Un passo dopo l’altro, attenta a non mettere il piede in fallo in una delle tante buche che incontra, ma che è diventata sempre più brava ad evitare. Determinata ad andare avanti, senza paura, con la sfrontatezza della giovane età e la sicurezza di chi sa che il futuro è davanti a sé.

La via si perde in lontananza, non è possibile capire cosa l’aspetta, e forse è giusto così, forse sarebbe terribile sapere quante spine si nascondono in mezzo ai fiori profumati, quante delusioni accompagnano i momenti di pura, estatica gioia.

Un bivio, uno dei tanti: da una parte una rassicurante strada larga e diritta, tutta uguale, dall’altra un sentiero che attraversa un bosco ombroso, dove il sole filtra attraverso i rami degli alberi e illumina piccole radure fiorite e ruscelli che gorgogliano tra le pietre, ma che cela anche chissà quali insidie nelle scure zone in cui la luce non riesce a penetrare.

Dove andare? Dove andreste voi?

La ragazza è giovane e cammina lieve, fermandosi spesso ad osservare il paesaggio ai lati della strada. Forse è incantata dall’avventura, forse vuole soltanto capire dove si trova, ma adesso è indecisa tra i due percorsi, guarda la larga strada, guarda il sentiero nel bosco, la strada, il sentiero, il sentiero, il sentiero.

Ha deciso, sta per posare il piede sul sentiero, ma d’improvviso una figura si staglia davanti a lei.
«Cappuccetto Rosso» la chiama l’apparizione. La sua voce è evanescente ma ferma, sembra venire da lontano. La riconosce, è la sua prima maestra, quella che le ha insegnato a stare nel banco e a tracciare le prime lettere dritte, tutte uguali.
«Signorina Giannelli!»
«Cappuccetto Rosso, dove stai andando?» chiede la maestra.
«Ma io mi chiamo Elisabetta» dice la ragazza,«Elisabetta Mercai. Non si ricorda più di me?»
«Certo che mi ricordo, ma tu ora sei Cappuccetto Rosso, perché vuoi attraversare il bosco.»
Elisabetta guarda gli alberi alle spalle dell’insegnante. La vista non le è preclusa, perché a dire il vero la signorina Giannelli lascia intravedere qualcosa attraverso il suo corpo, ma quella adesso non è la cosa più importante.
«Cosa c’entra il fatto che voglio attraversare il bosco con il mio nome?» chiede.
La maestra sospira, e sembra che le foglie si agitino attraverso il suo corpo.
«Il bosco fa paura, Cappuccetto Rosso, è pericoloso. Ti ho insegnato ad evitare i pericoli.»
Elisabetta alza le spalle.
«A me non sembra tanto pauroso, e lei mi ha insegnato come comportarmi, ma non sono più una bambina e so come si deve fare.»
«Attenta, nel bosco puoi fare brutti incontri, puoi incontrare il lupo.»
«Io non ho paura del lupo!» protesta Elisabetta, «gli animali sono miei amici, basta volergli bene e non fargli del male!»
«Eppure…»
«Mi lasci andare, la prego!»
La maestra non si sposta, rimane in mezzo al sentiero, ma si è fatta ancora più eterea.
Indispettita, la ragazza allunga una mano e vede che ci passa attraverso, poi un piede, e infine si decide a fare un salto e a superarla del tutto. Come è sul sentierosi volta indietro e vede che la maestra è sparita. Una situazione davvero strana, ma Elisabetta non si ferma a rifletterci sopra, perché ora davanti a lei si presenta un’altra figura, anch’essa ben nota.
«Don Gemelli!» esclama, vedendo l’anziano prete.
«Ciao Cappuccetto Rosso. Allora mi riconosci!»
«Certo che la riconosco! Ma per piacere, non mi chiami in quel modo. Io sono Elisabetta, e lei era il mio insegnante di catechismo.»
«Lo so, ma tu stai per mettere piede nel bosco, e allora sei Cappuccetto Rosso.»
«Ma cosa ha a che fare il mio nome con il fatto che sto per entrare nel bosco?» protesta Elisabetta, stizzita.
«Cappuccetto, Cappuccetto, non hai capito che la strada, il sentiero, il bosco sono metafore della vita? Io ti ho insegnato a seguire la giusta strada, quella diritta che seguono tutte le persone perbene, quelle timorate di Dio, la strada che porta verso il Paradiso…»
«Vuol dire che il sentiero nel bosco porta all’Inferno?»
Il prete sta per rispondere, poi ha un’esitazione, non può mentire.
«Non ho detto questo, anche il Paradiso e l’Inferno sono metafore, non fraintendermi. Io voglio solo che tu segua la via maestra, quella sempre nella luce, non una piena di insidie.»
«E cosa mi aspetta su una e sull’altra?»
«La strada diritta ti condurrà verso una vita normale, dove probabilmente lavorerai, ti sposerai, avrai dei bambini, diventerai nonna…»
«E l’altra strada, quella nel bosco?»
Il prete allarga le braccia.
«Chi può dirlo? Nel bosco potresti perderti, finire tra le spine, incontrare il Lupo…»
«Ma sentire il profumo dei fiori, correre tra gli animali, decidere io cosa vorrò fare nella mia vita!»
Don Gemelli sospira.
«Sì, ma…»
«Mi lasci andare, per favore» dice Elisabetta decisa, facendo un passo in avanti e attraversando l’immagine del prete.
Il sentiero adesso piega a destra e sta per addentrarsi nel folto, ma Elisabetta ha davanti a sé ancora due figure che le sbarrano la strada. Queste non le conosce, sono due gendarmi, in una divisa che è una via di mezza tra quella dei carabinieri e quella di guardie di un’altra epoca, ma forse è soltanto la divisa d’ordinanza dei gendarmi dei sogni.
«Dove sta andando, Cappuccetto Rosso?» le dice uno dei due con una voce burbera, profonda.
Elisabetta ormai sa cosa deve aspettarsi, e non si lascia intimidire.
«Io mi chiamo Elisabetta Mercai» risponde con la sua voce sottile ma ferma, «e sto per entrare nel bosco, signor gendarme. È forse vietato?»
Il gendarme sembra farsi più grande e più minaccioso.
«Non è vietato» ammette, ma devo metterla in guardia.»
«Da cosa? Dal bosco?»
«Vedo che già lo sa. Fa male a non averne paura, il bosco può farle fare cose terribili, cose di cui poi si pentirà amaramente.»
«Per esempio?» lo sfida Elisabetta.
«Per esempio non capire più qual è la via giusta nella vita, così che diventerà diversa dagli altri e resterà sola, senza potersi rifugiare in una comunità di persone. Sarà disprezzata, e se vorrà diffondere le sue idee, diverse da quelle degli altri, sarà perseguita e potrà essere imprigionata, forse addirittura uccisa!»
A quelle parole Elisabetta sente un brivido salirle lungo la schiena, ma contemporaneamente il petto le si riempie di rabbia.
«Allora dovrei vivere la mia vita come tutti gli altri, senza mai poter avere uno spiraglio di libertà?»
Adesso è l’altro gendarme a farsi avanti.
«Signorina Cappuccetto Rosso, la libertà è una cosa pericolosa e…»
Il gendarme non riesce a finire la frase, perché Elisabetta l’ha superato, come ha fatto con le precedenti apparizioni. Adesso non c’è più niente tra lei e il bosco, e sente nel cuore l’eccitazione e il timore per quello che sta per fare.
Ma lo fa: prima un passo, poi un altro ed è tra gli alberi. Un profumo mai sentito la fa camminare leggera, in tutta la sua vita non ha mai provato una tale emozione e…

