«No, no, no e poi no!»
«Ma perché, mamma? Cosa ho fatto di male?»
«Cosa hai fatto? Ma se ti ho trovata che posavi nuda per quel… quello scultore, quel mascalzone, quel…»
«Non mi ha fatto niente! Mi ha dato dei soldi, ecco…» disse Alice tirando fuori dalla borsetta di tela un fascio di franchi.
«Neanche francese, te lo sei preso! Polacco! Potevi…»
«Non mi sono presa niente! Ho solo posato per lui…».
«Nuda!»
«Certo! Gli servivo così».
«Gli servivi! E quando gli servirai a letto?».
«Mamma, ti prego!».
«Sparisci, non ti voglio più vedere, non ho più una figlia! Putain!»
Augustin è seduto di fianco ad Alice, su una panchina di ferro poco lontana dall’Impasse Ronsin. Cosa era venuto a fare lì? Non lo ricorda, stava solo passeggiando sotto quella pioggerella sottile, quando ha incontrato quella ragazzina che gli sembrava di avere già visto.
Lei lo ha riconosciuto, non ci sono dubbi, infatti gli parla con la confidenza che si riserva ai conoscenti, se non agli amici. Si offenderebbe se le confessasse che lui invece…
Probabilmente sì, così cerca di incoraggiarla a parlare, nella speranza che gli riveli qualcosa di più, una scintilla che accenda il ricordo nella mente. Come spiegarle della sua malattia?
«Un uomo con la barba argentata, che non si separava mai dal suo bastone con il puntale d’argento?» chiede.
«Sì, lo conosci?».
Augustin si accarezza il mento: «Credo di sì, devo averlo visto alla Ruche. Mi sembra una persona a posto, non uno che importuna le ragazze.»
«Infatti! Ma vallo a spiegare a mia madre!».
«Vedrai che le passerà l’arrabbiatura».
«Tu non la conosci. E comunque non passerà a me. Lei non ha più una figlia? Ebbene, io non ho una madre!».
Alice si è alzata, furente, e lui ne approfitta per studiarla: gli occhi scuri sotto il caschetto di capelli neri sono duri come onice, ma la figura non è quella di una ragazzina.
«Quanti anni hai?»
Lei si calma di colpo e lo guarda intimidita: «Diciotto».
Augustin alza le sopracciglia.
«Diciassette. Sedici» ammette.
«E dove vuoi andare a sedici anni in questa città?»
Alice alza le spalle. «Continuerò a fare la modella!» dice, «e se lo scultore non mi vorrà più troverò altri artisti! Non sono venuta in treno sin qui e lavorato come una bestia per niente».
Il treno! D’improvviso Augustin ricorda.
«Piccola Alice» dice, «non dubito che tutti vorrebbero ritrarre la tua bellezza in fiore, ma devi capire che di soldi a Montparnasse ne girano ben pochi, specialmente in questo periodo».
La ragazza lo fissa, esitante. L’uomo ha ragione: lei stessa si è accorta che non è tutto oro quel che riluce, e che molti degli artisti incrociati in quei giorni hanno l’aria di miserabili, non certo di ricchi signori.
«Forse potrei trovarti un lavoro» dice lui, interpretando il suo silenzio.
«Un lavoro?».
«Sì, conosco il caporeparto di una fabbrica a Saint-Ouen che mi deve un favore, potrei presentarti a lui».
«Ma io non voglio lasciare questo posto!».
«Potresti restare lo stesso a Montparnasse. Certo, dovresti fare la strada due volte al giorno…»
«La distanza non mi spaventa!» risponde felice Alice.
«Allora per prima cosa vediamo di trovarti un appartamento in affitto qui. Non dovrebbero esserci problemi, con tutta la gente che è partita per la guerra».
Alice segue tutta contenta Augustin, quasi saltellandogli accanto. Avrebbe avuto un lavoro in fabbrica e avrebbe continuato a posare. E magari avrebbe diviso la casa con quello strano uomo. Anche se è più grande sembra gentile, e lei ha l’età per non vivere da sola. E poi gli ricorda il padre che non ha mai avuto…

Ma non finirà così. Augustin l’aiuta a trovare un appartamento, poi, il giorno stesso, l’accompagna in fabbrica e la presenta a Léon, l’uomo a cui aveva curato la moglie, che è ben felice di sdebitarsi, anche perché l’industria bellica ha sempre più bisogno di lavoranti. Poi sparisce nel nulla da cui era comparso.

La guerra! Ormai sono anni che si combatte, e nonostante i tedeschi non siano mai riusciti ad arrivare a Parigi, i Taube e gli Zeppelin continuano a bombardare la città, seminando morte e panico tra gli abitanti che cercano in qualche modo di ripristinare una sembianza di normalità. Ma più che le bombe, a renderla impossibile sono la mancanza di cibo e di combustibile per riscaldarsi. Molti castagni dei boulevard sono stati abbattuti per farne legna da ardere e ogni giorno di più tutti hanno la prova di quanto la vita sia diventata precaria.
Un giorno, infine, il padrone della fabbrica prende Alice da parte e le dice che deve licenziare lei e tutte le operaie nubili per dare lavoro alle donne con figli o con il marito sotto le armi. Ordine del Governo, dice, e forse è dispiaciuto davvero.
Così, senza lavoro e non potendo più pagare l’affitto, Alice finisce da un giorno all’altro in mezzo ad una strada.