Parte Seconda – Conclusione.
Ti ho cercato Lucynda, perché ho per le mani un caso simile al tuo, precisamente quello del carillon … ».
La detective lo interruppe:
«Fabricio, anch’io leggo i giornali, se non mi avessi chiamato lo avrei fatto io».
«Sono cinque anni che seguo quel caso, lo sai bene».
«Hai qualche informazione utile da darmi?» chiese ansioso Fabbri.
«Certo, querido, sto seguendo una pista, dove posso inviarti il dossier? Hai un indirizzo riservato?».
«Chi, io?».
«No, figurati, condivido tutto o quasi con Greta, la mia segretaria e con il mio vice», disse scoppiando in una fragorosa risata.
«Ci penserà lei, dopo ti richiamo e magari vieni a trovarmi qui a Milano e t’invito a cena … », aggiunse sempre sorridendo.
Mentre faceva il galante, fu interrotto dall’irruzione violenta di Borghini che si catapultò dentro l’ufficio come una furia, senza bussare:
«Commissario, forse abbiamo una traccia, una pattuglia ha trovato un corpo di una donna nel Seveso, dalle parti di San Giovanni … ».
«Scusa Lucynda, ti richiamo», tagliò corto Fabbri senza quasi salutare e impaziente di sapere.
«Siediti e dimmi tutto», indicando la sedia.
«Dunque, iniziamo daccapo», incominciò Borghini tirando fuori dalla tasca del giubbotto il suo taccuino.
«La donna, una certa Rossi Maria, di quarantacinque anni; è stata trovata un’ora fa da una pattuglia sull’argine del Seveso dalle parti di San Giovanni, con il viso sfregiato!».
«Affogata?»
«No, ammazzata di botte, il viso distrutto e poi l’assassino l’ha strangolata!».
«E chi è?».
«Che cosa c’entra con il nostro caso?».
«Sembra che avesse documenti falsi; lavorava come cameriera nell’albergo, dove è avvenuto l’omicidio, il nostro e, da una veloce indagine, sembra che il suo vero nome fosse di una certa Harryson, originaria di Londra, residente a Barcellona all’epoca del presunto omicidio, ospite della camera 221».
«Era sposata con un certo Rodriguez Gonzales Juan, senza precedenti e che fosse segretaria e fac-totum di un uomo d’affari di Barcellona, un po’ losco, in verità e si pensava potesse essere il presunto cadavere della donna scomparsa cinque anni fa …».
«Tutto presunto, niente di certo; sei tu che l’hai collegata all’altro caso?».
«Abbiamo delle prove?».
«Troppe domande e poche risposte», commentò Fabbri irritato poi, si alzò in piedi urlando:
«Greta, richiama subito l’investigatore Morositas».
«In arrivo, capo», rispose lei di rimando attraverso la porta chiusa.
«Pronto Fabricio, lo sapevo che mi avresti richiamato; se non mi avessi interrotto, ti avrei comunicato che le mie tracce mi portano proprio nella tua città: Milano».
«Intanto, leggi il dossier che ti ho spedito; io prendo il primo aereo per Milano», aggiunse Morositas, con il suo morbido accento spagnolo, senza dargli il tempo di rispondere, troncando la telefonata.
Fabbri si lasciò cadere sulla sedia, spossato e commentò:
«Borghini, fatti dare il dossier che ha mandato la collega di Madrid», indicando con il capo l’ufficio accanto.
Anche se non l’aveva nominata, Greta spalancò la porta con il viso in fiamme, gli occhi fuori dalle orbite e iniziò a parlare in modo così concitato che non si capiva nulla.
«Greta, calmati, che cosa stai farfugliando?».
«Che diavolo ti succede oggi?».
«Sei impazzita?».
Fabbri non l’aveva mai vista così.
«C’è lei al telefono, quella famosa, vuole parlarle» blaterò.
«Di che cosa e di chi stai parlando?»
«La famosa, chi???», si spazientì.
«La scrittrice, la famosa Signora del Giallo!»
