Arrivarono nella notte tra il 20 e il 21 luglio, tra le dodici e le dodici e mezzo. Non dovevano essere in molti, cinque, forse sei. Sentii solo le voci e il fracasso. Probabilmente non si erano neanche accorti che nel bungalow la luce era accesa. La camera da letto si affacciava sul retro e le tende erano chiuse. La prima notte afosa dopo molto tempo e l’inizio della nostra ultima settimana di vacanze. Mi alzai , andai alla finestra e scostai la tenda per vedere chi c’era. Con i miei occhi potei constatare che non mi ero sbagliata. Erano proprio sei uomini, probabilmente degli zingari, tutti vestiti di nero con i lunghi capelli ricci che correvano nel cortile sul retro verso il nostro bungalow. Quindi si erano accorti di noi.  Ero molto spaventata. Ma chi erano questi personaggi? Forse, qualcuno in paese gli aveva parlato di noi come nuovi villeggianti. Non feci in tempo a pormi tutte queste domande che questi fecero irruzione nella nostra stanza. In un batter d’occhio legarono a una sedia mio marito e lo imbavagliarono. Poi sotto il suo sguardo stravolto mi violentarono uno dopo l’altro.

Io piangevo e chiedevo aiuto invano. Uno di loro mi tappò la bocca e mi trascinò fuori di peso. Poi tutti insieme mi caricarono su una vecchia Mercedes grigio metallizzato e partirono sgommando all’impazzata. Il viaggio fu lungo, ogni tanto scoppiavo a piangere, ma loro mi mettevano a tacere prendendomi a schiaffi e mi dicevano:”Stai tranquilla, bambolina, se tuo marito sborsa i soldi, lo rivedrai”. Ad un tratto riconobbi la zona di Cesano a Roma. Difatti parcheggiarono in un campo dove c’erano parecchie roulotte e tante baracche. Erano proprio degli zingari. In terra c’era fango e tanta spazzatura: bottiglie vuote di birra, vecchie bombole del gas, cartacce e da una parte all’altra correvano tanti ratti grandi come conigli. Ero disperata ma a  loro non interessava proprio nulla, erano pronti a tutto pur di avere dei soldi. Mi  spinsero in una baracca e mi dissero:”Bella signora,  adesso tu farai la vita delle nostre donne. Noi viviamo di elemosina, furto e prostituzione. Domani ti accompagniamo al supermercato che si trova sulla superstrada e lì dovrai solo stendere la mano”. Io cercai di replicare ma appena parlavo mi prendevano a botte. Così il giorno dopo vestita da zingara mi ritrovai all’ingresso di un grande centro commerciale a chiedere l’elemosina. Volevo morire dalla vergogna , sentivo di avere la mia dignità sotto i piedi. Ero accaldata e tutta bagnata di sudore ma feci come mi avevano detto. A ogni passante tendevo il berrettino di lana che mi avevano dato per raccogliere i soldi. Alla sera mi vennero a prendere e si presero tutto l’incasso. Mi dissero:”Sei stata brava. Domani andremo vicino allo scalo ferroviario e lì ti dovrai scopare solo un po’ di uomini e farti pagare bene. Hai capito, bella?” Io urlai:”nooooo  oooo! Questo no”. Aprii gli occhi e vidi che mio marito mi era ancora accanto e dormiva di sasso ed eravamo ancora nel nostro bungalow. Io ero stravolta e tutta sudata però contenta che si era trattato solo di un incubo. Decisi di parlare con mio marito per mettere fine alle nostre vacanze in quel posto. E  non vidi l’ora di ritornare alla mia solita routine che, ancora oggi, mi fa fare sogni migliori.