«Eccoci!»
Augustin indica il lungo edificio davanti a loro. Sono appena arrivati a Place de Notre Dame e il vento freddo del nord spazza senza pietà il pavé e i pochi coraggiosi che si avventurano all’aperto. Ha anche ripreso a piovere.
La donna è intimidita dalle dimensioni del palazzo: «È quello?» chiede.
«Non si faccia ingannare dalle apparenze: nonostante la sua maestosità l’ospedale accoglie qualsiasi persona abbia bisogno di cure. Dal 651».
«Non mi sembra così antico!».
«Non lo è, naturalmente» ride Augustin. «La leggenda, o la storia, dice che è stato fondato da San Landerico in quell’anno, ma è stato ricostruito più volte. Credo che l’aspetto attuale sia di pochi decenni fa».
«Oh!».
«Ma venga, non lasci sua madre sotto quest’acqua!».
Arrancando mentre sostengono la vecchia, i due raggiungono l’ingresso dell’ospedale. Come hanno superato la volta e sono entrati nel freddo stanzone che precede l’atrio vero e proprio Augustin si avvicina ad un portone in legno rivestito di ferro e alza un pesante batacchio, per farlo ricadere poi con grande fragore. Dopo un minuto ripete l’operazione e finalmente la porta si schiude e un uomo che sembra uscito da un racconto di Victor Hugo viene loro incontro zoppicando e aiuta l’anziana a sdraiarsi sopra una specie di carriola, poi, senza parlare, si avvia verso l’interno e si ferma alcuni metri più in là.
La donna lo guarda allontanarsi, poi si rivolge al suo accompagnatore.
«Sì, credo che la possa seguire» dice Augustin, interpretando i suoi pensieri, «l’ospedale è soprattutto un luogo di ricovero, con questo tempo, poi! Vedrà che daranno cibo e riparo anche a lei».
«Anche a me?».
Augustin si volta, e vede che poco prima della soglia è ferma la ragazza che era con loro sul treno.
«Ha una figlia? Mi perdoni, non me n’ero accorto…»
«Non è mia figlia, ma la conosco perché proviene dal mio stesso villaggio» dice la donna. «Si chiama Alice e ha quattordici anni, anche se così magra non sembra».
L’uomo la guarda meglio: in effetti più che una bambina sembra una ragazza, alta per la sua età, magra, con le labbra sottili e un naso dritto ma leggermente lungo, occhi scuri e uno sguardo che riesce a farsi strada anche seminascosto dal cappello floscio e dalla pioggia.
«È… è molto carina» si lascia sfuggire.
La donna fa una smorfia: «Tra qualche anno farà girare la testa a molti uomini. Sua nonna mi ha chiesto di accompagnarla, ma con mia madre in queste condizioni…».
È un invito? Augustin non riesce a dimenticare quello sguardo: «E farà male ad altrettanti» sussurra.
«Lei non si ferma?»
«No, devio vedere delle persone, almeno, se le trovo. E poi…».
La donna resta in attesa che finisca la frase, ma visto che non continua, insiste: «E poi?»
«Niente, lasci perdere».
«Ma guariranno mia madre?» chiede ancora, trattenendolo per una manica.
«Faranno il possibile, signora. Molto dipende dalla sua fibra».
Non trovando più scuse per fermarlo, la donna gli lascia il braccio, facendo un passo indietro.
«Grazie, signore» dice, «forse ci rivedremo. Il mio nome è Marie».
Poi si volta verso la ragazza, che continua a restare in disparte: «Venez ici, Kiki!»
«Vada, si affretti!» la esorta lui, seguendola con lo sguardo mentre lei e la ragazza si allontanano lungo il corridoio, sotto le alte volte gotiche.
Il custode lo sta osservando per capire se vuole entrare anche lui, ma visto che così non è chiude la porta. Sospirando, Augustin si tira sul capo il cappuccio del mantello e si avventura sotto la pioggia.

Chi gliel’ha fatto fare di andare nella direzione opposta rispetto alla sua destinazione? Augustin alza le spalle: sa benissimo che quella è una sua debolezza, una delle peggiori. Non se l’è sentita di lasciare che quella vecchia morisse in mezzo ad una strada. Non che andrà molto lontano, è difficile che una alla sua età sopravviva ad una polmonite, ma chissà, le campagnole a volte hanno una fibra forte, sono attaccate alla vita come gli ulivi alla terra. Il problema è che adesso lui è molto più lontano da Montmartre, piove e fa un freddo tremendo. Augustin alza le spalle: è la vita, non è da lui prendersela per il tempo o per una serata gettata via. Montmartre può aspettare.

Come mette piede in boulevard du Montparnasse, Augustin si ferma per un attimo ad osservare gli alti palazzi, di tre o persino quattro piani, che fiancheggiano l’ampia strada. Lì, contrariamente all’ Île de la Cité, c’è un fitto via vai di persone che fanno gli ultimi acquisti prima della chiusura serale, sgomitando sugli stretti marciapiedi, attenti a non mettere le scarpe nelle pozzanghere. Un tram a cavalli transita rumoroso al centro della strada, con tutta l’aria di non curarsi dei malcapitati che si fossero trovati sul suo cammino. Il tutto ha l’aria di una scena di paese, ma un paese grande almeno cento volte quelli che lui ha frequentato ultimamente.
Dai, si dice, non puoi restare qui, altrimenti finirai anche tu per ammalarti!
Non ha smesso di piovere e bastano pochi passi per sentire il freddo pungente entrare nelle ossa.
Non sa dove andare, sa che a Montparnasse può incontrare gli artisti di cui ha sentito parlare, ma non sa dove trovarli. Si ferma davanti alla vetrina di una brasserie. Dentro vede uomini conversare davanti a grossi boccali di birra, e il loro abbigliamento dà ad intendere che il locale sia ben riscaldato. Con un gesto fa tintinnare le monete che ha in tasca, e decide che può permettersi una birra e qualche minuto di caldo, così entra e si guarda intorno. Contrariamente a quello che si aspettava il locale è tranquillo e pulito, non sembra neanche di essere a Montparnasse. Un cameriere si avvicina premuroso.
«Prego, signore, vuole accomodarsi?» chiede, indicando uno dei tanti tavoli liberi.
«Sì, grazie» risponde Augustin. Poi cambia idea e si ferma. «Come mai non c’è quasi nessuno?»
Il cameriere lo guarda stupito: «Come, nessuno?» dice, indicando alcuni avventori, «abbiamo la solita clientela…».
«No, mi scusi, intendevo gli artisti, i bohémien. Ho letto che i locali di Montparnasse ne erano pieni».
«Ah, quelli! Vanno e vengono, ma per fortuna adesso sono andati». E ride alla sua battuta. Poi indica un tavolo e ammicca: «Questo è un locale serio, per gente perbene. Prego».
Augustin scuote la testa, rassegnato: «No, grazie, ho cambiato idea, credo che prenderò ancora un po’ di pioggia». Ed esce nella strada ignorando l’esterrefatto cameriere.
Quanto è lontana Montmartre?