Fabbri la guardò truce con gli occhi fiammeggianti.
«La García?»,
«Che vuole?», disse in modo sgarbato.
«Vuole parlare con lei».
«Ed io non voglio, dille che sono appena uscito e sono molto impegnato; porta subito il dossier che ti ha mandato Morositas e chiudi la porta.».
«Non passarmi nessuno, non voglio essere disturbato per nessun motivo finché non te lo dico io», aggiunse.
«Quando è troppo, bisogna essere duri», commentò tra i denti guardando severamente Borghini che non aveva mosso un muscolo ed era rimasto seduto rigido e imbalsamato come un manichino.
Sapeva perfettamente che non era conveniente fare incavolare il suo capo.
Fabbri improvvisamente si alzò:
«Donato, ho cambiato idea; ho bisogno di una boccata d’aria».
«Esco a fare due passi, vai nel tuo ufficio, leggi il dossier, confronta i tuoi appunti, parla con la scientifica e quando torno, facciamo il punto».
Le cose stavano andando troppo veloci e Fabbri non era il tipo che si faceva prendere impreparato, voleva avere delle certezze prima dell’arrivo di Lucynda: era una questione di orgoglio maschile.
Pensò di chiamare il Questore, invece, uscì alzando le spalle e si avviò lungo il viale alberato, sul quale si affacciava l’ufficio.
Conclusione.
Quattro ore più tardi, Fabbri e Borghini lasciarono che Morositas finisse di parlare annuendo e approvando con il capo.
«Concludendo», disse lei, la storia si può riassumere così:
«Rossi Maria, alias Harryson Mary, lavorava per un uomo d’affari che nascondeva la sua losca attività dietro una ditta di Import Export a Barcellona».
«In realtà, organizzava incontri con escort di lusso che le imponeva il suo capo che la ricattava con la minaccia di rivelare al marito geloso una loro breve storia di sesso di tanto tempo prima».
«Il marito, Juan Rodriguez Gonzales, apparentemente innocuo, la maltrattava da sempre e lei ne aveva paura».
«Nel corso delle indagini», proseguì Lucynda, «avevo indagato su entrambi gli uomini che, però, apparentemente, possedevano entrambi un solido alibi».
«Mi lasciai fuorviare dalla reputazione dubbia dell’uomo d’affari lasciando fuori il marito».
«Quando trovammo le tracce della donna nella stanza del carillon, compresi che stava fuggendo, ma non avevo capito da chi».
«Rintracciai la donna, la feci seguire fino a Marsiglia dove lavorava sotto un falso nome francese; poi fin qui a Milano dove si manteneva come cameriera nell’hotel dov’è avvenuto il secondo fatto».
«Compresi chi era l’assassino il giorno che mi hai cercato quando, per caso, scoprimmo che il marito l’aveva seguita sia a Marsiglia sia a Milano».
«E così, non si trattava di chissà quale losco intrigo ma di un delitto passionale», affermò Fabbri.
«Sì, il marito pensava che Mary fosse in un giro di prostituzione, mentre lei organizzava solo gli incontri».
«Preso dalla sua morbosa gelosia, la affrontò nella camera dell’albergo di Barcellona, quello del famoso carillon, la picchiò selvaggiamente ma lei riuscì a sfuggirgli con l’aiuto dell’uomo d’affari che la fece espatriare sotto falso nome».
«Perciò il carillon non c’entrava nulla, era solo uno dei pochi vezzi che si concedeva la donna, li collezionava?» aggiunse Fabbri.
Un silenzio meditabondo scese sui tre investigatori.
«Sappiamo che il marito è qui», proseguì Morositas, «bisogna trovarlo e collegarlo al delitto con delle prove concrete, non con delle supposizioni!», finì rivolgendosi al commissario Fabbri in cerca di aiuto.
Borghini rispose al telefono, usci dall’ufficio e poco dopo tornò con il viso raggiante:
«Non ce ne sarà bisogno, il Rodriguez è qui: è venuto a costituirsi, ha portato a termine la sua vendetta».