Era davvero brava a portare tutti nella sua scia.
La trovavano adorabile e lei sapeva esserlo.
Non era tecnica ma puro talento.
Carismatica, anche quando rimaneva intrappolata nelle vistose contraddizioni da lei stessa elaborate, perché questo le dava una connotazione ancora più evidente di fragilità femminile, bisognosa di protezione e di attenzioni.
Sapeva magistralmente usare le sue insicurezze e nascondere i suoi tanti deficit.
Alcune donne hanno la capacità di rendere lussuosa una stanza usando come tendaggio un vecchio copriletto damascato e, con l’inganno di sapienti pieghe, riuscire a nascondere il deterioramento operato dal tempo.
Non si vedono le usure, ed il colore anche se appannato dagli anni (e forse proprio in virtù di questo) ha il fascino polveroso del retrò e non di un vecchiume scovato in una cassapanca.
Alcune donne hanno queste ed altre capacità.
Lei ne aveva più di tutte.
Autodidatta della vita, dotata di un innato buongusto e di una fulgida fantasia, affabulatrice dallo sguardo profondo e dalle movenze eleganti, sapeva destreggiarsi non solo con i tendaggi ma, soprattutto, con le parole e con la voce in particolare.
Trovare i toni giusti per incantare faceva parte del suo talento.

“Ed ora che sono nella tua scia mi è davvero impossibile lasciarti. Sono un insetto attratto solo dalla tua luce, irrimediabilmente intrappolato dalle sapienti pieghe del tuo tendaggio. Agogno esistere come semplice cordone di quella tenda o più umilmente come oggetto che tu possa stringere tra le tue mani. Trattienimi tra quelle tue dita perché fuori dalla luminescenza della tua aura c’è solo il buio”.

Talento vero: brava con le scenografie, insuperabile con le sceneggiature.
Addomesticava i suoi insetti ingabbiandoli sotto il bordo dorato di calici di cristallo, convincendoli che l’universo era tutto nella trasparenza del vetro e nel delizioso inciampo della fossetta nel suo mento.
Nella maestria delle parole la trappola definitiva e mortale.
Gli insetti l’ascoltavano incantati e mai avrebbero voluto involarsi dalla loro bara di cristallo mentre lei filava le parole come un baco fila la seta: infiniti chilometri di lucida ragnatela.

“Ed ora che sono nelle tue mani mi è davvero impossibile lasciarti. Inventa parole solo per me mentre mi leghi con quella tua bava di seta che diventa corda, ruvida e tagliente, e mi segna il corpo e m’impedisce di muovermi…anche se io non desidero essere in altro luogo che qui, ingabbiato sotto il tuo calice di cristallo. Raccontami storie inverosimili a cui ciecamente crederò mentre il tuo filo di bava mi avvolge sempre più strettamente dentro quel bozzolo in cui io, a stento, riesco a respirare. Toglimi pure l’aria ma non la carezza umida della tua lingua di salamandra. Tienimi per sempre nella tua bocca come quella parola che mai pronuncerai”.