Il mio ultimo esame, un 29 in Storia di qualcosa, fu il risultato della media ponderata di due questionari che prendevano in considerazione periodi storici consecutivi della stessa materia. Un 28 e un 29? No, due 29.

“Bravissima ma non perfetta!”… disse la prima docente, quella con i capelli bianchi a caschetto e la voce a trombetta.
“Sì sì anche per me! Bravissima! Ma non perfetta!!” le fece coro la collega mora, con capelli neri un po’ maschiacci, ma stesso timbro vocale.

Le due professoresse furono così stupite e felici di consegnarmi quell’inconsueto voto unanime, che io stessa lo accolsi come fosse un 30 e lode.

Ma mi fu chiaro, con evidenza, che spesso sono un tipo da 29.

Me ne sto facendo una ragione.
La non completa capacità di produrre qualcosa che corrisponda in pieno all’idea più diffusa di ciò che è perfetto, anzi, è stata spesso motivo di frustrazione.

Poi magari sono una che si impegna abbastanza, ci mette del suo, una che non si può penalizzare più di tanto… il mio voto buono, anche ottimo, tendo a portarlo a casa… ma potrei non corrispondere a quell’ideale, o – sembra quasi inverosimile – superarlo.

Perché? Perché no, comunque la si voglia mettere, del tutto normale non sono. Nonostante io sia la persona più equilibrata che io conosca.
O forse proprio per questo.
Nonostante io sia sempre pronta ad amare, anzi proprio a cercare quel che di bello sono in grado di produrre gli altri.
O forse proprio per questo.

C’è chi, a partire da alcuni dati, è in grado di tirare fuori esattamente quello che tu produrresti e che quindi sapresti fare da solo, ma non hai voglia o tempo.

Sì, posso riuscirci, ma probabilmente sarò discreta.

Poi c’è chi a partire da quegli stessi dati vorrebbe davvero veder dare vita a qualcosa di inaspettato, originale e sorprendente.
Quella, sì quella, potrei essere io.