerci cogliere di sorpresa e non ci si può certo fidare.

Così eccomi qua consegnato a fare la guardia mentre gli altri riposano, beati loro.

Sto qui, da solo, di fronte a queste montagne ancora innevate … e fa freddo, un freddo cane. Forse se batto i piedi e mi soffio sulle mani potrò riscaldarmi un po’ ma non basta, certo, perché tira questo vento teso e maledetto da nord.

Dal fianco del monte e dalla valle salgono i fumi dei fuochi e dei camini che si stanno man mano spegnendo trasportando con loro gli odori delle vivande preparate nelle case del paese qui sotto alle mura. Sono famiglie sotto assedio anch’esse, che patiscono la violenza della guerra ma almeno stanno insieme, si aiutano e si sostengono l’un l’altro.

Già, anch’io ho una casa, una casa lontana da cui manco da almeno due anni.

Chissà cosa starà facendo mia madre… e Assunta la mia fidanzata con cui se mi fossi sposato anche in fretta e furia, non sarei stato coscritto.

No, ma dai, perché dovrebbero volere proprio me che so solo zappare?”, le dissi mentre piangeva.

E invece sono stato estratto a sorte insieme ad altri nove per la zona di Oria.

Son già mezzo morto lì, quel giorno, di dolore al pensiero dei sei anni che mi attendevano, lontano da casa, lontano dai miei cari, consegnato ad una vita pericolosa e piena di stenti.

Accidenti però quant’è freddo stasera e la neve che è ancora là sulla cima dei monti pare quasi di poterla toccare solo volessi allungare la mano.

E meno male che non bombardano più da qualche ora. Sono infatti due giorni che ci stanno massacrando come topi in trappola.

Ho visto morire circa 250 miei commilitoni nell’ultimo paio di mesi paio di mesi.

Già! Ad ottobre è iniziato l’assedio ma il nemico là fuori si vedeva che non sapeva cosa fosse davvero la guerra e non ci faceva certo molta paura. Pochi soldati piemontesi professionisti a guida di un esercito raffazzonato di volontari che avevano lasciato i loro consueti mestieri per seguire un’idea. Ma da un po’, accidenti, dopo che è caduta la fortezza di Gaeta in cui s’era rifugiato il nostro re Francesco II e dopo che, ancora 7 giorni fa, è caduta pure la Cittadella di Messina…tutto l’esercito sabaudo s’è concentrato su di noi. Truppe scelte e fresche, armate di obici filettati a lunga gittata che permettono colpi mirati e distruttivi. Non quattro gatti mal armati come noi che ci stiamo mettendo l’anima e l’onore a resistere.

Oh, però, questo coraggio si sta sfilacciando sempre più nei nostri cuori da qualche giorno.

Ieri, poi, è stato fatto entrare un tal generale sabaudo Della Rocca che ha riferito che due giorni fa a Torino è già stato incoronato Vittorio Emanuele II Re d’Italia, quasi a dare l’idea di quanto poco contino tutti i nostri sforzi nel continuare a resistere.

Ed ha recato anche un messaggio di resa del nostro re a seguito della caduta di Gaeta.

Ma allora, se tutto è compiuto, che significato ha ancora questa mia fatica, questo patire freddo e stenti in questa notte silenziosa e gelida?

Non sono come il mio sergente Messinelli che ha l’onore a posto del sangue. Ci incita , lui, ci parla di fedeltà e sacrificio ma io penso ormai solo alla mia terra da arare e ai fianchi morbidi di Assuntina mia da stringere a me e per di più non conosco neppure la ragione per cui mi trovo qui a subire tutto questo. Ma mi faccio ancora coraggio: avrà da finire, prima poi, tutto questo dolore!”

————————————————————————————————————-

Questo succedeva in quell’ultima notte e la Storia racconta che poi…

Il giorno dopo, 20 marzo alle 11, il vice comandante del forte espose la bandiera bianca.

Alle ore 13:45 il sergente Messinelli che aveva rifiutato la resa intimata dal gen. Enrico Morozzo Della Rocca, venne portato fuori Porta Napoli e fucilato senza processo.

I 291 soldati superstiti furono trasferiti ed incarcerati ad Ascoli ove vennero trattati con il rispetto dovuto a chi si è comportato con onore.

Il 21 marzo vennero abbattute le mura di cinta onde evitare nuove sacche di resistenza o brigantaggio.

Foto mia

Documentazione in loco e nel web.