Sono un principe. E sono stato venduto.
Me lo ricordo come fosse ieri.
Eravamo in tanti, suddivisi per colore e per lignaggio. Ognuno con il suo prezzo e tutti in esposizione. Il nostro padrone si lamentava sempre: «Ah, non è mica come una volta. Un tempo sì che si facevano gli affari! Dove sono finite, dove?»
Si riferiva alle donne, le uniche interessate a noi. A volte è capitato anche qualche uomo, ma raramente.
Entravano, ci guardavano, ci toccavano e fantasticavano su cosa potevano farci con noi.
Non un fiato da parte nostra, ripiegati su noi stessi aspettavamo immobili, tutti di un pezzo. Poi un giorno entrò lei. Venne sparata verso di me e: «Voglio lui!» disse.
«Eh, questo costa parecchio, lo guardi, non è una bellezza? Lo tocchi, lo tocchi pure.», disse il padrone con quel sorrisetto che già conoscevo bene.
Mercante!
Lei fece scorrere le sue mani su tutta la mia superficie, mi girò davanti, di dietro, notò ogni mio piccolo dettaglio, strusciò la sua guancia contro di me e soddisfatta disse:
«Ha una bella mano, lo prendo.»
Ora, vi confesso che per un attimo mi sono sentito lusingato. Non sapevo, non sapevo ancora quale sarebbe stato il mio destino.
L’ho seguita docilmente e cos’altro potevo fare?
Una volta a casa l’ho sentita parlare di me al telefono: «Oh, vedessi com’è bello… ma certo che sì! Un principe, tutto pettinato… ho un disegno per lui… vedrai…»
Voi mi scuserete, ma quando arrivo a questo punto, per quanto io sia un tipo squadrato ho un po’ di cedimento. Quella donna mi ha stregato.
Ricordo solo che mi ha steso su un lungo tavolo mentre dallo stereo in un angolo mi arrivavano le note di Carribean Blue di Enya. Sarà stata la musica che mi riportava nella mia terra, alle sue coste, al suo mare…
Saranno state le sue mani che mi lisciavano, mi accomodavano, sarà stato per quello e per la sua magia che sono rimasto immobile, senza fare una piega.
Dicono che non esistono più, dicono che si siano estinte.
Non credeteci. Non è vero! Io lo so.
Ero lì, inerme, mentre lei tracciava degli strani segni su di me. Poi mi ha guardato ancora una volta prima di far brillare quelle lame.
Ho perso il senso e i miei contorni. Mi sentivo a pezzi. Poi con quella infinita pazienza che ho imparato a riconoscerle mi ha trasformato, sovvertendo l’ordine di ciò che ero stato.
Abbiamo trascorso tante ore insieme. Non parlavo mai, non so attaccare bottone, io, cosa che a lei riesce benissimo. Ti imbastisce un discorso in quattro e quattr’otto e guai a fiatare perché ribatte punto su punto. Eppure… eppure io l’amavo. Nonostante tutto l’amavo. Ho sentito i suoi pensieri, ho raccolto le sue lacrime, e che ci crediate o no l’ho vista anche volare. Ho percepito in ogni fibra del mio essere tutte le sue emozioni. Ho assorbito fino all’orlo ogni sua delusione e sogno infranto.
Fino a quel giorno, quando sono stato venduto per la seconda volta.
Io, Principe di Galles, ceduto ad altre mani.
Ed è per questo che vorrei urlare per farmi sentire dai miei fratelli rimasti lì, in quel luogo dove lei mi ha comprato la prima volta.
«State attenti!», gli direi, «State attenti fratelli tessuti, non vi fidate di loro, vi regaleranno la loro anima e poi vi cederanno.
Cashmere, Raso, Chiffon, tremate, tremate, le Sarte son tornate!»