Leggevo il terrore nei suoi occhi.
«Mio Dio!», pregavo, «Tu che sei infinitamente buono, ti prego, smetti di far soffrire in questo modo orribile chi non ha alcuna colpa e…»
Poi una vena del mio radicato scetticismo si fece strada in quel tentativo disperato d’invocazione:
«…Se esisti…» aggiunsi mentalmente.
E quello fu sufficiente a perdere tutto.
Gli occhi febbricitanti del bambino si spalancarono ancora di più, e dalla sua bocca aperta fuoriuscì un miscuglio di bava e vomito, denso di sangue come se stesse dando le proprie viscere.
Era la fine, e lo sapevo. Distrutto, abbassai la testa, posai l’incensiere e il libro e in silenzio piansi.
Avevo provato l’ Exorcismus in Satanam et Angelos Apostaticos, la Preghiera a San Michele e quelle al Prezioso Sangue di Gesù, e poi quell’unica, breve esitazione…
Ma sapevo che quella mancanza di fede veniva dal profondo del mio cuore, era profondamente vera e per quello era stata letale. O forse, forse la malattia del bambino non era curabile con i miei esorcismi, forse…
No! Anche questa era mancanza di fede, la più terribile: pensare che Dio non fosse onnipotente e infinitamente buono. Ero io che avevo sbagliato!
Mi rivolsi alla madre del bambino e alla sorella, che avevano assistito a tutta la scena in silenzio.
«Maria…» riuscii appena a dire, con un nodo alla gola che mi soffocava il fiato.
Intervenne la zia.
«Lo so, padre, lei ha fatto tutto il possibile. Dio, nella sua infinita misericordia, ha voluto strappare l’anima di Giulio a questa vita di stenti e peccati.»
Com’era brava! Come avrei voluto saper trovare io quelle parole così consolatrici e così false!
Invece mi limitai ad annuire, raccolsi le mie cose, diedi una frettolosa benedizione alle donne e alla casa e uscii nella notte.
Le nuvole correvano veloci, oscurando a tratti la pallida luna. Correvano veloci come i miei pensieri, che non trovavano pace. Avrei voluto gettare la mia tonaca alle ortiche, ma sarebbe stato soltanto da vigliacchi. Chi avrebbe potuto sostituire la mia pur infima opera? Chi avrebbe potuto lottare al mio posto per portare una speranza di bene in un mondo dominato dall’orrore?
In fondo avevo scacciato un Golem, due anni prima, e il suo infame creatore giudeo, e alcune piccole guarigioni mi erano riuscite: poca roba, ma utili a dare speranza nel Bene.
Quando era cominciato tutto questo? Lo chiesi a Dio, che non mi ha mai risposto in vita mia, lo chiesi alla Luna, pur sapendo di commettere sacrilegio, lo chiesi alla terra, agli alberi, all’aria e al fuoco. Lo chiesi al Demonio, in un’orgia diabolica, ma neanche lui mi rispose.
Lo chiesi allora ancora una volta a San Howard Phillips, come se mai lo avessi letto nei sacri testi, e ancora una volta seppi che il crocevia nero era stato il giorno di Ognissanti dell’anno del demonio, il 2017, quando apparve in tutte le librerie del mondo il temibile Al Azif, il manuale maledetto scritto dal poeta pazzo Abdul Alhazred, vissuto nello Yemen nell’VIII secolo e morto a Damasco in circostanze misteriose: « La notte s’apre sull’orlo dell’abisso. Le porte dell’inferno sono chiuse: a tuo rischio le tenti. Al tuo richiamo si desterà qualcosa per risponderti. Questo regalo lascio all’umanità: ecco le chiavi. Cerca le serrature; sii soddisfatto. Ma ascolta ciò che dice Abdul Alhazred: per primo io le ho trovate: e sono pazzo. »
Questo il prologo del Necronomicon, e la maledizione.
In quel momento si sono divaricate le linee del tempo, e in questo futuro siamo stati condannati a vivere nel terrore e nella disperazione, sotto l’incubo dei più terribili flagelli che il Maligno riversa a piene mani sull’umanità sofferente.
Ma se esistesse un altro futuro, pensai, in un sussulto di abiura della mia fede, se esistesse un’altra possibilità, allora, uomini, allora vi prego: vigilate nell’approssimarsi di quella notte maledetta, vigilate affinché il libro magico ritorni ad essere un pseudobiblium, perché altrimenti la sua realtà diventerà la vostra realtà, e la vostra realtà sarà come la mia, l’anticamera dell’Inferno, qui sulla Terra!
Lanciata questa invocazione a tutti e nessuno, questa bestemmia al buon Dio, mossi un passo fuori dalla porta, rabbrividendo nell’aria fredda di novembre. La notte e i suoi demoni passeranno, verrà un altro giorno, avrò altre battaglie da combattere e perdere, e sarà così fino alla fine dei tempi, del mio tempo, quando la Morte caritatevole giungerà a posare la sua mano sui miei occhi. Finalmente!