Erano circa le 4 di pomeriggio di qualche anno fa. Uno di quei pomeriggi estivi che riservano sempre sorprese. C’era il sole, alto e giallissimo, il mare, blu ma limpido, la stessa spiaggia di sempre, gli stessi amici di sempre e quella sensazione di sempre che lì niente di male ti può accadere.
Ed è in quel normalissimo e speciale pomeriggio, mentre stavo prendendo le mie cose per accompagnare la mia migliore amica alla stazione, che è arrivato lui. Il momento giusto, perché avevamo un po’ di cose da chiarire, qualcosa in sospeso forse, e dovevamo avere un po’ di tempo per noi.
Per cosa? Difficile adesso averlo chiaro in mente. Anche perché alla fine non abbiamo affrontato nessun “discorso”, eppure sentivo che avevamo chiarito. Ricordo ancora nitide alcune sensazioni di quelle poche ore insieme, in cui avevamo anche trovato un pomodoro in mare che la corrente voleva portare a riva e noi rilanciavamo lontano per donar lui ancora un po’ di quella libertà che noi tanto amavamo.
Nessuna questione, nessuna recriminazione, solo un accenno al mio modo di essere, stroncata da entrambi con un “ma questa è storia vecchia ed aria fritta” e poi via, presente e passato che si intrecciano, e fantasticamente nessuna allusione al futuro.
“Sei sempre splendida”. “Da abbronzata vuoi dire”. “Io ti ho conosciuto abbronzata e per me sei così”.
“Sono contento che mi piaci ancora come prima”. “Perché sei contento?”. “Perché vuol dire che non è cambiato niente”. Niente.
Niente?
Mi hai odiato, criticato, infamato, giudicato, schifato e rinnegato…”Sono un po’ cinico…”. No, sei prevenuto. Ma in fondo, chi non lo è? Ma chi se ne importa, oggi è come rivivere due anni fa, ma con più consapevolezza. Oggi non importa niente, neanche dove stiamo andando. Già..”Mi accompagni a prendere la torta per mamma? C’è una vista bellissima da là” (ops, mi sa che tingo tutto di magnifico quando si tratta dei Miei luoghi..non è poi così bella, ma me ne accorgo dopo aver parlato…). Foto. “E ora andiamo”. “Ma dove andiamo?!”.
Andiamo, X…, andiamo al mare. Perché è troppo che sto lontana da quella spiaggia e già ne sento forte il richiamo. E poi, lo hai detto anche tu, io al mare ho qualcuno che mi aspetta, e devo e voglio andare (ma anche restare, che è davvero un bel pomeriggio da trascorrere con te), perché devo sorridergli di un sorriso che parla e gli dice “sono tornata da te, come sempre”, perché lui sapeva che potevo e dovevo star con te questa giornata, ma non posso rimanere ora, devo tornare da lui.
Silenzio. “La mia futura ragazza avrà qualcosa di te”. “Cosa?”. “Quella bellezza che non sai di avere. Che ne so, la pelle, il taglio degli occhi..”. Provo ad immaginarmela e ne sono orgogliosa. Spero sia davvero così, che non succeda solo nei film.
La macchina già corre per quelle curve in cui adoro guidare.
E torniamo allora, parcheggiamo e facciamo la solita (s)comodissima scalinata per il mare. E poi bravo, tu sì che sai cos’è il Carpe Diem, fermami un attimo e parliamo del futuro, ma non se ci sentiremo, vedremo, ecc, ma dimmi quella frase da tanaliberatutti..”Io non ti dimenticherò mai, per quello che mi sono immaginato di te”.
Non per quello che sono, peccato, ma si vive anche di immaginazione. Soprattutto quando si sogna. Allora mi sta bene, ricordami come una specie di sogno, perché vuol dire che “in fondo non sono mica tanto uno schifo di donna..”. “Non lo sei mai stata”. Tana.
Ciao, X…, porta con te il pomodoro a cui hai cercato di dare una chance, un viaggio, un’avventura, ed anche il ricordo di quell’abbraccio sulla spiaggia. “Vieni qui”. Ok, vengo.
Dovevamo abbracciarci, per stritolare tutte le cattiverie pensate e ingoiate. Non un abbraccio daunminutoe, ma un lungo abbraccio, un’intensa linea retta, se proprio dobbiamo usare una metafora.
Ora mi sento libera da sensi di colpa, mi sento libera dall’essermi sentita sporca. Sono stata perdonata. O capita. Vorrei dire che è la stessa cosa, ma un vecchio saggio ha detto che bisogna chiamare le cose col proprio nome, visto che le parole ci sono. Io non lo so. So che mi sento felice, e piena, e più ricca.