Se a Paddy fosse stato chiesto di definire Tina, l’avrebbe sintetizzata in tre parole: The Big Bang, l’esplosione primordiale, l’incandescente caos da cui era poi generato l’universo.
Era questa Tina, un insieme di particelle anarchiche in continua/discontinua espansione, così da rendere il suo nucleo centrale irraggiungibile. In sintesi, nessuno avrebbe potuto mai davvero possederla.
E di questo ne era assolutamente certo: Tina era una magnifica supernova d’ammirare alla distanza per non rischiare d’essere liquefatti dalla sua incandescenza, distruttiva e spettacolare.
Cosa Paddy provasse nei suoi confronti era difficile anche per lui stabilirlo, sapeva, però, che quando c’era lei tutto era diverso, senza mezzi termini, a tinte accese e senza schermature. E su quest’ultima riflessione aveva provato ad immaginare come sarebbe stato soggiacere in quel suo nucleo incandescente. Chet lo aveva sperimentato e per poco non ci aveva rimesso la pelle. Lei era una mina vagante che illuminava il mondo al suo passaggio per il tempo necessario a preannunciarne la presenza e l’imminente esplosione.
Di certo quel negro era nato baciato dalla fortuna, aveva avuto una donna come Tina e, nonostante i casini in cui si era cacciato era ancora vivo. Grazie a lui e a padre Murray, no… se fosse stato per lui quelli del KKK, a Chet potevano anche fargli la pelle, non ne avrebbe sentito la mancanza, ma era stato il prete ad intervenire, dopo aver ricevuto la soffiata in confessionale da una pecorella smarrita e poi pentita su quello che gli incappucciati del KKK stavano tramando ai danni di Chet, coinvolgendo così anche Paddy.

«Hai sempre avuto una fantasia straordinaria, Paddy, e sei bravo con le parole, virtù che a me difettano… mi hai perfino scritto i versi di una poesia da dedicare a Mairin».
Il prete lo aveva gratificato con una pacca sulle spalle, e poi era scoppiato in una gran risata.

«Se solo avessi saputo che la poesia era per mia sorella col cazzo che te l’avrei scritta, bastardo d’ un irlandese!».
E per gioco, Paddy, aveva finto di sferrargli un pugno nello stomaco.

Ma era vero che Liam, quando erano ragazzi, aveva fatto spesso ricorso alle doti letterarie dell’amico per una lettera d’amore, i versi di una poesia o le frasi per una dichiarazione.  I due  s’erano così ritrovati a rivestire i ruoli di Cyrano de Bergerac e di Cristiano de Neuvillette. Paddy soprattutto, che al pari del celebre spadaccino era dotato di un raffinato talento letterario ma nessuna avvenenza fisica.Troppo alto, troppo magro, spigoloso, impacciato, rugoso fin da giovane, la sua unica bellezza erano gli occhi chiarissimi, cangianti, che riflettevano le sfumature della luce e delle sue emozioni. Ma questa sua pregevole peculiarità, anziché essere per lui punto di forza, s’era ascritta nel novero delle sue timidezze, e per giunta come la più disastrosa, poiché egli  era consapevole di essere un libro aperto che tutti potevano leggere. Ma di tenere sotto chiave la sua anima così da non mostrarla attraverso gli occhi, nonostante tutti i suoi tentativi, non gli era mai riuscito, e allora prima che la frustrazione prendesse il sopravvento relegandolo nel limbo degli asociali, s’era studiato di far concentrare l’attenzione sulle labbra, ché le parole gli erano amiche, con quelle sapeva destreggiarsi,  giocare d’attacco o in difesa, al fine di preservare l’intimità della sua anima. E in ultimo, come Cyrano, poter esclamare: ed al fin della licenza io tocco!

Liam, invece, era lo scavezzacollo, l’intraprendente, la simpatica canaglia che tanto successo riscuoteva tra le donne. Fisico da boxeur e faccia d’angelo, predisposto più alla pratica che alla teoria, di quelli che alle parole preferiscono i fatti, anche se quell’istinto all’azione si sarebbe potuto rivelare controproducente. Ma non per lui, che la sua buona stella, quando non riusciva a tradurre le catastrofi in successi, molto le ridimensionava. Fidando in questa sua perdurante impunibilità (era passato indenne attraverso situazioni alquanto scabrose, più che altro faccende di donne o qualche goliardata, niente mai d’illegale), non s’era mai curato di adottare comportamenti più prudenti, fino a quando s’era trovato a sconfinare in territorio mormone per corteggiare Chelsea, la bella figlia di un Sommo Sacerdote di Melchisedec. Integralista e fondamentalista, il Sommo Sacerdote aveva speso la sua vita a sottomettere ai precetti della religione la comunità e la sua famiglia, e così non aveva affatto digerito la presenza aliena di Liam che s’aggirava nell’ombra, seppur oltre confine, per corrompere quella sua figlia, che pure non s’era mostrata insensibile alle sue attenzioni.
Aveva allora segregato in casa la ragazza, permettendole di uscire solo per andare a scuola e assistere alle funzioni religiose.
E sempre sotto stretta sorveglianza. Ma questo, anziché farla desistere, aveva destato in lei il germe della ribellione, così che a una certa ora scivolava fuori dalla finestra e raggiungeva Liam che l’attendeva al fiume.
Facevano l’amore senza nessuna promessa d’eternità. Paradossalmente era Chelsea a non esigerne perché non era all’amore che aspirava ma alla libertà. E Liam lo aveva capito.
Poi, una sera, il Sommo Sacerdote, armato di pistola, li aveva raggiunti nel loro posto segreto. Freddamente,  senza una parola, aveva sparato uccidendo la figlia e poi aveva rivolto l’arma contro di lui che però era riuscito a schivare il colpo e a fuggire. L’uomo non aveva neppure tentato d’inseguirlo, s’era puntato la pistola alla tempia e s’era ucciso.
La buona stella di Liam s’era offuscata, così dopo aver reso la sua testimonianza alla polizia era partito senza salutare nessuno, neppure il suo migliore amico. Era stato allora che le loro strade s’erano divise.

