«Scusi, signora, per favore può tenere il cane un attimo perché debbo entrare in quel negozio? Faccio presto».

Marisa, seduta sulla panchina, osservò dal basso in alto quel ragazzo dall’aria perbene che le sorrideva.

Annui e prese in consegna un guinzaglio con una palla di pelo bianco all’estremità.

«Guardi, però, che ho un impegno tra mezz’ora …si sbrighi», ci tenne a precisare lei.

« Sì, sì, non tema! Ah, si chiama Billo».

Caterina guardò quel mucchietto di pelo da cui spuntavano due occhietti neri, attenti ed indagatori.

«Ciao, Billo, come sei bello!», scherzò.

Lui si avvicinò fino ai suoi piedi a fissarla.

« Sei buono o mordi?», gli chiese prima di allungare la mano per una esitante carezza.

La risposta fu un ‘sorriso’ con lingua di fuori ed annessa scodinzolata.

«Ma allora dillo che vuoi fare amicizia, Billo bello!».

«Forse hai fame…».

Si ricordò di quel mezzo panino col salame che non aveva finito alla pausa pranzo ma poi pensò che il proprietario non gradisse che gliene desse.

Però Billo aveva captato già l’odore e puntava decisamente in direzione della borsa.

Le venne da ridere. Accidenti che tartufo sensibile aveva! Allora pensò che un piccolo pezzettino non potesse fargli male e anche un secondo, un terzo…

Il tempo stava passando, erano già una decina buona di minuti che quel ragazzo gentile era entrato in quella panetteria all’angolo. Forse aveva incontrato qualcuno, pensò.

Billo stava trangugiando beato l’ultimo pezzetto di panino con l’aria di avere ancora fame e di volerne ancora.

Possibile che quel ragazzo non gli desse cibo a sufficienza?

Si voltò a guardare il negozio; attraverso i vetri non si percepiva alcun movimento né presenza alcuna di clienti.

«Cavolo! E dove è finito?», esclamò.

Si alzò e con Billo fiduciosamente trotterellante si affacciò nella panetteria ove una rubiconda signora s’aggirava dietro un bancone con sopra esposto un miliardo di calorie.

«Signora, mi scusi…dov’è il ragazzo bruno che è entrato una decina di minuti fa?».

«Ah, non so. Ha comperato una pizzetta ed è uscito dalla porta che apre sull’altra via», rispose.

E allora Marisa capì.

Capì che le era stato mollato il cane come un pacco postale da quello stupido, imbroglione , bugiardo ecc, ecc.

Tornò alla panchina e guardò a lungo e fissamente Billo.

Stavolta se ne stava seduto e sembrava quasi piangere sommessamente. Aveva gli occhi tristi ed il capo abbassato.

Fu allora che vide sul collare qualcosa di bianco appallottolato e fermato con dello scotch.

Era un biglietto. Lo staccò, lo lisciò e lesse:

“Versione aggiornata: io sono la quinta persona che prende in consegna Billo. Non posso tenerlo con me. Le chiedo scusa ma ora decida lei se essere la sesta dopo aver riscritto questo biglietto prima di passarlo ad un altro”.

Accidenti! Pensò, Quante carezze illusorie e quanti abbandoni ha dovuto subire questo povero cagnolino indifeso!

Gettò il biglietto, si alzò e guardandolo negli occhi gli fece una carezza spettinandogli il pelo in testa.

Poi disse: «Dai, Billo, andiamo. Prima ho una cosa da fare ma poi ti porto con me, a casa».

 

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