«E piantala di strattonarmi, maledizione!».
«Chi ti strattona? Sei tu sbandi ad ogni passo!».
«Non dire stronzate!».
«Ah sì? Allora è il marciapiede che è fatto a zigzag».
Harvey si fermò di scatto. Guardò il marciapiede, ma nonostante la sua ebbrezza alcolica sembrava diritto.
Ruttò rumorosamente.
«Ehi, se vuoi vomitare vai da un’altra parte!».
«Roger, sei sicuro che…» un attimo di esitazione «tu ti chiami Roger, vero?».
L’altro annuì, paziente.
«Sì, sono il tuo amico Roger».
«Ah, bene, perché…».
Nel dire queste parole Harvey si era rimesso a camminare, ma aveva perso l’equilibrio e sbandato paurosamente verso l’orlo del marciapiede, andando ad urtare un uomo vestito di scuro.
«Ops, mi scusi signore!» farfugliò. Poi guardò meglio l’uomo:
«Ma lo sa, signore, che lei è veramente strano?».
Roger gli diede una violenta gomitata nel fianco.
«Ehi, che modi!» protestò Harvey.
Intanto l’uomo che aveva urtato si era fermato di fronte a loro. Era vestito con un lungo mantello nero, sovrastato da un largo cappuccio che ne nascondeva il volto dalla fioca luce dei lampioni immersi nella nebbia di fine ottobre.
«Mi scusi, sa» disse Roger «il mio amico è piuttosto ubriaco, e anche io per dire la verità devo aver bevuto qualche bicchiere di troppo».
Visto che l’altro non rispondeva, Harvey riprese fiato:
«Amico, grazie per avermi sostenuto… ma lo sai che sembri la morte cicca?».
«È Halloween, Harvey!» gli sussurrò Roger.
Harvey sembrò ritrovare un barlume di coscienza:
«Ah, volevo ben dire! Lo sai che hai un bellissimo costume, amico?» disse, battendo una mano sulla spalla della figura, «ti manca solo la falce!».
L’altro continuava a rimanere in silenzio, ma Harvey sentì un brivido freddo percorrergli il corpo.
«Dai, andiamo, ti riporto a casa» disse Roger «abbiamo già disturbato abbastanza questo signore».
Harvey non sembrava molto convinto, ma si spostò di lato per lasciare il passo.
«Arrivederci, signore!» disse, accennando un plateale inchino.L’uomo fece un passo, poi si girò verso i due amici:
«Prima dell’alba ci rivedremo ancora» sussurrò con voce profonda, poi sembrò dissolversi nella notte.

«Che strano tipo!» esclamò Harvey.
«L’hai fatto incazzare».
«Perché, cosa gli ho fatto?».
«Prima gli sei franato addosso, poi gli hai alitato sopra ettolitri di gin, quindi l’hai preso in giro…».
«Che vada a fare in culo!» disse Harvey «e poi non era tutto gin».
«Hai ragione: c’era anche vodka, rum e ogni tipo di liquore bianco».
«The white night!».
«Già».

I due amici giunsero barcollando all’angolo della strada, svoltarono e si trovarono nella via principale della periferia, dove le automobili correvano rombando sulla strada fiancheggiata da lunghi filari di platani ormai senza foglie.
«Dove abbiamo lasciato la macchina?» chiese Harvey.
«Nel parcheggio a un chilometro da qui, ma sarà meglio rientrare in taxi».
«E perché? Tu non sei ubriaco?».
«Ubriaco come te no, ma quanto basta per farmi togliere la patente sì».
«Quante storie!».
«Va be’» concluse Roger «arriviamo alla macchina e vediamo. Devo avere un etilometro da qualche parte».
Un gruppetto di ragazzini urlanti quasi li travolse. Erano vestiti con maschere da scheletro o quelle facce bislunghe del film Scary Movie, qualche bambina con cappelli da fattucchiera.
«Ehi, fate attenzione!» li rimproverò Harvey.
«Stanno andando per le case a fare «dolcetto o scherzetto». Stasera è la loro notte».
«A me sembrano di cattivo gusto».
«Bah!» fece Roger «si divertono e non fanno male a nessuno. E poi ci sono anche adulti che si travestono, vanno a feste mascherate a tema…».
«Come quel tipo che abbiamo incontrato prima».
«Sì, anche se credo che in genere abbiano più fantasia».
«Quello faceva venire i brividi»,

Roger non rispose. Si stavano allontanando dalla zona illuminata dai negozi e adesso camminavano nella penombra dei lampioni.
«Ehi!» disse Harvey, improvvisamente sveglio «guarda quella ragazza!».
«Quale ragazza?».
«Quella là appoggiata all’albero, vestita da fatina sexy» disse Harvey, rimettendosi dritto e puntando deciso su di lei «magari aspetta un passaggio!».
«Harvey!» cercò di fermarlo l’amico «a parte che noi siamo a piedi, quella è…».
Intanto l’altro si era avvicinato alla donna, che nonostante il fresco della sera indossava un vestito scollatissimo sotto il piumone, una corta minigonna di pelle nera e stivali bianchi.
«Hey, baby!».
Lei si voltò, sorpresa, poi esaminò lo stato dell’uomo e realizzò in un attimo la situazione.
«Smamma, bello, devo lavorare».
«Ma cosa fai tutta sola? Non sai che le belle ragazze non devono andare in giro di notte?».
Adesso lei era visibilmente scocciata.
«Levati dai coglioni, idiota! Mi fai scappare i clienti!».
Harvey si ritrasse imbronciato.
«Ma cosa hanno tutti stasera? Si lamentò.
«Te lo stavo dicendo che quella è una OTR» disse Roger.
«OTR? E che sarebbe».
«On The Road».
«Ah, vuoi dire una puttana di strada?».
«Meglio tardi che mai!».
«A me sembrava… Be’, meglio così… non avrei voluto tradire mia moglie».
«Harvey, ma tu non sei sposato!».
«Lo so. Cosa c’entra?».

