La pioggia era cessata, lasciando dietro di sé una fresca brezza che sembrò cancellare la pesantezza afosa dell’estate. Il lungomare della piccola cittadina costiera si tinse dei colori dell’arcobaleno, che iniziarono a emergere da dietro le nuvole.

Senza neanche pensarci si ritrovarono seduti al fianco del solito tavolo da biliardo del solito bar dal nome americano, quello sotto ai portici, che nelle ore più calde permettevano qualche metro di ristoro dal sole ma che adesso ospitava una famigliola inzuppata, padre, madre e bimbo in passeggino, che vi si erano riparati troppo tardi dalla pioggia improvvisa. Carlo sorrise al bimbo che allungò verso di lui un dito paffuto, poi ordinò la solita birra fresca da dividere e scelse la solita canzone al Juke-box. “Vuoi giocare?” chiese infine ad Antonella, cercando di sorridere.

“Sì, perché no?” rispose lei, con il tono leggero ma gli occhi tristi.

Era strano vederla vestita con jeans lunghi da quelle parti, ma il fresco insolito l’aveva costretta a cercarli sul fondo della valigia.

“Ricordi la prima volta che mi hai battuto?” disse Carlo, passando il gesso sulla punta della stecca e considerando che le era piaciuta sempre di più così, Anto, in jeans e scarpe da ginnastica, come era sempre stata quando si erano incontrati in città.

“Come potrei dimenticarlo?” rispose lei, sorridendo a malapena. “Eri così incredulo!” E stavolta rise un po’.

Si guardarono, e per un attimo sembrò che tutto fosse come prima. Ma poi lei distolse lo sguardo e Carlo dovette bere un grosso sorso di birra per cercare di sciogliere il nodo che teneva il respiro bloccato nella gola.

“Sto vedendo qualcun altro,” disse lei dopo parecchi secondi di silenzio, in cui cercò inutilmente parole più adatte, “Forse avrei potuto perdonarti, ma…”

“Cosa?”

“Sì,” toccava a lei tirare, e lo fece senza sbagliare. “Ho iniziato una nuova relazione.” Non potè fare a meno di arrossire, e Carlo, suo malgrado, la trovò più bella del solito.

“Pensavo… pensavo che ci stessimo avvicinando di nuovo,” la voce di Carlo fu un sussurro.

“Lo so. O meglio, lo immagino…” rispose Antonella, riuscendo a trattenere le lacrime. “Ma non posso. Non dopo tutto quello che è successo.”

Carlo la guardò, cercando di capire. E la capì, perché alla fine loro questo avevano sempre fatto, si erano sempre capiti. “Ti amo ancora, Anto.”

“Anch’io.” Antonella mise a posto la stecca e finì l’ultimo goccio di birra.

Si guardarono, e Carlo vide nel suo sguardo che era vero. Perché alla fine questo erano sempre riusciti a fare, avevano sempre saputo leggersi dentro. “Ieri… sapevi che sarebbe stata l’ultima volta, vero?”

“Uno strano modo di essere delusa, non è così?” sussurrò Antonella. “Sembrava un perdono, lo so, cavolo, me ne rendo conto. Uno sbaglio… il fatto è che era un addio… e io”

“No. In realtà si capiva… io l’ho capito. É stato un addio.” Carlo non voleva che lei pensasse di averlo illuso. “Mi mancherai anche tu” disse infine, permettendosi di stringerla forte. E lei fece lo stesso, amandolo forse più di sempre, inspirando il suo odore per farne scorta per un po’, per lasciarlo andare un poco alla volta, perché come si fa a lasciare andare chi si ama così? Perché come si può perdonare chi…

Carlo uscì dal bar per primo, guardando l’arcobaleno che iniziava a formarsi all’orizzonte. Si voltò ancora una volta chiedendosi se qualcosa ancora potesse… se fosse da idioti lasciarla andare. Quella stessa domanda, intrisa di nostalgia, sarebbe ricomparsa nei suoi pensieri per anni, dopo quel giorno, spesso inaspettata.

Antonella aspettò la fine della sua canzone preferita, quella che aveva ascoltato dal vivo da poco, al concerto in cui Carlo non si era degnato di accompagnarla, nonostante l’avessero aspettato insieme per mesi… perché quella era anche la canzone preferita di Carlo, perché era per lui se lei amava quella canzone… ma poi lui aveva avuto meglio da fare. Con il suono delle onde in lontananza lo osservò asciugare una lacrima mentre raggiungeva da solo il lungomare che poco prima avevano percorso insieme, come migliaia di volte negli ultimi tre anni, e si chiese se davvero quella fosse l’unica scelta possibile. Avrebbe continuato a chiederselo per tutta la vita?

Era la fine e tutto sembrava immerso in una calma pastello.