Hillary Augustin, era scesa dal taxi e prima di varcare la soglia del rilucente palazzo di vetro e d’acciaio della “WM EDITIONS” s’era fermata un secondo a rimirarlo, come una turista qualsiasi, stupita ed emozionata, dal caleidoscopio di arcobaleni che sulla sua superficie si riflettevano.
Quell’emozione si rinnovava, immutabile ed intensa, tutte le volte che lei si trovava nei pressi.
In effetti tutti i giorni, perché Hillary Augustin, era proprio lì, in quel fiabesco palazzo di specchi, ingegno di architettura poetica, e considerata l’ottava meraviglia del mondo, dove lavorava ma, soprattutto, ne era la proprietaria.
Rimirava, con giusto orgoglio, l’immane colosso di vetro e d’acciaio che lei, poco più che quarantenne, aveva creato dal nulla, partendo da se stessa e dalle sue uniche risorse, e che ora viveva pulsante del cuore e vibrante dell’intelligenza delle centinaia di persone che vi operavano: tutte eccellenze nel settore di riferimento, che perfino gli addetti alla reception erano multilingue e con svariate lauree.
D’altronde la “WM EDITIONS” s’era affermata come la più grande casa editrice del pianeta, per cui le specializzazioni al suo interno erano d’obbligo.
Ma lo staff di “the boss” (cosi Hillary Augustin veniva chiamata, con affetto e simpatia, da tutti i suoi collaboratori, e poi dopo anche in famiglia, per via di quel suo carattere all’apparenza dolce e quasi remissivo, in realtà una ben collaudata, femminile strategia, con la quale Hillary riusciva sempre a perseguire i suoi scopi), quello dei suoi più stretti collaboratori si riduceva a due sole personalità: quel genio delle arti grafiche che rispondeva al nome di Lawrence Center, nell’ambito WM col ruolo di art – director, ma che pure era in grado di risolvere con la sua sensibilità e discrezione, i tanti, grandi e piccoli problemi giornalieri, a livello tecnico e umano. E l’altra eminenza era Faber Paradise, editing, critico, scrittore, sceneggiatore, talent scout ma, soprattutto, padre putativo, nel campo dell’editoria, di “the boss”.
Altra figura in cui Hillary e il suo ristretto team ponevano fiducia illimitata era Donata Village, la lettrice n° 1 della WM EDITIONS che capitanava il piccolo esercito dei lettori dei manoscritti: a lei, e solo a lei, spettava la prima, importante selezione delle opere proposte.
Incorruttibile e cristallina, Donata Village, era stata soprannominata ” the thumb” per via del timbro che apponeva sotto la sua firma, “pollice alto” o “pollice verso”, a promuovere o bocciare le opere in visione.
Ma torniamo a questa specifica mattina, quando incontriamo per la prima volta “the boss” occhiali scuri, fasciata in un abitino nero, minimal ma estremamente sofisticato, della stilista (ma anche scrittrice e poetessa) Patty Mandy, e con naturalezza calza raffinate decolleté tacco 13, sulle quali, senza vacillare, sta per fare il suo ingresso nel palazzo della “WM EDITIONS”
A proposito della sua passione per le scarpe dai tacchi vertiginosi, proverbiale era stata la sua risposta ad un giornalista che malamente ironizzando con una metafora, le aveva chiesto se non temesse di precipitare d’altezze così elevate, con uno sgambetto o una spinta o una semplice storta. Senza scomporsi Hillary aveva risposto citando il drammaturgo Neil Simon: se non si rischiasse mai nella vita, Michelangelo avrebbe dipinto il pavimento della cappella Sistina.
…e lei, così giovane e già così affermata, di rischi ne aveva ben corsi e senza mai tirarsi indietro, consapevolmente e onorevolmente giungendo alle vette non solo di un tacco 13 (in realtà ne aveva sfoggiati anche di ben più alti) ma a quelle di un successo planetario e la sua indiscussa affermazione personale: quarant’anni, bellissima e vincente.
Questa la biografia pubblica di Hillary Augustin .
E poi c’era l’altra, quella blindatissima della sua vita privata.
Ma lì nessuno avrebbe mai avuto accesso.