L’insurrezione era fiorita su i cigli delle strade, ruggiva nel cuore pulsante delle città, si coglieva nei sorrisi della gente, era il bacio tra due estranei, il profumo della libertà.
Era i volti sporchi di fuliggine di chi aveva vissuto dentro rifugi di fortuna.
Era i fazzoletti al collo dei ragazzi e ragazze che scendevano dalle montagne e il cui sangue vermiglio, si era mescolato ai germogli verdi della primavera.
Era l’alba, era la rugiada, era il fumo delle fabbriche, era l’aratro dei contadini, era l’odore dei libri.
Di questa alba, tanti avevano concorso senza vederla, solo immaginata.
Nemmeno l’alba era certa, nel sonno della ragione.
Ora l’alba era tenera, una dolcissima amante, vestita solo di luce e colori.
Nel vento, i capelli, tra le mani, un avvenire da costruire.
La fatica degli ideali, affidata allo slancio e ai sorrisi di chi coglieva un fiore, per donarlo alla memoria dei morti, e all’amata.