«Leandro, sveglia!»
Con fatica Leandro Soria si tirò su dal tavolo su cui aveva appoggiato la fronte addormentandosi. Guillermo e Alberto lo stavano scuotendo, preoccupati.
«Amico mio, sembra che non reggi più l’alcol» disse Alberto, accennando alla bottiglia vuota per due terzi.
Leandro si stropicciò gli occhi e si raddrizzò. La testa gli scoppiava. Che sogno aveva fatto?
«Che ore sono?» chiese, poi vide che le lampade a gas illuminavano il locale. Doveva essere, doveva…
«Sono le sei di mattina, hai dormito tutta la notte qui.»
Leandro si guardò intorno. Il locale era vuoto.
«Tutta la notte? E mi avete lasciato così?»
Alberto fece un passo indietro.
«Io non c’entro. Tornavo da lavorare e ho visto la luce nel bar, così ho pensato che potevo farmi un goccio.»
«E tu?»
«Ah, io ieri ho chiuso che stavi bevendo tutto solo a quel tavolo. È una settimana che vai avanti così e pensavo che quando fossi stato stufo avresti levato le tende. Poi sono andato a letto e mi sono dimenticato.»
Un pensiero attraversò la mente di Leandro. Si voltò verso Alberto. «Lavorare? Ma non eravamo d’accordo che finché l’operazione non era finita saresti stato buono?»
L’uomo alzò i palmi, come a dimostrare che non aveva fatto niente.
«È una settimana che siamo fermi, pensavo che fosse tutto finito.»
«Che giorno è oggi?»
«Non sai neanche che giorno è? Ma da quanto beve?» chiese Alberto, guardando l’oste.
Guillermo alzò le spalle e allargò le braccia.
«Siamo ben presi. Mercoledì. Oggi è mercoledì.»
Un fulmine scosse la spina dorsale di Leandro, che saltò su come invasato.
«¡Mierda! Mercoledì? Ma oggi è il giorno in cui…» Non finì la frase e corse fuori dal locale senza neanche prendere il cappotto.
«Leandro, aspetta!» urlò Alberto, cercando senza successo di fermarlo.
Ormai era troppo tardi, Leandro, in camicia e barcollante, i pantaloni sbottonati, si era lanciato fuori nell’aria gelata.
«Cosa fai? Seguilo!» disse l’oste a Alberto.
«Chiudi e vieni anche tu!» rispose il ladro, raccogliendo il cappotto e lanciandosi all’inseguimento.
Leandro fu raggiunto dai suoi due amici un paio di isolati dopo. Alberto gli buttò sulle spalle l’indumento e Guillermo lo cinse con le braccia, impedendogli di scappare. Quando si fu calmato lo portarono quasi di peso verso il locale, dove lo misero a forza dentro la doccia senza neanche togliergli i vestiti, cappotto a parte.
L’argentino annaspò e bevette, poi l’acqua fredda riuscì a farlo ritornare in sé. I suoi compagni lo tirarono fuori e lo strofinarono vigorosamente con degli asciugamani, poi Guillermo gli diede degli abiti che teneva di riserva.
«Tieni, me li restituirai quando i tuoi saranno asciugati.»
Leandro lo guardò di traverso. «Non c’era bisogno di annegarmi!» protestò.
«A giudicare da quanto eri sbronzo avresti potuto bere tutto il Rio della Plata» disse Alberto. «Perché ti sei agitato tanto quando hai saputo che è mercoledì?»
«Oggi è il giorno in cui Garcia Fernandez si reca a Los Diables.»
«Vuoi dire che proprio oggi…?»
Leandro assentì.
«Non lo so con sicurezza, ma temo di sì. Dieci uomini non si possono nascondere a lungo senza una buona organizzazione.»
«Cosa pensi che succederà?»
«Non lo so, in questa storia non c’è niente che mi convinca, a partire dall’identità di Garcia Fernandez.»
Alberto si sedette vicino a lui.
«Vuoi dire che non pensi sia Francisco Franco?»
Leandro scosse la testa.
«Ti ripeto che non lo so. Ho visto quei dagherrotipi: uno ritrae sicuramente Franco e l’altro Garcia Fernandez, ma l’unica prova del collegamento sono le parole di Miguel. Inoltre sostiene di volerlo rapire, ma ha fatto arrivare una squadra di fuoco, non ti sembra strano?»
«E quella donna, Anita, che ruolo ha?»
«Lei è stata quella che mi ha convinto a venire, ma poi lui ha cambiato le carte in tavola. La cosa strana è che Miguel resta sempre in secondo piano, ma poi le cose le decide lui.»
«E allora, cosa intendi fare?»
«A questo punto è troppo tardi per andare a vedere cosa stanno preparando. Ci andremo oggi pomeriggio. Alberto, quale pensi che sia il punto migliore per un agguato?»
«Da Los Diablos alla Residencia…» l’ometto restò un attimo pensieroso «direi che se dovessi organizzare un assalto lo farei appena entrato in città: la strada è troppo scoperta e una volta che il convoglio è entrato nell’abitato gli assalitori correrebbero il rischio di essere intercettati dalla policia.»
«Riusciamo ad arrivare fin lì passando per le fogne?»
«Certo. Non sono forse el raton?»