In qualche modo Roger riuscì a portare l’amico fino al punto in cui avevano posteggiato la macchina e a farlo entrare nell’abitacolo. Intanto l’aria fresca della sera gli aveva schiarito le idee e non si sentiva più così ubriaco come prima. La strada adesso era silenziosa, rade vetture passavano come fantasmi nella nebbia. Da quanto tempo avevano lasciato il pub? Non se lo ricordava, ma doveva essere già passata gran parte della notte.
Con uno sforzo si mise al volante. Vado o non vado? Si disse. Ma se non andava, cosa avrebbe potuto fare? Chiamare un taxi alle… girò la chiave e guardò l’orologio sul cruscotto… alle 4,15?
Ormai era chiaro che non c’erano pattuglie in giro, e se c’erano i poliziotti si dovevano essere imboscati da qualche parte in attesa della fine del turno. Anche loro erano uomini, no?
Roger si sentiva stranamente sobrio. Mise in moto, uscì lentamente dal parcheggio e si mise in strada. Ora si chiese se partire non fosse stato uno sbaglio: se non c’è quasi nessuno in giro, la pula potrebbe fermare proprio me…
Con questa paura percorse i dieci chilometri che lo separavano dall’ingresso dell’autostrada, poi una volta entrato si sentì al sicuro e si rilassò.

Uscì dal casello cinquanta minuti dopo e si fermò di fronte all’inizio della zona pedonale in cui abitava l’amico.
«Harvey, ehi, Harvey, sveglia!».
Harvey grugnì, roteò gli occhi, poi, sotto gli scossoni sempre più forti si decise a svegliarsi.
«Ehi, cosa succede? Che c’è?».
«C’è che è ora che tu vada a casa! A meno che tu non voglia venire fino a casa mia e dormire in macchina».
«Mhm, mi sembra che mi sia passato sopra un TIR… non è che potrei dormire da te?».
«Non se ne parla! Arriverò appena in tempo per svegliare mio figlio e preparargli la colazione prima che vada a scuola. Non voglio casini con la mia ex moglie».
«Va bene, va bene, quante storie! Se io fossi al tuo posto non mi fare mettere i piedi in testa da…».
«Certo, infatti tu non sei al mio posto e non devi rendere conto a nessuno. Al massimo al tuo fegato».
«Cosa ha il mio fegato che non va?».
«Niente! Non lo so! Ti vuoi levare di qui?».
«Che modi! Scendo, scendo».
Tutt’altro che sobrio, Harvey uscì in qualche modo dalla macchina e si avviò barcollando verso casa. Roger lo guardò andare per qualche istante, poi mise la marcia e ripartì. Ormai l’amico era in una strada chiusa al traffico, non c’erano pericoli, al massimo avrebbe cercato di aprire la porta sbagliata. Rise al pensiero.

Harvey camminava in mezzo alla strada. Era un quartiere signorile, ben illuminato, con due file di alberi ai lati della via e tante panchine di legno su cui sedersi e guardare la luna. Che però quella notte non c’era, ovvio, c’era la nebbia. Però stava bene, il senso di nausea era passato e nonostante il gusto del gin gli tornasse su di tanto in tanto in fondo non era spiacevole. Ma dov’era il suo portone?
Ricordava bene il suo indirizzo, ma le case nella nebbia gli sembravano tutte uguali. Possibile che non ci fosse neanche un cane a cui chiedere?
Harvey si fermò in mezzo alla strada, indeciso su dove andare, finché non vide un’ombra avvicinarsi. Un uomo! Allora qualcuno in giro c’era!
Gli si fece incontro, cercando di rimanere diritto:
«Signore, ehi, signore! Sa mica dove posso trovare il 57 di via Monteverdi? Sa io abito lì e… oh!».
Che strano, l’uomo era lo stesso che avevano incontrato a inizio serata, quel tipo bizzarro vestito con un mantello nero.
Quasi una vecchia conoscenza.

«Sei in ritardo» sussurrò l’uomo, con una voce che era poco più che un sussurro, fredda come i primi giorni di novembre.
«Senta… » farfugliò Harvey «io prima ero un po’ alticcio, lo ammetto, ma non sono in ritardo, non mi aspetta nessuno»
«Io ti aspettavo».
«Ah, che combinazione! Abita anche lei qui? Una bella serata, vero, un po’ umida ma non fredda… è finita anche la sua festa?».
L’uomo non rispose, e Harvey pensò che fosse ancora offeso per l’incontro precedente.
«Ehi, però vedo che adesso ha completato il suo costume» disse, in tono gioviale «lo sa che adesso è perfetto con quella lunga falce? Sembra proprio… sembra proprio…».