Quanto tempo Elisabetta ha camminato nel bosco? Non lo sappiamo, nessuno può saperlo, ma con il passare dei giorni, dei mesi e degli anni il sentiero si è fatto sempre meno aspro, fino a diventare una comoda via, ancora tortuosa, certo, sempre diversa, ma ogni giorno un poco meno eccitante e un poco più faticosa, come se fosse in leggera salita, e poi più ripida, tanto che sempre più spesso deve fermarsi a riposare e i suoi capelli si sono fatti candidi, come la neve che cade leggera a coprire i suoi passi.

Alla fine Elisabetta arriva all’uscita dal bosco. Davanti a lei non c’è un nuovo bivio, ma soltanto una grande, indistinta pianura. È stanca, Elisabetta, che non è più la ragazza di un tempo e neanche una donna, ma una vecchia il cui viso è intrecciato di rughe. Si volta verso il bosco che sempre l’ha accompagnata e non ha rimpianti né tristezza. È fiera di come ha vissuto e non cambierebbe niente della sua vita, neanche i tanti errori che hanno contribuito a farla diventare quella che è. Sa che non ha più molta strada da fare, che ogni passo potrebbe essere l’ultimo, eppure non vuole rinunciare a camminare perché mai si è fermata, ma siede qualche istante su di una roccia per riprendere le forze e volgere lo sguardo ancora una volta alle sue spalle. Poi sospira e fa per alzarsi, ma davanti a lei vede le figure che aveva incontrato tanto tempo prima, quelle che volevano convincerla a non percorrere il sentiero del bosco.
Sono lì, davanti a lei, che la osservano mute, inoffensive. Adesso sembra assurdo che si fosse fatta intimidire, sono quasi ridicole, ma sa che questo è l’effetto di tutta la strada che si è lasciata alle spalle.
«Buongiorno» dice, con un accenno di stanco sorriso.
«Buongiorno a te, Elisabetta.»
«Adesso non sono più Cappuccetto Rosso?»
È il gendarme a risponderle. «Adesso non è più necessario.»
«Mentre prima lo era» annuisce lei, «so cosa cercavate di fare.»
Il prete alza le spalle. «Ci abbiamo provato.»
Elisabetta scuote la testa, e il sorriso che le illumina il volto sembra una lisca di pesce.
«Ma non ho incontrato il lupo, nel bosco!» esclama.
«Non c’è nessun lupo nel bosco» dicono in coro le quattro figure, «il Lupo siamo noi!»