Capitolo dodicesimo

La vita di Caterina, nonostante i guai di salute che peggioravano lentamente ma inesorabilmente, era piena di cose belle: Giuseppe che le voleva bene, una famiglia meravigliosa alle spalle, un buon lavoro, tanti amici.
Improvvisamente il mondo le crollò addosso: tutto cominciò con mamma Franca e papà Vittorio; a distanza di due mesi fu diagnosticato a lei un cancro al fegato e a lui ai reni.
Erano ancora abbastanza giovani, soprattutto mamma Franca aveva ancora tanta voglia di vivere.
Però lei, che era sempre stata terrorizzata dalle malattie, si comportò con grande coraggio, pur sapendo, fingeva per non far soffrire i suoi cari.
Anche papà Vittorio fingeva, anche con se stesso. Era moribondo e quando qualcuno gli chiedeva come si sentiva, rispondeva sempre: benino.
I tre figli Nicolini si unirono ancora di più nel dolore: Marisa con Tullio, Caterina con Giuseppe e Nino che nel frattempo si era sposato, con Maria.
Caterina dovette lasciare il lavoro a Sestri, lo fece a malincuore ma non riusciva fisicamente a fare tutto.
Per un anno si dedicò ai suoi genitori trovando una forza fisica inaspettata, dovuta forse alla disperazione.
Si rilassava solo quando veniva Marisa da Firenze: allora poteva condividere il dolore con lei.

Purtroppo Marisa che avrebbe voluto stare sempre vicina ai suoi genitori, doveva tornare a casa perché anche là la situazione era tragica: i suoi suoceri erano gravemente ammalati, avevano bisogno di lei e poi c’erano Tullio e i ragazzi ad aspettarla.
Morì per prima mamma Franca, lo fece con dignità e nel suo letto. Questo fu motivo di consolazione per Caterina che odiava gli ospedali.
Non c’era tempo per piangere la morte della mamma perché bisognava occuparsi del papà.
Giuseppe la convinse a portarlo a casa loro: rimasto solo e malato, completamente confuso ma senza lamenti, solo lacrime perché non vedeva più la sua Franca.
Passò sei mesi in compagnia di Caterina, Marisa e Nino. Giuseppe lo curava con efficienza come se fosse stato in ospedale ma con più amore.
Una sera di gennaio, dopo una nevicata che aveva bloccato tutta Genova, chiuse gli occhi per sempre.
Al funerale, nella Chiesa di San Benedetto, tra i canti dei ragazzi della Comunità e le parole di Don Federico, Caterina finalmente pianse, ma era serena perché sentiva che, da qualche parte, i suoi genitori erano di nuovo insieme.
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I progressi musicali di Wendy erano notevoli, lei stessa era stupita di questo e Jean Jacques molto soddisfatto.
Lui decise che era il momento di farla esibire in pubblico e Wendy, curiosa e in cerca di emozioni come sempre, acconsentì felice.
La prima volta fu in un piccolo cabaret, frequentato soprattutto da stranieri, a Montmartre.
Si esibì insieme ad altri artisti, ballerine, ma nei venti minuti che aveva a disposizione, catturò il pubblico, Jaap la guardava incoraggiante.
Lei avrebbe voluto ci fosse anche la sua famiglia.
Ci fu un grande applauso alla fine del suo piccolo concerto e così cominciò la sua carriera artistica.
Con l’aiuto di Jean Jacques, naturalmente, trovò parecchie scritture e così potè lasciare il lavoro di cameriera.
Guadagnava abbastanza bene e poi non aveva bisogno di molti soldi:le bastava fare le cose che amava e queste non erano costose.
Purtroppo, quando tutto sembrava tranquillo e la sua nuova vita avviata, si ritrovò a dover fare un’altra scelta.
Jaap ormai si era ritirato dalla professione di corridore e aveva ricevuto un interessante contratto da una tv olandese come inviato speciale di ciclismo.
Questa era un’ottima occasione per lui, avrebbe potuto rimanere nell’ambiente che amava e girare il mondo.
Il problema era che doveva lasciare Parigi e tornare ad Amsterdam.
Propose a Wendy di andare con lui, si sarebbero sposati e avrebbero vissuto felici.
Probabilmente Jaap aveva ragione e Wendy era innamorata di lui ma forse non abbastanza per lasciare Parigi e la sua nuova vita.
Ne parlarono a lungo, ognuno di loro capiva la situazione dell’altro e decisero di andare ciascuno per la propria strada,
Si sarebbero scritti, almeno la loro amicizia doveva continuare, era stato troppo bello il periodo che avevano trascorso insieme.
Decisero di salutarstinuai al Centro Pompidou, il famoso Beaubourg di Renzo Piano che avevano visto nascere ed era stato inaugurato da poco: un bellissimo centro culturale.
Scelsero di farlo davanti a un quadro, come quando si erano incontrati per la prima volta.
Si abbracciarono e si dissero addio davanti al “Grand Bleu” di Mirò.
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Continua…..