«Stavolta ci siamo!» disse Leandro entrando nella stanza.
Anita stava leggendo un libro e alzò appena gli occhi.
«Di nuovo?» chiese.
«No, questa volta sono sicuro. Guarda!» disse, mostrando una cartina.
La donna posò il libro e si tirò su dalla poltrona.
«Leandro, sono le due di notte! Tu non dormi mai?»
«Mai, quando ho da fare. Ma guarda qui e vedrai che il sonno passerà anche a te.»
«Cosa dovrei vedere?»
Leandro spiegò la mappa sul tavolo.
«Qui c’è il mercato del pesce. Vedi questo magazzino?» disse, indicando un fabbricato quadrato, «ogni volta che uno degli uomini di Miguel fa il suo giro finisce per entrare lì dentro e ne esce con dei piccoli pacchi, più o meno tutti uguali.»
«E questo come hai fatto a scoprirlo?»
«Carlos lavora al mercato, e non capiva come mai questa gente passasse senza comprare niente o quasi, così si è insospettito e ha messo suo nipote Abe a giocare con degli amici lungo la strada…»
«Abe?» chiese Anita.
«Abelardo. Ha dieci anni».
«E tu permetti che un bambino di quell’età…»
«Anita, a Buenos Aires un bambino di dieci anni, come dici tu, sa cavarsela meglio di un europeo di venti, specialmente per la strada!»
Anita alzò le spalle e sbadigliò.
«Allora cosa intendi fare? Denunciarli alla policia?»
L’espressione di Leandro era tutto un programma.
«Io denunciare alla policia? ¿Estas loca?»
«Non sia mai che il grande Leandro Soria si comporta come tutte le persone normali!»
«No, stammi a sentire: domani manderò Alberto a studiare la situazione. Lui troverà di sicuro un modo per entrare e scoprire cosa nascondono lì dentro.»
Anita sbadigliò di nuovo.
«Bene, mi fa piacere saperlo. Vado a letto.»
Non era un invito. Leandro la guardò andare verso la sua stanza senza voltarsi e rimase con la mappa spiegazzata tra le mani.
«È inutile che insisti, Leandro» disse Alberto, sull’orlo della disperazione, «il magazzino è sorvegliato da una coppia di guardiani che si alternano regolarmente, restando all’interno. Gli uomini entrano, restano pochi minuti ed escono, ma un guardiano rimane sempre all’interno. Non c’è assolutamente modo di entrare. Lì non passa l’impianto fognario e il terreno tutto intorno è sgombro, non è possibile avvicinarsi senza essere visti.»
«E come fanno a cacare?» chiese Diego.
«Usano dei secchi. Una volta al giorno uno degli uomini che fa la consegna va a svuotarlo nel rigagnolo di fronte.»
Anita storse il naso.
«Era questo che intendevi quando dicevi che voi argentini siete un popolo civile?» disse, rivolta a Leandro.
«Si vede che quelli sono brasiliani» rispose lui, senza scomporsi.
«Eppure ci deve essere un modo» ribatté Diego, «niente è perfettamente sicuro, si tratta di individuare il punto debole.»
Alberto scosse la testa. «Ti dico che non ce ne sono. Due uomini sono costantemente di guardia, ed escono solo quando ne entrano altri due. Se facessimo irruzione Miguel sarebbe subito informato, sicuramente avranno un sistema per mantenersi in contatto, se quel magazzino è così importante.»
Ormai stava scendendo la sera, e nonostante tutti stessero studiando da ore ogni possibile soluzione non avevano ancora individuato il benché minimo spiraglio.
«Si è fatto buio, accendo la luce» disse Guillermo alzandosi e andando ad aprire la valvola della lampada a gas al centro della stanza. Quando avvicinò il fiammifero la lampada si accese con un lieve scoppiettio, diffondendo una luce calda nell’ambiente.
«Bella invenzione l’illuminazione a gas» disse Luis.
«Già, molto comoda» rispose Guillermo tornando a sedersi. Poi, notando che Leandro lo fissava chiese: «Cosa succede, Leandro, perché mi guardi così?»
«Perché hai acceso la lampada a gas.»
«E allora?»
«Allora mi hai dato la soluzione al nostro problema!» disse l’argentino, alzandosi in piedi e scoppiando in una grossa risata.