Luce, L come la luce del mattino, quella che irradia dalle tapparelle quando arriva l’alba, e fa tanti piccoli disegni sul muro, che ricordano proprio un sorriso. No, non hanno la forma del sorriso, con i due lembi all’insù per intenderci, ma quella luce, quel colore ancora un po’ timido, ricorda proprio il sorriso dolce di Lorenzo ed i suoi occhi sempre limpidi e curiosi.
Poi viene la O, come l’oro, l’oro del tramonto. L’oro che contorna i pensieri di un bambino. I grandi non pensano a contorni d’oro. Invece Lorenzo è speciale. Speciale perché pensa a contorni d’oro con i quali un giorno creerà un futuro migliore. Nel suo quadro inserisce innumerevoli particolari che per tutti renderanno la vita più semplice, più pulita, più sostenibile. E’ appassionato di storia, mitologia, ma soprattutto ama la scienza come conoscenza e scoperta positiva, adoperata per tutti. Racconta che un giorno inventerà un macchinario per trasformare i rifiuti in maniera rivoluzionaria. Arricchisce le lezioni con aneddoti storici o particolari interessanti; regala sempre pillole di emozioni prorompenti.

Un giorno nel mondo magico successe una cosa davvero insolita. E triste.
Non so se a voi è capitato. Il fatto è che quando qualcosa c’è, c’è sempre perché è nel tuo cuore, ti capita di vederla anche quando non è davvero presente e tangibile! Rimane sempre lì, tanto che tu potresti giurare di vederla. A voi è mai capitato?

Fu così che la maestra Grinilde, nel creare un pacco dedicato a tutta la sua classe di piccoli apprendisti stregoni, era stata molto meticolosa per non dimenticare nessuno dei particolari per vedere stampato il più bello dei sorrisi sui visini dei suoi bambini, aveva scelto con attenzione i colori e il nastro per chiudere il tutto.

Come al solito, mentre svolgeva le sue attività, aveva il mocciolo di drago sul fuoco e l’arrosto di puzzette nel forno. Suonarono alla porta, le cadde dell’acqua mentre passava per girare gli intrugli sul fuoco, rischiò di fare un bello scivolone. Nel frattempo scriveva i nomi dei bambini su un bigliettino da attaccare al pacco. Uno dopo l’altro. A memoria. Una memoria però un pochino arruffata e imperfetta.

E così quel giorno la maestra Grinilde non scrisse il nome LORENZO tra quello dei suoi compagni. R, come le risate, la bella risata dei suoi bimbi. Ma quella di Lorenzo quel giorno si spense.

Il pacco conteneva un racconto scritto insieme ai suoi alunni. Era il frutto di tante ore passate ad inventare personaggi, luoghi e fatti magici. Da un disegno aveva preso vita, giorno dopo giorno, una storia. Tutti i bambini avevano giocato a creare piccoli pezzetti di frasi o semplici parole, aggettivi, nomi.
E come… Estro, quanto ne avevano tutti i suoi bambini!
Grinilde aveva preso il tutto e lo aveva cucito con un filo d’oro. Loro lo avevano illustrato, dando un corpo, donando meravigliosi colori e simpatici occhietti alle creature di quella storia. Tutti avevano partecipato e per ognuno di loro era stato bello poter condividere l’esperienza anche con altri loro coetanei creando nuovi disegni, nuovi sogni.
Ognuno di loro per avere piantare nuovi alberi aveva regalato otto caramelle gommose. Piantandole esse sarebbero cresciute dando vita ad una piccola foresta.
N… n come Natura! I suoi bambini sapevano stupirla sempre con la loro attenzione per l’ambiente, e in questo Lorenzo apportava sempre il suo contributo speciale, scientifico!
La maestra Grinilde mise il nastro e rilesse l’ultima volta la lista dei nomi. Su quel biglietto c’erano i nomi di tutti. Lei rilesse più volte, ma non vide l’errore. Quella mancanza. Una grandissima mancanza.
Z, zeta come… Zucchero. Che riesce ad addolcire quello che sembra troppo amaro.
Lorenzo, un nome così bello, un bambino indimenticabile, ma come è possibile? Eppure successe!

La maestra posizionò il pacco sul balcone e attese il gufetto viaggiatore per la spedizione. Si raccomandò di lasciarlo bene in evidenza con il biglietto rivolto verso la porta.