«Non mi inorgoglisce il fatto di aver salvato la pelle a Chet Holliday» aveva detto Liam Murray, come parlando tra sé.

Paddy lo aveva guardato stupito.
«Però l’abbiamo fatto, no?» Una domanda ironica, questa, che sottintendeva un’affermazione.

«Capiscimi, quel negro è un bastardo della peggiore specie, che tratta le donne alla stregua dei suoi tanti vizi, ma Tina non l’ha violentata, gli si è concessa spontaneamente».

«Quindi è stato giusto salvarlo…».

«Lo sai quello che si dice in giro? Che i veri violentatori di Tina giacciono in fondo al lago. Che siano dannati in eterno! E per quanto riguarda Chet… bè, anche per lui la sua buona stella non brillerà per sempre».

«Già».

Il prete aveva allora guardato pensieroso l’amico.
«C’è qualcosa che ti rode dentro, Paddy, e forse sarebbe il caso parlarne».

«Non c’è niente di cui parlare. Sei stato tu a tirarmi dentro questa storia! Stavo pensando a Tina…  Le donne sono strane. Non le capirò mai» aveva risposto l’irlandese, scuotendo la testa e fissando il fumo della sua sigaretta.

«Non mi meraviglio dal momento che non hai mai neppure tentato. Comunque non c’è nulla da capire, perché ogni donna è diabolicamente diversa da tutte le altre. Non ce n’è una che puoi prendere come punto di riferimento, alla quale ispirarti per capirle, così devi amarle per quelle che sono nella loro unicità. Nel bene e nel male, proprio come recita il sacramento del matrimonio. Per chi credi sia stata scritta quella formula?».
Una riflessione semi seria, questa di padre Murray, che lo aveva fatto sorridere.

«Anche Tina, immagino…».

«Soprattutto Tina».
Quella risposta coincisa somigliava molto ad un ammonimento.

«Vi vedo spesso insieme. Stare con te non è un male per lei, puoi insegnarle molte cose, la ragazza è sveglia e apprende all’istante. Ma stare con lei, invece, può rivelarsi deleterio per te. Soprattutto se te ne innamori».

«Come se innamorarsi o meno fosse una questione di volontà» aveva ribadito Paddy

Il prete lo aveva guardato negli occhi e lui, sentendosi allo scoperto, incapace di mistificare le proprie emozioni aveva assecondato il suo bisogno, almeno per una volta, di dar loro voce.

«E così sei innamorato di lei!».
La voce di padre Murray era risuonata dolce e triste insieme.
«Sono l’ultimo uomo sulla terra, Paddy, a poter pontificare sull’argomento, io che mi sono fatto prete per amore di una donna non posso certo farti la morale, ma almeno metterti in guardia da te stesso prima ancora che da lei. Se solo fosse in mio potere indurti a partire, porre quanta più distanza tra voi, per evitarti un…».

«Evitarmi cosa? Un dolore? Un trauma? Una delusione? Come se non fossi consapevole di me stesso! Ho il doppio dei suoi anni e non sono né bello né ricco. Nessuna dote e nessun’attrattiva. Eppure questa mia contezza non mi ha protetto, non mi ha impedito d’innamorarmi di lei. Ci sono infiniti modi di amare, e a me basta vederla, stare con lei anche solo per parlare, sentirla ridere e quando occorre smorzare le sue collere. Non chiedo altro. E quando affermi che per lei sia un bene stare con me perché posso insegnarle tante cose, ti dico che sbagli, che sono io col doppio dei suoi anni ma con nemmeno la metà delle sue esperienze, ad imparare da lei»

Al diluvio delle parole era seguito un breve silenzio. Paddy s’era acceso un’altra sigaretta mentre padre Murray scrutava pensieroso il liquido ambrato nel suo bicchiere. Poi s’era alzato, aveva tratto dalla credenza un bicchiere che aveva riempito e, offrendolo all’amico, aveva detto: brindiamo alla vita. Alle esperienze. All’amore. E a quello che sarà.