Che cosa c’è?
Che cosa si arrovella senza tregua nella mia mente da tempo ormai immemorabile?
Quali percorsi vicini e lontani mi hanno condotto a questo sentiero accidentato e disseminato da punti interrogativi?
Quanti ostacoli improvvisi mi si sono imprevedibilmente presentati davanti senza neppure chiedere il permesso e reclamando con prepotenza, invece, considerazione e soluzione immediate che non sempre, in quei momenti, ero in grado di fornire?
Che cosa c’è dentro, nel profondo del cuore?
Che cosa c’è?
C’è, esterrefatto e irrinunciabile, uno speciale amore per la vita, un sentimento prezioso e antico, un’emozione nascente, allo stato natura, totalmente coinvolgente.
C’è il desiderio di andare oltre, di gettare lo sguardo al di là dell’ultimo baluardo eretto alle nostre difese e scoprire, forse, nuovi orizzonti neppure troppo lontani dietro i quali non sempre e non necessariamente si nascondono insidie, nemici, barbari, gli “altri”.
Il nuovo spaventa, il diverso incute paura, ma perché precluderci a priori la possibilità di approdare ad ulteriori conoscenze che potrebbero rivelarsi ricche ed entusiasmanti?
C’è la voglia, insopprimibile, di scandagliare le profondità umane per appropriarmi dei significati, palesi o occulti, di gesti, parole, azioni, scelte, a volte inconsapevoli ma significative, e di provare gratitudine per questo.
C’è un crescente rifiuto per il plateale, gli stereotipi, le verità costruite a tavolino, gli “universali” conclamati, le leggi uguali per tutti ma per alcuni no, l’esibizionismo gratuito, il privato sbattuto in pubblico senza pudore e il pubblico sempre più alla deriva, senza appello.
C’è un avvertimento di impotenza, nonostante tutto. Perché oltre la bellezza, l’importanza, l’unicità, la fortuna di essere uomini ci sono anche “uomini” tali solo di nome, ma mostri di fatto, lupi mannari, uomini impazziti, accecati da giochi pericolosi e di parte portati all’estremo, con conseguenze sotto gli occhi di tutti, anche di quegli innocenti che stanno crescendo…
C’è paura di essere colpevole di utopia e sogni e di averci non solo sguazzato dentro una vita, ma di averli anche insegnati ai figli, ai ragazzi, agli uomini come lezione di vita, quando la vita è poi ben altra cosa; paura di aver creato piedistalli fragili, nervi indifesi, menti e cuori impreparati al vero.
C’è silenzio. Un silenzio che a volte assume i contorni di una magia positiva, come se contenesse in sé tutti i suoni possibili; altre volte come oppressione insostenibile da lacerare subito con un urlo o un’azione coatta.
C’è amore. Amo ad angolo giro, amo chi non può spiegarsi, amo chi vive in coerenza, amo chi ride e sa far ridere, amo chi sa apprezzare il bello, il comico, il tragico, amo chi non si erge a modello, chi non fa rumore, chi sa capire oltre le righe scritte e le parole pronunciate.
C’è tutto questo. E anche di più.
Che cosa c’è?