LA FEMMINA ACCABADORA (fra leggenda e realtà)

Nella misera casa l’atmosfera era pesante, dolore, stanchezza, malumore, trasparivano dai visi degli abitanti. Una grande stanza dove si mangiava e si dormiva, dove l’intimità era costituita da una tenda che separava il letto dalla cucina, il bagno era fuori, una baracchetta con un buco nel pavimento. Per la notte un pitale era sistemato sotto il letto. In questo ambiente inospitale vivevano padre madre e cinque figli tutti in tenera età, non era facile dar loro da mangiare tutti i giorni, il lavoro scarseggiava e il padre si recava ogni mattina davanti ai cancelli della fabbrica sperando di essere chiamato a lavorare. Negli ultimi mesi si era aggiunto un nuovo problema a quelli già gravosi per la famiglia; il vecchio nonno si era ammalato, il dottore aveva detto che sarebbe morto in pochi giorni, invece il suo cuore lottava ferocemente per restare in vita e batteva ancora. Lo avevano sistemato nel letto “grande”, per gli altri vi erano giacigli improvvisati sul pavimento. I mesi passavano, le visite del dottore costavano, non potevano permettersi di chiamarlo spesso. Inoltre il povero vecchio nelle ultime settimane aveva perso il controllo della vescica e dell’intestino, tutta la casa era invasa da odori nauseabondi, una vera disperazione per tutta la famiglia.

Parlando a bassa voce il marito disse alla moglie: “Vado a chiamarla!”

Con le lacrime agli occhi lei rispose: “Non possiamo aspettare ancora un po’?”

“No, io torno stanco dal lavoro e non posso riposare, i bambini dormono per terra, tu non hai più un attimo di pace e in più questa puzza pestifera non riesco a sopportarla, non ne posso più, lo capisci?”

“Sì, lo capisco” disse la moglie abbassando il capo sconsolata.

Una voce stentata chiamò dall’altra parte della stanza:
“Nunziatì”

Scostarono la tenda e si avvicinarono al letto.

“Figli miei, andate a chiamarla… chiamate la femmina…”

Nunziatina scoppiò in lacrime.
“Non piangere figlia, è ora”.

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Notte fonda, due leggeri colpi alla porta annunciano il suo arrivo.

Nunzia apre la porta e una macabra figura vestita di nero da capo a piedi appare sulla soglia. Anche il viso è coperto quasi per intero da un velo nero.

E’ la “femmina accabadora”, cioè “colei che finisce”, che pone fine alle sofferenze dei malati gravi. La sua presenza incute timore e rispetto. Entra in casa con le braccia nascoste sotto il mantello, senza dire una parola si dirige in fondo alla stanza dove giace il vecchio malato. Con un cenno della mano impone ai familiari di uscire dalla casa.

Ora è sola col moribondo che emette lamenti continui  e respira a malapena. Apre gli occhi per un attimo e la vede; un lampo di gioia gli attraversa lo sguardo, ora sa che il dolore sta per finire. Riesce solo a sussurrare un “Grazie”, poi richiude gli occhi.  A questo punto la femmina accabadora estrae da sotto il mantello una mazza, fa una carezza al vecchio poi con un colpo violento e preciso lo colpisce alla testa.  Dopodiché torna verso l’uscita, i parenti si inchinano mentre se ne va, silenziosa e inquietante.  La famiglia rientra in casa, e prega vicino al letto del morto.

Ci sarà un modesto funerale, il letto si libererà e la vita riprenderà il suo corso normale.