Sono donna allo specchio,
in un riverbero di luce.
Dispersa in ere distanti
infinità di primavere,
con l’odore mutato,
che ancora sa di me,
di me, com’ero.
Già sono stata donna,
fuori e dentro lo specchio,
in bilico, tra la prima estate
ad applicare rimmel
appena concesso
e il mattino assolato
in cui scoprirmi madre.
Sono loro, sono lei, e altro.
Sono il lascito
di sonore risate e rari pianti.
Sono imperfezione autentica,
sono palpebra
che ancor non cede
alla gravità,
non del tutto, almeno.
Sorretta, ancora, dall’eco
delle donne che sono stata.