Il gufetto fu molto preciso nella consegna e non volò via finché i bambini non iniziarono ad entrare nella stanza. Non prima che felici si radunavano intorno a quell’oggetto scrutandolo con aria curiosa.
Lorenzo fu trai primi a cercare di vedere dentro con gli occhi della curiosità. Uno dei suoi compagni iniziò a leggere i nomi e quando terminoò qualcuno disse: “Lorenzo, Lorenzo non c’è! Perché non c’è?”.
Lorenzo avanzò e rilesse il biglietto più di una volta cercando fra quei nomi impilati anche il suo. Man mano che leggeva le parole si appannavano appesantendo il suo cuoricino.

O come Occhi, gli occhi ridenti di Lorenzo, che quel giorno diventarono di colpo tristi.

La classe era ammutolita e uno dopo l’altro si avvicinavano per rileggere quella lista.
“E’ vero non c’è!”, disse una voce spezzata dal pianto. Io non ci sono, si è dimenticata di me!”
Tutti si avvicinarono per abbracciarlo e con tante parole gentili cercarono di consolarlo. Lorenzo però era davvero inconsolabile. E aveva tutte le ragioni di esserlo. La giornata passò così perché quel giorno non videro la maestra.

Il gufetto per fortuna però aveva assistito alla scena e senza perdere alcun minuto era volato dalla maestra raccontandole tutto. Lei nell’ascoltare si sentì avvampare per la vergogna di aver commesso una mancanza simile. Una vera mancanza. Un imperdonabile errore. Si mise le mani tra i capelli e passò diverso tempo a cercare un modo per rimediare, per riparare quello strappo. Purtroppo una cosa simile non si può accettare, ma si può provare a chiedere scusa in tutte le maniere possibili.

Arrivata in classe la maestra accolse bambini nel circolo del buongiorno. Sorrise a tutti e iniziò la giornata parlando direttamente a Lorenzo.
“Oggi Lorenzo sono qui per scusarmi. Mi dispiace davvero moltissimo per aver dimenticato il tuo nome sul biglietto. Il racconto è un dono per tutti i bimbi che hanno contribuito a crearlo e è un dono anche per te. Non esistono parole adatte per chiedere scusa, ma non ho altro per ora. Solo tutto il mio cuore. Mi dispiace. Se non puoi accettare le mie scuse lo capirò”.

Lorenzo ascoltò ogni singola sillaba ed i suoi occhi si raddolcirono e seppur velati ancora di tristezza accennarono un sorriso. Non disse nulla, ma fece un cenno con la testa.
Dopo poche ore la maestra chiamò Lorenzo per donargli 2 pacchetti a lui dedicati. In uno c’erano dei sorrisoli e nell’altro una pioggia di stelline salterelline.
Lorenzo aveva ancora lo sguardo basso. La maestra si mise seduta sulla sedie e cercò lo sguardò del bambino. Allungò la mano restituendo le otto caramelle gommose. Lorenzo le prese e le tenne strette strette tra le mani rigirandole.

“Lorenzo mi dispiace. Questi sono solo oggetti e non possono in alcuna maniera riempire quello strappo, ma sono un modo per cercare di chiedere scusa. Sono davvero dispiaciuta per averti reso così triste per la mancanza che ho avuto”.

Lorenzo non rispose e se ne andò. Girò l’angolo e riaprì la porta della classe. Il vociare riempì il corridoio e il rumore arrivò fino alle orecchie della maestra che, sola, nella stanza accanto, restava immobile su quella sedia.
Ad un tratto il rumore smise e lei sentì la una voce dire: “Io accetto le tue scuse, ma le caramelle gommose desidero comunque piantarle. Io sono felice se la Terra può stare meglio.” Poi sorrise completamente illuminando di nuovo i suoi occhi. Il suo tono cambiò e disse: “Lo vuoi un sorrisolo?”.
La maestra accettò. Mangiarono insieme il sorrisolo e tornarono in classe.

Né io, né Lorenzo potremo scordare questo fatto. Io lo ricorderò sempre. Ricorderò di aver commesso quell’errore, e che tutte le parole del mondo o i fatti non potranno cancellarlo. Lorenzo ricorderà di quello sbaglio, ma spero con tutto il cuore che non pensi che lui non sia nel mio cuore. Lo è come lo sono tutti i bimbi che ho conosciuto negli anni in cui sono stata una maestra. Lo sarà anche quando vecchia, bianca e più smemorina del solito leggerò su un giornale il nome di uno scienziato che ha inventato un modo per riciclare in maniera rivoluzionaria i rifiuti.
Se quello scienziato vorrà condividerò volentieri un sorrisolo perché chiedere scusa è un gesto gentile, ma accettare davvero delle scuse, anche dopo un brutto torto è da supereroi.

Quando qualcosa c’è, e c’è sempre perché è nel tuo cuore, ti capita di vederla, proprio la vedi, anche quando non è davvero presente e tangibile.