Il carrello stracolmo accostato al tavolinetto, Emma stava sorseggiando un caffè insieme ad Ilde casualmente incontrata. Si sentiva già stanca, sempre in giro per la spesa nel solito tran tran.
«Allora che mi racconti? Quale viaggio hai fatto di recente?» aveva domandato Emma. Conosceva la passione della sua amica per i viaggi, sicuramente avrebbe avuto qualche novità da raccontarle.
«Ho fatto il giro della costa irlandese».
«Caspita! È da tanto che desidero andarci» aveva esclamato Emma.
«E chi te lo vieta? Hai i figli grandi, tempo libero… e goditi la pensione! No?»
Emma guardava dentro la tazzina il poco caffè rimasto con aria seria, rimuginava e poi: «Mi piacerebbe, adoro quei film romantici ambientati sulle scogliere irlandesi, ma solo l’idea di fare le valige mi fa passare la voglia».
«Ah, no, cara Emma, questa è pigrizia acuta!».
Ilde la guardava con aria da rimprovero ma si vedeva che era per finta.
In quel mentre aveva squillato il telefono di Emma che aveva preso a rovistare nella capiente borsa borbottando tra sé e sé: «Ma chi…» e poi: «Ciao, Pina! Che piacere! Chi si sposa? Ah tua nipote Nicla… a New York? ».
Intanto guardava Ilde che la stava osservando ascoltando la conversazione. Poi, aveva esclamato: «Ioooo! E che c’entro io?».
Con aria perplessa, si stava grattando lievemente la testa come quando non sapeva cosa fare. Ilde la conosceva bene, c’era qualcosa che dava fastidio alla sua amica. Riconosceva quel tono un po’ in falsetto che aveva la sua voce quando era imbarazzata. Intanto Emma continuava :«Ma dai , lo sai che sono una pantofolaia e poi non posso lasciare casa… senti, ci penso su poi ti darò risposta».
Finita la telefonata, Ilde l’aveva osservata mentre rifletteva e diceva tra sé e sé.: «New York… mica Milano o Caltanisetta che pure pure non scherzano mica come distanza».
«Fammi capire, racconta» le aveva chiesto Ilde.
«Insomma… sua nipote Nicla, che da tempo risiede negli Stati Uniti, si sposa con un certo Dave e ovviamente l’ha invitata. Così, ha pensato di cogliere l’occasione per fare un giro di una decina di giorni in posti da definire ed ha pensato che con un’amica sarebbe stato più divertente. E, indovina un po’ a chi ha pensato?».
«A te».
«Già! Conosco bene Nicla perché da piccola stava spesso a casa mia, essendo coetanea e amica di Orietta, figlia di mio cugino».
«E ci vuoi andare?».
«Beh, si cioè no».
Ilde era sbottata a ridere: «Mi piace la tua chiarezza di idee! Complimenti».
«Dai, mi conosci»replicò Emma«sono curiosa, mi piacciono le novità, certo. Vorrei conoscere mondi nuovi, usanze diverse, ammirare paesaggi mozzafiato ma… poi mi dico che con un buon documentario e sprofondata in poltrona posso realizzare la stessa cosa con minore fatica e spendendo pure di meno».
Emma aveva scosso la testa e poi: «Ah, non è la stessa cosa e poi proprio non ti capisco. Hai la compagnia giusta, l’opportunità, i mezzi e ti lasci sfuggire l’occasione. Magari ce l’avessi io!».
Così quella conversazione era terminata con Emma che inizialmente era interessata solo agli ingredienti necessari per cucinare le cotolette alla bolognese ed ora stava invece analizzando quelli che sarebbero serviti per soddisfare i propri autentici desideri, forse da troppo tempo dimenticati.
Pochi giorni dopo, stava rientrando in casa quando all’ingresso del condominio aveva incontrata un’anziana signora del terzo piano sopra al suo appartamento. Stava trascinando a fatica un carrellino della spesa bello gonfio.
«Buon giorno, signora Adalgisa! Ma dove va con tutto quel peso da trascinare per le scale!».
L’ascensore era infatti rotto e le scale da affrontare davvero troppe per lei.
«Lo dia a me, glielo porto io in casa».
Una volta arrivate, Adalgisa aveva insistito per offrirle un the con i biscotti fatti da lei.
Aveva fretta , Emma, doveva andare a cucinare, non ne aveva voglia ma l’altra aveva insistito.
Certo, non accettare sarebbe stato uno sgarbo verso quella gentile vecchietta che le ricordava tanto sua nonna.
Nell’attesa che il the fosse pronto , si era guardata intorno nel salottino dove l’aveva fatta accomodare.
Le pareti erano letteralmente ricoperte di foto come pure altre erano incorniciate e poste sopra ai mobili. Osservò che in quasi tutte era presente quella che intuiva essere Adalgisa da giovane, spesso accanto ad un bell’uomo un po’ stempiato. In altre c’erano anche dei bimbi in riva al mare su una spiaggia piena di palme o imbottiti fino al naso sullo sfondo di piste da sci ardite ed innevate.
Adalgisa era arrivata un po’ traballante accompagnata dal rumore delle posate che vibravano sui piattini. L’aiutò ad appoggiare il vassoio sul tavolinetto davanti al divano, poi facendo cenno alle foto : «Ho visto che ha tantissime foto…».
«Ah! Sono le mie amiche e la mia consolazione» e poi notando lo sguardo interlocutorio di Emma,« Sono restata sola. Il mio Luigi se n’è andato 10 anni fa, mio figlio lavora a Trieste e mia figlia è sposata con un inglese a Glasgow».
Nel dire ciò aveva preso una foto incorniciata da sopra al tavolo. I suoi occhi erano pieni di dolce malinconia, con la punta delle dita aveva accarezzato ad uno ad uno i volti dei suoi cari, poi aveva aggiunto: «Questa è la mia scorta di felicità. Vengo spesso qui e rivivo tutti quei viaggi e bei momenti». Aveva lo sguardo sereno, Adalgisa, mentre le illustrava di alcune foto dove, con chi e quando erano state realizzate. Infine aveva aggiunto: «Certe volte mi sembra quasi di essere lì, di udire le loro voci, di rivivere quelle emozioni. Ma mi scusi, sa, non mi prenda per rincitrullita…».
E poi: «Ho impiegato una vita intera a costruire tutto questo e ora ne ricevo tanto calore».
Già, pensò Emma, Un giorno non potrò certo foderare il “mio salottino” di lasagne, cotolette e camicie stirate.
Una strana sensazione la accompagnava nello scendere le scale, una specie di appetito non saziato o una smania indefinita.
Sì, quella intrusione nei ricordi di Adalgisa l’avevano profondamente colpita. Entrata in casa,
andò subito al telefono.
«Pronto? Pina? Sai, per quella proposta…».
Foto tratta dal web. Testo dal corso avanzato di scrittura di Writer Monkey